Chiama a Sé e fa i Dodici: emergenza grande, per piccolo Nome
(Mc 3,13-19)
In Cristo, medico dell'umanità sofferente, le cose dell’anima sembrano diverse, e così le relazioni.
Tutto questo porta il suo gruppo a una differente visione di sé, della storia, del mondo, delle moltitudini (vv.7-9) e dei problemi.
Abbiamo già notato che nella Comunità di Gesù è bandito ogni ammiccamento al ripiegamento devoto, malgrado le fatiche, gli sbigottimenti e le inquietudini.
Così resta primario il tema sia della Persona ben configurata che della Comunità: non si prescinde dalla sensibilità o dai bisogni particolari, né dall’elemento ecclesiale - convivialità delle differenze.
Qui Gesù si colloca al centro degli ideali del cammino nello Spirito.
Egli è fulcro, motivo e motore di un’umanità che ovunque chiede risposte non dottrinali o moralistiche, né ridotte o astratte, all’anelito di vita completa che sente pulsare dentro.
Tutto ciò nell’anima di ogni persona come nel genio di qualsiasi civiltà.
L’asse è stare con Lui (v.14) ossia formare Chiesa in Lui.
È fondamentale prima maturare, ovunque viviamo. [Ci sono motivi poco nobili per voler giungere ovunque, correre dappertutto per fare proseliti, e farlo subito].
Chi coltiva molte brame, le proietta; procura i suoi stessi influssi torbidi. Lo vediamo anche in clamorose vicende contemporanee, manipolatorie di grandi realtà - prima insospettabili.
Per questo è necessaria la riflessone; quella critica, che scava davvero.
Essa trasmette il senso del nostro scendere in campo, e una retta disposizione.
Lo stare con Gesù annienta le infedeltà che non proponendo semplicità di vita e valori dello spirito, allontanano, edificando altri templi e santuari.
La carica di universalità contenuta nel radicamento ai valori trasmesso dal dialogo con Lui, c’interroga; nelle relazioni così come nella conoscenza di sé.
Comprendiamo che… stimoli, flessioni, princìpi virtuosi, lacune, lati nascosti, traguardi e momenti no sono aspetti energetici complementari.
Dice il Tao Tê Ching (LXIII): «Considera grande il piccolo, e molto il poco».
Commenta il maestro Ho-shang Kung: «Se vuoi il grande, volgiti al piccolo. Se vuoi il molto, volgiti al poco. È la via della spontaneità».
Sembra un paradosso, ma l’apertura ai bisogni delle moltitudini è un problema squisitamente non esteriore.
È da se stessi e a partire dalla comunità già variegata che si guarda il mondo, sapendone recuperare i lati opposti.
È la Via dell’Interno che compenetra la via dell’esterno.
È la strada intima a poter combattere il potere del male che soffoca gli aneliti di vita e annienta le personalità.
Bisogna anzitutto guarire ciò ch’è essenziale e prossimo.
Certo, chi non accetta il rischio non può essere missionario; chi non è inserito fra i poveri, non conosce il loro mondo.
Ma chi non è fatto libero [v.14: «fece Dodici»] non può liberare (v.15). Chi non è formato non può educare; non può rifare la storia dall’inizio.
Unico modo poi di scrutare lontano e senza confini è attenersi alla ragione delle cose.
Principio che si conosce in Cristo Logos, e solo se non fuorviati dalla superficialità delle riduzioni.
Intesa in Dio la natura delle creature e conformandovisi in modo crescente, tutti vengono ispirati a trasmutare e completarsi, arricchendo anche la sclerosi culturale, senza forzature alienanti.
Esercitando una pratica di bontà anche con se stessi.
Il Tao Tê Ching (xvi) sottolinea:
«Restituire il mandato è eternità [...] Chi conosce l’eternità tutto abbraccia». Passo che invita a volgersi alla Scaturigine anche dopo il rigoglio.
E il maestro Ho-shang Kung commenta:
«Tutte le creature appassiscono e cadono, ma ciascuna, tornando alla radice, ancor più vive».
Solo dalla Fonte dell’essere poliedrico zampilla una vita da salvati; esuberante, a tutto tondo, senza nevrosi.
Allora chiediamoci: siamo segno di dedizione e persone protese?
Certamente, ma senza fare la setta, e solo dopo aver incontrato i nostri stati limite.
E in tal guisa immergendosi in una buona consuetudine col Signore, che ci trasmette anche sapiente tolleranza - a partire dal mondo di dentro.
Non per distinguere il momento della Vocazione da quello dell’Invio ministeriale. Ma per il motivo che la via del Cielo è intrecciata alla strada della Persona - o saremo operatori da strapazzo.
Per capire questo e avvicinarsi al senso della loro unicità missionale, il Figlio stesso deve salire su «il Monte» (v.13), assimilandosi alla visione del Padre.
Nessuno degli apostoli era per sé degno della Chiamata.
Gran parte di loro ha nomi tipici del giudaismo, addirittura del tempo dei patriarchi - il che indica un’estrazione culturale e spirituale radicata più nella religione comune che nella Fede personale; non facile da gestire.
Eppure tutti fatti suoi intimi, per Nome - catena che ha unito il Cielo con il destino della loro missione sanante, senza più steccati.
Pietro smaniava per farsi avanti, pur retrocedendo spesso - marcia indietro - sino a diventare per Gesù un «satàn» [(Mt 16,23; Mc 8,33): nella cultura dell’oriente antico, un funzionario del gran sovrano, inviato a fare il controllore e delatore - praticamente un accusatore].
Giacomo di Zebedeo e Giovanni erano fratelli, accesi fondamentalisti, e in modo iroso volevano il Maestro solo per loro, nonché i primi posti.
Filippo [condizionato forse da un’estrazione ellenista, come indica il suo nome] a prima vista non sembrava un tipo molto pratico, né svelto a cogliere le cose di Dio.
Andrea pare invece se la cavasse bene: persona inclusiva.
Stando a note identificazioni tradizionali, Bartolomeo era forse aperto ma perplesso, perché il Messia non gli corrispondeva granché.
Tommaso sempre un poco dentro e un po’ fuori.
Matteo… un collaborazionista, avido complice del sistema oppressivo, e che volentieri estorceva denaro alla sua gente [il popolo lo condannava in modo spietato].
Simone - lo zelota, il cananeo - una testa calda.
Giuda Iscariota un tormentato, che si autodistrugge per essersi fidato di vecchie guide spirituali - impregnate d’ideologia nazionalista, interesse privato, opportunismo, potere.
Altri due (Giacomo il minore figlio di Alfeo, e Giuda Taddeo) forse semplici discepoli di non grande rilievo o capacità d’iniziativa.
Ma il Regno è «locale e universale» [Fratelli Tutti, nn.142-153], Vicino e per Nome - come si evince dal passo del Vangelo di Mc.
Questa la forza molteplice, graffiante, impareggiabile, prossima e appunto personale, la quale vince ogni possibilità di sabotaggio ideale (a motivo di circostanze avverse).
Potenza attinta dalla preghiera diretta al Padre in Cristo - nel suo Ascolto (v.13a) - nonché dalle opere d’amore (v.10).
Potenze in simbiosi parimenti singolare, sensibile, condivisa.
Non per soli eccellenti - o anche nel tempo dell’emergenza globale non vi sarà opera sanante, bensì solo esterna, accusatoria e finalizzata alla propaganda, al proselitismo.
Ecco: Annuncio e Missione di nuova Luce accolta in Dono; dove appunto non appare una sola forma o un solo colore.
E l’Asse è «stare» con Lui.
Per un contagio non allarmistico né unilaterale, monocromatico, bensì florido, poliedrico, talora “nascosto” - e inquieto.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Nella tua esperienza, quale catena ha unito il Cielo e la terra?
L’elenco (accusatorio) e lo sforzo delle trasgressioni da correggere in modo nevrotico?
O una Chiamata personale, inclusiva dei tuoi molti volti nell’anima - Vocazione sostenuta da una Chiesa fattasi eco e Fonte gratuita di comprensione a tutto tondo?