Brindisi con l’acqua e nervosismo
(Gv 2,1-11)
(Tutto il resto del panorama religioso sembrava frutto di nervosismo isterico, per intima dissociazione).
Nella Bibbia l’immagine più pregnante che esprime l'Amore di Dio per il suo popolo è quella coniugale.
Il Signore è lo Sposo che incessantemente va a riprendersi l’amata anche traditrice, perché non si lascia condizionare dalle infedeltà.
Al contrario, una delle caratteristiche delle credenze pagane era il timore della divinità, che si tentava esorcizzare attraverso pratiche ripetute di purificazione.
L’ossessione di tale rapporto faticoso e ansiogeno finiva per collocare la vicenda dei semplici e degli smarriti in una dimensione contratta. Un carcere senza via d’uscita.
Indaffarati nella cura dei propri interessi, coloro che avrebbero dovuto accorgersi della mancanza di tenerezza, slancio e vitalità (“vino”) facevano finta di nulla.
Il maestro di sala avrebbe avuto il compito di provvedere - non a se stesso, ma - all’accoglienza e alla soddisfazione della gente…
Scrutando gli individui non per amicizia ma solo per coglierne le trasgressioni, le guide religiose si accontentavano d’un certo contegno generale, ma si disinteressavano al Matrimonio - che non funzionava.
Volentieri organizzavano eventi, ma per presiedere vanitosamente il Banchetto, curando esclusivamente minuzie formali che deturpavano processi ulteriori, e il brio della vita.
L’Alleanza rimaneva priva di slancio, tirava avanti stancamente. Si trascinava nel popolo impaurito e devoto solo per abitudine; senza onda vitale.
Alla casta che aveva sequestrato Dio, l’allegria, la promozione e il gradimento delle persone non interessava in alcun modo; come se non fosse affar loro.
La festa era diventata trattenimento pesante, un rapporto di musi lunghi; una relazione monotona, scialba e inquieta. Da separati in casa, non animata da passione coinvolgente.
I responsabili dell’ospitalità e dei servigi offerti dall’antica sinagoga (o chiesa ancora giudaizzante) erano forse assorbiti dalla casistica delle disposizioni e di come si deponessero vasi sacri e tovaglie d’altare - non al popolo deluso.
La gioia nuziale e il respiro d’una mensa festosa erano stati sostituiti da un cumulo di adempimenti senza vicinanza; quindi privi di senso.
Ancora oggi Gesù chiama i suoi a libertà da ogni fardello che smorza, avvilisce e rende incomplete le persone (creature diminuite da alcuni manipolatori, da costumi e maestri di mediocrità).
Per gli esperti di sala il buono stava ancora nel mondo rassicurante e senza pulsioni che li aveva portati a galleggiare sugli altri, habitat ormai pallido e triste.
In più, come per il vino… è noto: quanto sa di antico attrae sempre, esercita fascino.
In ogni tempo, il retrodatato ha un suo innegabile gusto pastoso, che talora sembra placarci.
Ma il di più autentico è Cristo.
Egli non c’imbambola col solito “poco ma buono” - che inchioda la fiamma della vita spontanea ed esclude il vino novello o frizzantino.
Esito della religiosità spenta è un’esistenza ingessata e deludente, come una festa di nozze senza brindisi - segnata da energie affettive mortificate.
Ma la sovrabbondanza del Padre non si rivela in sottrazioni, dettagli esteriori e ambienti snervati da meticolosità che recano sconforto diffuso.
In Gv il Signore non “inizia” da un rito assorto, pensoso e neutrale.
Si esprime in una Festa, dove non devono mancare le carezze: questo il «prototipo dei segni» (Gv 2,11 testo greco).
L’episodio di Cana è il riassunto emblematico di tutti i prodigi in cui si manifesta l’azione del Redentore, anche grazie alle nostre scelte.
Come dire: l’opera della Fede è tenera, simpatica e totale; non esclusiva o gelosa. Così diventa capace persino di recuperi inspiegabili.
La religione antica tendeva a trasmettere un modello di vita striminzito e normale, individualistico e distratto.
Ma in quello nuziale e festoso del credente autentico, perfezione fa rima con mettersi a disposizione.
Solo chi ha la libertà di scendere e prestare attenzione agli invitati al banchetto si rende conto ed è in grado di far capire (anche ai navigati: Gv 2,9) come si ravviva un panorama scolorito e insipido.
Anche se fossero novellini, coloro che si fanno servitori e si rendono presenti, sanno da cosa deriva il gusto dell’amore.
Essi comprendono come si trasforma l’insoddisfazione pallida e il disinteresse unilaterale in meraviglia e desiderio di esserci.
Insomma, “credere in Gesù” non è un bagaglio che volta per volta si amministra, bensì una Relazione in crescendo - sempre fresca.
Mentre gli egemoni si mettono forse di traverso, nell’affettuosità delle persone il Signore celebra le Nozze con-noi e proclama la sua Lieta Notizia.
Non siamo sotto la cappa d’un Giudizio che condiziona e plagia, per renderci sterilizzati; privi di fragranza.
Anche ai responsabili di comunità - quando severi censori - raccomanda di fare finalmente attenzione: il Padre non si esprime in codici, ma nella felicità dei suoi figli, anche principianti.
Il meglio non è alle spalle e adatto solo a gente grigia, ripiegata, ovvero à la page e senza costrutto; superstiti, cooptati e reduci, o idealisti disincarnati. Deve ancora venire!
Sgretolata la canicola dei pregiudizi, siamo abilitati a guardare le situazioni antiche e nuove come Alimento, e tutte le persone quali opere uniche del Creatore, suoi capolavori.
La Fede porge un’attitudine a tale Pienezza, che lascia affrontare le vicende in armonia e con perfezione.
Quando invece subentra il gelo forense, selettivo, o un pensiero astratto, senza spina dorsale, ecco il panorama (desolante) d’inamovibili giare di fredda pietra - persino vuote d’acqua.
Non solo incapaci di purificare o dissetare, ma neppure utili a lavarsi lo sporco più epidermico, insieme alle sofisticazioni.
Solo invase da ragnatele.