Mar 29, 2025 Scritto da 

Col Dito sulle lastre: una lezione per gli ineccepibili

“Chiesa” adultera, Gesù imputato

(Gv 8,1-11)

 

 

Cosa dire di un antico codice dei Vangeli con una “pagina” strappata?

I mariti non volevano che le donne avessero dal Signore stesso una patente d’immunità: l’azione di Dio sconcerta.

Ma come si rapporta il Signore con chi nella vita ha compiuto errori? O con persone di estrazione culturale differente [ad es.] dall’occidentale?

Possono essere ammesse a un rapporto diretto con Gesù, o debbono subire una lunga trafila di radiografie dottrinali e moralistiche?

Cristo procede senza inchieste né tare penitenziali accusatorie.

Solo rimette in piedi persone e gruppi eterogenei - sebbene tutte anime umiliate e beffeggiate dai veterani della postilla (che nascostamente si concedono tutto).

Impone Lui - e cesella - Giustizia laddove essa è stata trasgredita, almeno secondo nostro parere convenzionale.

Unica soluzione e sentenza di giudizio è quella per il Bene affidabile e convincente.

 

Ad Efeso il vescovo Policrate aveva dovuto scontrarsi con gli intransigenti sulla questione della riammissione in comunità dei lapsi [‘scivolati’ nella confessione di fede, sotto ricatto] o di coloro che avevano ‘consegnato’ i libri sacri (traditores) perché intimiditi da minacce di persecuzioni.

Il vescovo di Roma Sotère, aveva preso posizione a favore dei rigoristi. Ma come testimoniano le Costituzioni Apostoliche, i più comprensivi si richiamavano esplicitamente all’episodio dell'adultera, avendo ben presente che l'agire di Dio è un atto creatore che ricompone - non gesto di castigo frettoloso.

Sparita dal Vangelo secondo Lc (cf. 21,38), la perla evangelica è stata recuperata da Gv (8,1-11).

Ancora s. Agostino si lamentava che il brano venisse escluso da responsabili di alcune comunità.

Ma superando i moralismi spiccioli, la pericope ha un peso teologico significativo.

 

Nelle religioni l'idea del giusto Giudizio divino è identica, perché in armonia con il concetto di giustizia comune: unicuique Jus suum.

Su tutti i sarcofagi dell'antico Egitto è riprodotta la scena della bilancia coi due piatti in perfetto equilibrio: su uno la piuma simbolo di Maat dea della saggezza; sull'altro il cuore del defunto, che viene condotto per mano dal dio Anubis.

Dalla pesatura dipende la felicità o la rovina futura di colui che viene giudicato.

Il Corano attribuisce a Dio lo splendido titolo di “Migliore di quelli che perdonano”; tuttavia anche nell'Islam il giorno del giudizio è il momento della separazione fra giusti e malvagi - gli uni introdotti in paradiso, gli altri cacciati all'inferno.

I rabbini del tempo di Gesù sostenevano che la Misericordia intervenisse al momento della resa dei conti: essa prevaleva solo quando le opere buone e quelle cattive erano in parità.

 

L’adultero e l’adultera dovevano essere messi a morte (Dt 22,22-24): come mai il maschio la scampa?

In molti passi biblici, la «donna» è parabola collettiva - qui evocata per una catechesi nei confronti dei pubblici ministeri tradizionalisti che si facevano avanti anche nelle prime comunità.

Il guaio dei tribunali morali è che troppi protagonisti sembrano inclini più a condannare “simboli” che ad andare in fondo alle questioni.

Malgrado la rigida prassi penitenziale dei primi secoli e la polemica fra lassisti e rigoristi, la gemma recuperata e prima sottratta da molti manoscritti, ribadisce la frase incriminata: «Io non ti condanno»!

E tratteggia persino un Gesù che non chiede anzitempo se la donna si riconoscesse pentita o meno!

Episodio sconvolgente? No, perché si tratta di teologia, non di cronaca rosa.

 

Ogni giorno al levar del sole le persone dal Monte degli Ulivi contemplando il Tempio recitavano lo Shemàh, e così faceva Gesù.

Come molti, trascorreva le notti in una grotta, all'aperto (Lc 21,37-38; Gv 8,1-2), quindi si recava nel Tempio a insegnare.

Inizia un altro «Giorno».

Il confronto con la peccatrice che ci rappresenta, dà inizio a una nuova ‘alba’ - sul Volto di Dio.

Che sentenza pronuncia il Signore nella sua Casa [Chiesa]?

Non si dice cosa Gesù stesse insegnando, perché lui stesso è ‘la’ Parola, l'Insegnamento.

Ogni gesto narra come il Padre si rapporta con chi si è allontanato, o proviene da una estrazione culturale incerta.

Egli aiuta il figlio smarrito a ricuperare, e dice [in breve]: «Io non ti condanno, ma smetti di farti del male».

 

Gesù attraversa il ponte-viadotto sulla valle del Cedron ed entra nella spianata del tempio dalla Porta Dorata.

Lì trova cuori fermi alla giustizia retributiva del Sinai, quella delle fredde tavole di pietra.

Giustizia di scribi e farisei della buoncostume che - pressando - gli stavano addosso rimanendo sopra [così il testo greco].

Giustizia da bilancia e sinedrio? No, Benevolenza che rende giusti i malvagi, che fa puri i lontani che si accostano - i provenienti dal paganesimo multiforme, considerati adulteri teologici.

“Giustizia è fatta” per noi significa che il colpevole viene raddrizzato, punito e separato dagli ineccepibili.

Dio invece rende giusto chi un tempo non lo era. Egli appunto ricupera il disgraziato dall'abisso, e lo fa respirare.

[Forse la donna è immagine simbolo d’una comunità primitiva subordinata, che si affaccia alla Fede ma dalle origini culturali frammiste e dalle pratiche incerte, giudicate tumultuosamente libere].

 

Il perdono non è una sconfitta, né una resa. Del resto, non manca chi si fa scudo di leggi per dare fastidio e acquattarsi dietro paraventi.

Insomma: l'imputato vero della pericope è il Figlio e la sua idea di Giustizia!

Ecco perché il Dito per terra: poggiato sulle lastre di pietra della spianata del tempio di Gerusalemme.

Un’accusa gravissima verso le guide spirituali della religiosità ufficiale e di tutti coloro che, diventando capi delle prime realtà cristiane, subito intendevano ricalcarne le ipocrisie.

Inebriati dal rango di dirigenti e censori, anche loro palesavano di essere rimasti all’età sinaitica, della pietra.

Un’era di vecchi supponenti privi del cuore di carne, estranei al tepore dello Spirito divino.

Non pochi manoscritti dei primi secoli dimostrano infatti l’attaccamento comunitario ossessivo a una disciplina eticista rigidissima.

Si rischiava di tornare all’ideologia dei “migliori”: scuola spietata e gabellante, gelida e giudicante, castigatrice; confusionaria sulle passioni - quella degli ‘eletti’ e “integri”.

Accoliti propugnatori di morte; cadaveri incapaci di desiderio focoso, di passione esplicita; perché - almeno in facciata - tarati a temperatura ambiente.

 

In tutta la scena Gesù resta invece accovacciato a terra!

Addirittura si pone in relazione all’adultera guardandola dal basso verso l’alto (cf. testo greco)!

Egli rimane sottoposto persino all’adultera, icona appunto di una chiesa incerta o “minore” - che raccoglie i liberi prima lontani. Gli stessi che ora si accostavano alle soglie delle fraternità con un passato e bagaglio morale forse discutibile.

Insomma, ogni domanda di misericordia è autentica anche quando resta solo implicita - e in ogni caso Cristo si rapporta con ciascuno di noi senza incombere!

Nella vita di Fede Dio ci sta sotto, e identicamente fa chi lo rappresenta in modo autentico.

L’Eterno non è un legislatore, né soppesatore, o querelante - neppure notaio giudice ch’emette subito sentenza.

In tal guisa e tono “lapidario” Papa Francesco ha ribadito più volte:

«Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Ritengo i passi falsi meno gravi del non muoversi affatto!».

 

La differenza dell’approccio di Fede con le valutazioni della religiosità banale? Il balzo qualitativo fra Dito sulle lastre e Sguardo sulle persone.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In quali situazioni hai considerato: “Giustizia è fatta”?

In quali occasioni hai fatto esperienza del Giudizio divino come comprensione e grazia?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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