Giu 26, 2024 Scritto da 

Disagio: luogo del Contatto

Il lebbroso e il Tocco creativo, che lo reintegra

(Mt 8,1-4)

 

Ci chiediamo: in che modo Gesù praticava la Legge? Il suo Tocco trasgressivo ne riassume vita ed esito, insegnamento e missione.

Gli emarginati arrivavano vicino a Cristo, che non allontanava nessuno - contravvenendo apertamente la norma della Torah (Lv 13) la quale imponeva di scacciare gl’immondi, e ad essi di lasciarsi escludere.

Per ogni rifiutato dal giro dei legalisti ipocriti c’è una sola via d’uscita, sempre: farsi curare da Dio stesso. E inventarsi il modo per aggirare la legge [anche devota] onde poter avere un rapporto personale - senza condizioni previe di purità.

Non ci si salva da soli: l’immacolatezza può essere solo donata. Ma spesso anche chi è chiamato ad aiutare si rifiuta di occuparsene - rinchiudendo proprio il bisognoso in un’assurda solitudine.

Per il Signore l’esclusivismo religioso è una squallida invenzione di potentati opportunisti e guide devianti, che distorcono il volto di Dio per soggiogare le coscienze.

Il Padre accoglie tutti come figli; Gesù come amici - e lo fa con violazione [anche Lui] di alcune disposizioni.

Così l’uomo di Fede abbraccia sorelle e fratelli, escludendo il vaglio cautelativo di condizioni a monte, giudizi moralisti o sacrali, e mentalità.

Ma in quella cultura era solo il certificato di sanità emesso dai sacerdoti (v.4) a significare: “ora puoi vivere riammesso in società”.

Nella composizione della pericope l’evangelista vuol dire: è l’incontro con Cristo che guarisce e diventa il gratuito lasciapassare anche per essere accettati in comunità - non le precauzioni, né la trafila di discipline dell’arcano [sempre dirette da coloro che si ritengono sani e non contagiati].

Non bisogna essere già perfetti e col certificato, per venire ammessi o reintegrati, e frequentare la chiesa come “non sgraditi”.

Il Salvatore mal sopporta le emarginazioni o le realtà esclusive, grazie alle quali mai recupereremmo l’innocenza originaria che pur promettono.

È invece il Gratis di Gesù che fa esistere senza condizioni, con normalità e pienezza.

Lui stesso obbliga le autorità a riconoscere il fatto che siamo puri, completi (per vivere la nostra vocazione) e sanati; abilitati in pieno a stare con gli altri e non esser mandati via.

Il Messaggio era proprio strano per le idee convenzionali, ma si diffondeva, suscitando entusiasmo proprio fra gli allontanati dal ‘centro’ [cf. parallelo Mc 1,45]: Dio non ha ripugnanze.

E laddove le disposizioni sul territorio risultassero contrarie al suo progetto umanizzante, bisognerebbe inventarsi qualcosa - pur di avere un rapporto personale, un incontro, un minimo di contatto a tu per tu.

Non di rado (purtroppo) senza faccia tosta nel trasgredire il precetto religioso, l’iniziativa d’amore che rinnova la faccia della terra non può scattare, e la morte torna a ghermirci, annientando ogni anelito di vita.

Sembra un paradosso, ma talora non ci si rimette in piedi altrimenti che aggirando gli ostacoli di alcune disposizioni, con estremo coraggio e a rischio di ulteriore emarginazione.

Lo vediamo nel Figlio che ci risolleva, contravventore delle procedure formali esclusive: un ‘divino eccentrico’ che ha il potere di vincere il male più lacerante: quello che corrode dentro ed esclude.

Anche oggi lo Spirito di risanamento irrompe nella nostra realtà, facendo breccia tra dure tavole di pietra esteriori, per poter dilagare - e occupare finalmente il centro del nostro cammino.

 

«Il Vangelo ci mostra Gesù a contatto con la forma di malattia considerata a quei tempi la più grave, tanto da rendere la persona “impura” e da escluderla dai rapporti sociali: parliamo della lebbra. Una speciale legislazione (cfr Lv 13-14) riservava ai sacerdoti il compito di dichiarare la persona lebbrosa, cioè impura; e ugualmente spettava al sacerdote constatarne la guarigione e riammettere il malato risanato alla vita normale.

Mentre Gesù andava predicando per i villaggi della Galilea, un lebbroso gli si fece incontro e gli disse: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Gesù non sfugge al contatto con quell’uomo, anzi, spinto da intima partecipazione alla sua condizione, stende la mano e lo tocca – superando il divieto legale – e gli dice: “Lo voglio, sii purificato!”. In quel gesto e in quelle parole di Cristo c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni. In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto “lebbroso” perché noi fossimo purificati.

Uno splendido commento esistenziale a questo Vangelo è la celebre esperienza di san Francesco d’Assisi, che egli riassume all’inizio del suo Testamento: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo” (FF, 110). In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora “nei peccati - come egli dice -, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio. Ecco la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!»

[Papa Benedetto, Angelus del 12 febbraio 2012]

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Nella tua vicenda spirituale, cosa vince? Il Tocco di Cristo o quello delle circostanze, dei manierismi, della catena di comando?

Di che genere è il tuo Tocco? Sanante o a pugno chiuso? Sai collocare le persone nel loro Centro, e in tal guisa farle sentire adeguate?

 

 

Il lebbroso e il Tocco

(Mc 1,40-45)

 

«Chi annuncia fa proprio il desiderio di Dio, che spasima per chi è distante. Non conosce nemici, solo compagni di viaggio. Non si erge come maestro, sa che la ricerca di Dio è comune e va condivisa, che la vicinanza di Gesù non è mai negata a nessuno» [Papa Francesco].

 

 

Il lebbroso senza nome ci rappresenta. E il Tocco di Gesù ne riassume vita, insegnamento e missione.

Si manifesta in specie quando l’ambiente emargina l’unicità dell'anima, e una parte di noi sembra insofferente, vuole il nuovo.

Alcuni aspetti consolidati non ci appartengono più. Tale certezza morale nell’anima è una spia preziosa, da non tacitare.

Nella persona inquieta e malgiudicata c’è spesso una avversione esterna - condizionata - e una anche intuitiva, interna.

Non siamo placati dallo stile di vita artificiosa che conduciamo, quasi costretti - e neppure dall’idea stessa di noi.

Allora chiediamo: c’è terapia ai meccanismi che non ci appartengono, e a quelli che d’istinto valutiamo nel nostro carattere, superati?

Sì, perché il disagio può diventare conoscenza: è un linguaggio primordiale in grado di guidarci verso il cambiamento.

La disaffezione e la percezione di straniamento fanno affiorare nuova consapevolezza.

Lo scontento genera urto, sogni d’attesa, quindi l’Esodo ormai non procrastinabile.

 

Dove cercare fiducia e trovare appoggio, onde superare gli automatismi?

Nel Vivente stesso, che è tutto fuori dei binari, e non teme di contaminarsi - neppure con un individuo coperto di malattia e incrinature [«lebbroso»: v.40].

Nessun affetto da “lebbra” o malattie della pelle poteva avvicinare qualcuno - tantomeno un uomo di Dio - ma Mc vuole sottolineare che è il modo consueto di intendere la religione [e il proprio “posto”] che rende impuri.

Le norme legaliste emarginano le persone e le colpevolizzano, le fanno sentire sporche dentro - inculcando quel senso d’indegnità che incide negativamente sulla loro evoluzione.

Certo, resi trasparenti in Dio, tutti ci cogliamo pieni di mali. Ma ciò non deve segnare la nostra storia, a motivo della fallibilità; con una cappa di identificazioni insuperabili.

In tal guisa, la percezione non disintegra nel tormento. Anzi, senza posa lo spostamento di sguardo presenta orizzonti, suggerisce percorsi, innesca reazioni anche trasgressive - almeno dal punto di vista dei capi d’imputazione intransigenti, tutti lontani dalla vita reale.

Siamo interpellati perfino dalla banalità delle concatenazioni, ma il nostro oggi e il domani possono non risultare dal nostro ieri [tessuto di condanne qualunque, prevedibili].

 

In Cristo la povertà diventa più che una speranza (vv.40-42). Dunque, attenzione ai modelli!

Non bisogna essere “mondi e precisi” per avere «poi» il diritto di presentarsi a Dio: il suo Amore è sintomatico e coinvolgente, perché non attende prima le perfezioni dell’altro.

La Fonte del Gratis trasforma e rende essa trasparenti: non modula la generosità sulla base di meriti - al contrario, dei bisogni.

La direttiva religiosa arcaista accentuava le esclusioni - così castigava i malfermi alla solitudine, all’emarginazione sociale.

Il lebbroso doveva vivere lontano. Ma avendo capito che solo la Persona del Signore poteva farlo “puro”, egli accantona la Legge che lo aveva messo in castigo per vacui pregiudizi.

 

Mc vuol dire: non bisogna aver timore di denunciare con la propria iniziativa che alcuni costumi sono contrari al progetto di Dio.

Di fatto, non c’è modo di arrivare vicino al Cristo (ossia avere un rapporto personale) senza inventarsi ciascuno di noi una chance che dribbli la solita gente attorno a Lui - e assolutamente non ne ricalchi la mentalità.

L’ambiente devoto o sofisticato tenterà di porre freno a qualsiasi eccentricità individuale.

Ma nel rapporto con Dio e per realizzare la vita è decisivo che restiamo amanti della comunicazione diretta.

In ogni condizione siamo nel dialogo eccentrico con la Fonte rigeneratrice e superiore; appassionati del vissuto d’amore, che non sussiste senza libertà.

 

Per aiutare il fratello precario su cui pende la sentenza d’impurità - “prossimo” visto inappellabilmente contaminato - anche il Figlio trasgredisce la prescrizione religiosa!

Per rimanere indefettibili, il precetto sacro imponeva di stare in guardia dai lebbrosi - affetti da un male che corrode dentro, immagine stessa del peccato.

Quel gesto spregiudicato impone anche a noi troppo riguardosi la pratica del rischio, della demistificazione.

Infatti, per norma di religione il Signore stesso col suo Tocco diventa un inquinato da sanare e tenere distante (v.45) - privo di diritti.

Tuttavia, reinterpretando le prescrizioni dei primordi (v.44) Gesù rivela il volto del Padre: vuole che ciascuno di noi possa vivere con gli altri ed essere accettato, non segregato.

Sta dicendo ai suoi, che già nelle prime comunità dimostravano tendenze strane: siete obbligati ad accogliere in tutto anche i disadattati, fuori del giro e miserabili, e lasciarli prendere parte attiva alle liturgie, agli incontri, alla gioia delle feste.

Il Risorto (v.45) continua a suggerirci, sfidando l’opinione pubblica:

«Il certificato di guarigione glielo fornisco io, alla gente che fate sentire in colpa. I miei responsabili di chiesa non devono avallare, bensì solo constatare che il difetto dei mancanti me lo sono assorbito io - anzi, in me diventerà sbalordimento».

Proposta davvero amabile, priva di forzature e dissociazioni.

 

Nell’attitudine d’una spiritualità capovolta - non selettiva né vuota - eccoci spinti all’annuncio entusiasta dell’esperienza concreta che ciascuno tiene con la persona del Cristo.

Ciò anche se in un primo tempo essa può risultare carente, perché Egli non ama essere considerato un re trionfante di questo mondo (v.44a).

Bella comunque, tale sovversione: quella che unisce i tratti divini e umani, in modo incomparabile.

Per ciascuno, senza tare isteriche.

Rovesciamento che offre a noi la purità di Dio e affida a Lui la nostra incertezza: appunto, unica “scandalosa” eversione che riunisce molte folle «da ogni parte» (v.45).

 

Dice infatti il Tao Tê Ching (LXIII):

«Progetta il difficile nel suo facile, opera il grande nel suo piccolo: le imprese più difficili sotto il cielo certo cominciano nel piccolo. Per questo il santo non opera il grande, e così può completar la sua grandezza».

 

Questa sì è Sapienza naturale, che trasmette autostima, e ci stupirà di fioriture. Complicità d’un Dio finalmente non sgradevole.

Eterno che si rende Presente nel fondamento e nel senso stesso del luogo divino-umano sulla terra, la sua Vigna d’inapparenti.

Così può abbattere le barriere dei difetti “religiosi”, e far sentire ciascuno adeguato.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Come sfidi l’opinione pubblica del tuo tempo, per favorire la pratica dell’uguaglianza, della libertà, dell’amore conviviale?

Ti sei mai stupito dei tuoi lati in ombra, divenuti perle preziose, di valore inaudito?

Hai incontrato guide appassionate, che ti hanno insegnato a voler bene ai tuoi difetti religiosi?

 

 

La purità rituale è completamente accessoria

 

Il proclama evangelico di «beatitudine», di felicità, conserva ed accresce la sua piena validità oggi, in cui i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà del mondo intero sono invitati ad esprimere, con un gesto concreto e fattivo la loro solidarietà con i fratelli lebbrosi.

La lebbra! Il solo nome, ancor oggi, ispira a tutti un senso di sgomento e di orrore. Sappiamo dalla storia che tale sentimento era fortemente percepito presso gli antichi, in particolare presso i popoli dell’Oriente, ove, per motivi climatici ed igienici, tale morbo era molto avvertito. Nell’Antico Testamento (Cfr. Lev. 13-14) riscontriamo una puntuale e minuta casistica e legislazione nei confronti dei colpiti dalla malattia: le paure ancestrali, la concezione diffusa circa la fatalità, l’incurabilità ed il contagio, costringevano il popolo ebraico ad usare le opportune misure di prevenzione, mediante l’isolamento del lebbroso, il quale, considerato in stato di impurità rituale, veniva a trovarsi fisicamente e psicologicamente emarginato ed escluso dalle manifestazioni familiari, sociali e religiose del popolo eletto. Inoltre, la lebbra si configurava come un marchio di condanna, in quanto la malattia era considerata un castigo di Dio. Non rimaneva se non la speranza che la potenza dell’Altissimo volesse guarire i colpiti.

Gesù, nella sua missione di salvezza, ha spesso incontrato i lebbrosi, questi esseri sfigurati nella forma, privi del riflesso dell’immagine della gloria di Dio nell’integrità fisica del corpo umano, autentici rottami e rifiuti della società del tempo.

L’incontro di Gesù con i lebbrosi è il tipo e il modello del suo incontro con ogni uomo, il quale viene risanato e ricondotto alla perfezione dell’originaria immagine divina e riammesso alla comunione del popolo di Dio. In questi incontri Gesù si manifestava come il portatore di una nuova vita, di una pienezza di umanità da tempo perduta. La legislazione mosaica escludeva, condannava il lebbroso, vietava di avvicinarlo, di parlargli, di toccarlo. Gesù, invece, si dimostra, anzitutto, sovranamente libero nei confronti della legge antica: avvicina, parla, tocca, e addirittura guarisce il lebbroso, lo sana, riporta la sua carne alla freschezza di quella di un bimbo. «Allora venne a lui un lebbroso - si legge in Marco -, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi guarirmi!”. Mosso a compassione Gesù stese la mano lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì» (Marc. 1, 40-42; cfr. Matth. 8, 2-4; Luc. 5, 12-15). Lo stesso avverrà per altri dieci lebbrosi (Cfr. Luc. 17, 12-19). «I lebbrosi sono guariti!», ecco il segno che Gesù dà per la sua messianicità ai discepoli di Giovanni il Battista, venuti ad interrogarlo (Matth. 11, 5). E ai suoi discepoli Gesù affida la propria stessa missione: «Predicate che il regno dei cieli è vicino. ., sanate i lebbrosi» (Matth 10, 7 ss.). Egli inoltre affermava solennemente che la purità rituale è completamente accessoria, che quella veramente importante e decisiva per la salvezza è la purezza morale, quella del cuore, della volontà, che non ha nulla a che vedere con le macchie della pelle o della persona (Cfr. Ibid. 15, 10-20).

Ma il gesto amorevole di Cristo, che si accosta ai lebbrosi confortandoli e guarendoli, ha la sua piena e misteriosa espressione nella passione, nella quale egli, martoriato e sfigurato dal sudore di sangue, dalla flagellazione, dalla coronazione di spine, dalla crocifissione, dal rifiuto escludente del popolo già beneficato, giunge ad identificarsi con i lebbrosi, diviene l’immagine e il simbolo di essi, come aveva intuito il profeta Isaia contemplando il mistero del Servo di Jahvé: «Non ha apparenza né bellezza... disprezzato e reietto dagli uomini.. . come uno davanti al quale ci si copre la faccia, .,. e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato» (Is. 53, 2-4). Ma è proprio dalle piaghe del corpo straziato di Gesù e dalla potenza della sua risurrezione, che sgorga la vita e la speranza per tutti gli uomini colpiti dal male e dalle infermità.

La Chiesa è stata sempre fedele alla missione di annunciare la Parola di Cristo, unita al gesto concreto di solidale misericordia verso gli ultimi. È stato nei secoli un crescendo travolgente e straordinario di dedizione nei confronti dei colpiti dalle malattie umanamente più ripugnanti, e in particolare dalla lebbra, la cui presenza tenebrosa continuava a sussistere nel mondo orientale ed occidentale. La storia pone in chiara luce che sono stati i cristiani ad interessarsi e a preoccuparsi per primi del problema dei lebbrosi. L’esempio di Cristo aveva fatto scuola ed è stato fecondo di solidarietà, di dedizione, di generosità, di carità disinteressata.

Nella storia dell’agiografia cristiana è rimasto emblematico l’episodio concernente Francesco d’Assisi: era giovane, come voi; come voi cercava la gioia, la felicità, la gloria; eppure egli voleva dare un significato totale e definitivo alla propria esistenza. Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande ribrezzo, ma, per non venir meno al suo impegno di diventare «cavaliere di Cristo», balzò di sella e, mentre il lebbroso gli stendeva la mano per ricevere l’elemosina, Francesco gli porse del denaro e lo baciò (Cfr. TOMMASO DA CELANO, Vita seconda di San Francesco d’Assisi, I, V: «Fonti Francescane», I, p. 561, Assisi 1977; S. BONAVENTURA DA BAGNOREGIO, Leggenda maggiore, I, 5: ed. cit., p. 842).

La grandiosa espansione delle Missioni nell’epoca moderna ha dato nuovo impulso al movimento in favore dei fratelli lebbrosi. In tutte le regioni del mondo i Missionari hanno incontrato questi malati, abbandonati, respinti, vittime di interdizioni sociali, legali e di discriminazioni, che degradano l’uomo e violano i diritti fondamentali della persona umana. I missionari, per amore di Cristo, hanno sempre annunziato il Vangelo anche ai lebbrosi, hanno cercato con ogni mezzo di aiutarli, di curarli con tutte le possibilità che la medicina, spesso primitiva, poteva offrire, ma specialmente li hanno amati, liberandoli dalla solitudine e dalla incomprensione e talvolta condividendo in pieno la loro vita, perché scorgevano nel corpo sfigurato del fratello l’immagine del Cristo sofferente. Vogliamo ricordare la figura eroica di Padre Damiano de Veuster, che spontaneamente scelse e chiese ai suoi Superiori di essere segregato in mezzo ai lebbrosi di Molokai, per rimanere insieme con loro e per comunicare ad essi la speranza evangelica, ed infine, colpito dal morbo, condivise la sorte dei suoi fratelli sino alla morte.

Ma vogliamo con lui ricordare e presentare all’ammirazione e all’esempio del mondo le migliaia di missionari, sacerdoti, religiosi, religiose, laici, catechisti, medici, che hanno voluto farsi amici dei lebbrosi, e la cui edificante ed esemplare generosità ci è oggi di conforto e di sprone, per continuare l’umana e cristiana «lotta alla lebbra e a tutte le lebbre», che dilagano nella società contemporanea, come la fame, la discriminazione, il sottosviluppo.

[Papa Paolo VI, omelia XXV Giornata Mondiale per i Lebbrosi 29 gennaio 1978]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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