Ago 3, 2024 Scritto da 

Convivialità e itineranza, l’altra idea di Tenerezza e sviluppo

Moltiplicare dividendo

(Mt 14,13-21)

 

«L’uomo è l’essere-limite che non ha limite» (Fratelli Tutti n.150).

Nel cuore abbiamo un gran desiderio di appagamento e Felicità. Il Padre ce lo ha messo, Lui stesso lo soddisfa - ma ci stima associati alla sua opera - dentro e fuori di noi.

Il Figlio riflette il disegno di Dio nella compassione per le folle bisognose di tutto e - malgrado la pletora di maestri ed esperti - prive di qualsiasi insegnamento autentico (cf. Mt 9,36).

La sua soluzione è diversissima da quella di tutte le guide “spirituali”, perché non ci sorvola con un paternalismo indiretto (cf. Mt 14,16) che asciughi le lacrime, rimargini le ferite, cancelli le umiliazioni.

Invita a utilizzare in prima persona ciò che siamo e abbiamo, sebbene possa apparire cosa ridicola. Ma insegna in modo assolutamente netto che spostando le energie si realizzano risultati prodigiosi.

Così rispondiamo in Cristo ai grandi problemi del mondo: recuperando la condizione dell’uomo viator - essere di passaggio, sua impronta essenziale - e condividendo i beni; non lasciando che ciascuno si arrangi (v.15).

La nostra reale nudità, le peripezie e l’esperienza dei molti fratelli, diversi, sono risorse da non valutare con diffidenza, «come concorrenti o nemici pericolosi» della nostra realizzazione (FT n.151).

Non solo quel poco che rechiamo basterà a saziarci: avanzerà per altri e con identica pienezza di verità, umana, epocale [v.17: il passo particolare insiste sulla nota simbologia semitica del numero “sette”].

 

In Cristo, ciascuno può inaugurare un Tempo nuovo, e la Salvezza è già a portata di mano, perché la gente si riunisce spontaneamente intorno a Lui, giungendo così com’è, col carico dei tanti bisogni differenti.

Il nuovo popolo di Dio non è una folla di gente scelta e pura. Ognuno reca con sé problemi, che il Signore guarisce - ma curando non con provvedimenti per procura (v.16), come dal di sopra o dal di fuori.

Insomma: un altro mondo è possibile, però attraverso lo spezzare il proprio (anche misero) pane e companatico (vv.17-19).

Soluzione autentica, se la si fa emergere da dentro, e stando in mezzo - non davanti, non a capo, non in alto (v.15c).

Il luogo della Rivelazione di Dio doveva essere quello dei fulmini, su un “monte” fumante come di fornace (Es 19,18)... ma infine persino lo zelo violento di Elia aveva dovuto ricredersi (1Re 19,12).

Anche ai pagani, il Figlio rivela un Padre il quale non semplicemente cancella le infermità (v.14): le fa capire come luogo che sta preparando uno sviluppo personale, e quello della Comunità.

S’immaginava che nei tempi del Messia, zoppi, sordi e ciechi sarebbero scomparsi (Is 35,5ss.). Età dell’oro: tutto al vertice, nessun abisso.

In Gesù - Pane distribuito - si manifesta una pienezza dei tempi inconsueta, apparentemente nebulosa e fragile, ma reale e in grado di riavviare tutti, e le relazioni.

Lo Spirito di Dio agisce non calandosi come un fulmine dall’alto, bensì attivando in noi capacità che appaiono impalpabili, eppure in grado di raggranellare il nostro essere disperso, classificato inconsistente - che coinvolge il sommario di tutti i giorni - e lo rivaluta.

 

L’Incarnazione ci ritessere il cuore, in dignità e promozione; si dispiega realmente, perché non solo trascina via gli ostacoli: poggia su di essi e non li cancella affatto: così li surclassa ma trasmutando - ponendo nuova vita.

Linfa che trae succo e germoglia Fiori dall’unico terreno melmoso e fecondo, e li comunica. Solidarietà cui sono invitati tutti, non solo quelli ritenuti in condizione di “perfezione” e compattezza.

Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, bensì assunte, poste nelle mani del Figlio e dinamizzate (v.18).

Le stesse cadute possono essere un segnale prezioso: in Cristo, non sono più umiliazioni riduttive, bensì indicatori di percorso. Forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse.

Così i crolli possono trasformarsi rapidamente in risalite - differenti, non confezionate - e ricerca di completamento totale nella Comunione.

Quindi, nell’ideale di realizzare la Vocazione e intuire il tipo di contributo da porgere, nulla di meglio d’un ambiente vivo, che non tarpi le ali: una fraternità vivace nello scambio di risorse, e convivenza.

Non tanto per attutirci gli scossoni, ma perché siamo messi in grado di edificare magazzini sapienziali non tarati da nomenclature - cui tutti possono attingere, persino i diversi e lontani da noi.

Se poi anche qui verrà a trovarci una manchevolezza, sarà per insegnare a essere presenti al mondo secondo (magari) altre e ulteriori direzioni, o per far emergere la missione e una maturazione creativa - non per rimanere fissati su parzialità e minuzie.

 

L’allusione ai sette alimenti (moltiplicati perché divisi) conforta le citazioni relative al magma plasmabile delle icone bibliche, come quelle di Mosè ed Elia: figure dei cinque Libri del Pentateuco [i Pani base], più le due sezioni di Profeti e Scritti [che fanno come da “companatico”].

I primi “cinque”, Pienezza essenziale di cibo e saggezza per l’anima, chiamata a procedere oltre le siepi circonvicine, rompendo gli argini della mentalità asservita al contorno.

È il nutrimento-base dello spirito umano-divino, cui però si aggiunge un giovane e fresco alimento companatico, che appunto ci coinvolge (v.17.19).

[Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395). Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto].

Diventiamo nel Cristo come un corpus attualizzato e propulsivo di testimoni (e Scritture!) sensibile; certo ridotto, non ancora affermato e privo di eroici fenomeni, ma accentuatamente sapienziale e pratico.

Annunciatori e condivisori senza clamorosi proclami di autosufficienza, mai rinchiusi entro steccati arcaici - sempre in fieri - perciò in grado di percepire binari sconosciuti.

E spezzare il Pane... ossia attivarsi, procedere oltre, dividere il poco - per alimentare, straripare (moltiplicando l’ascolto e l’azione di Dio) e far riconquistare stima anche ai disperati.

Siamo figli: come pochi e piccoli pesci (vv.17.19), i quali non sguazzano in competizioni che rendono tossica la vita - anzi: chiamati in prima persona a scrivere una singolare, empatica e sacra, Parola-evento.

Infanti nel Signore, nuotiamo in questa differente Acqua - a volte forse esteriormente velata o melmosa e torbida; infine fatta trasparente anche solo perché arrendevole, compassionevole e benevola.

La vecchia pozzanghera esclusiva della religione che non osa il rischio della Fede (v.13) non ci avrebbe aiutato ad assimilare la proposta del Gesù Messia, Figlio di Dio, Salvatore - acrostico del termine greco «Ichtys» (pesce: vv.17.19 diminutivo).

Egli è l’Iniziativa-Risposta del Padre, sostegno nel (poco etereo) viaggio alla ricerca della Speranza dei poveri - di tutti noi indigenti in attesa.

 

Sembra strano, per noi che ci abbiamo fatto il callo: la Fede operante ha per emblema l’Eucaristia frazionata, rivoluzione della sacralità.

Infatti scopo dell’evangelizzazione è partecipare ed emancipare l’essere completo da tutto ciò che lo minaccia, non solo nel limite estremo: anche nella sua azione di ogni giorno - fino a cercare la comunione dei beni.

Il prodigio è collocato dopo il rifiuto a Nazaret (Mt 13,53-57), il quesito ambiguo e superstizioso di Erode (vv.1-2), e l’esecuzione del Battista (vv.3-12).

Insomma, il Segno Fonte e Culmine della comunità dei figli è un gesto creativo che impone uno spostamento di visione e azione, un occhio e un gesto assolutamente nuovi.

[in tal guisa, di fronte all’indigenza di molti - causata dall’avidità di pochi - l’atteggiamento della Chiesa autentica non si compiace di emblemi e fervorini, né di parziali chiamate a distinguersi].

Lo spezzare del Pane subentra alla Manna calata dall’alto nel deserto (Mt 14,15; 15,33; Mc 8,4) e comporta la sua distribuzione - non solo in situazioni particolari.

Non c’è da accontentarsi, nel moltiplicare vita per tutti.

Questa l’attitudine del Corpo vivente del Cristo taumaturgico [non il facitore di miracoli] che si sente chiamato ad attivarsi in ogni circostanza.

L’adesione grata deve condurci al dono e alla condivisione del «pane».

Se non è elemosina puntuale, pietismo esterno, assistenzialismo di maniera, ecco il Risultato:

Donne e uomini mangeranno, rimarranno sazi, e avanzerà alimento per altri ancora. Infatti, non tutti i convitati da Dio previsti sono ancora presenti...

Notiamo che ai discepoli non era neanche passato per la testa che la soluzione potesse venire dalla gente stessa e dal loro spirito - non dal patentato dei leaders o da qualche singolo benefattore.

Soluzione inattesa: la questione dell’alimento si risolve non dall’alto, ma a partire dall’interno delle persone e con i pochi pani portati con sé.

Non c’è soluzione col verbo “moltiplicare” - ossia “incrementare”… cosa? relazioni che contano, accrescere proprietà, ammucchiare astuzie.

Unica terapia è la convivenza dello «spezzare», «dare», «porgere» (v.19). E tutti sono coinvolti, nessuno privilegiato.

 

A quel tempo la competitività e la mentalità di classe caratterizzava la società piramidale dell’impero - e iniziava a infiltrarsi già nella piccola comunità, appena agli inizi.

Come se il Signore e il Dio del tornaconto potessero convivere uno a fianco all’altro, ancora.

È la comunione dei bisognosi che viceversa sale in cattedra nella Chiesa non artefatta.

La condivisione reale fa da professore degli onnipresenti veterani, smaliziati e pretenziosi, unici a doversi ancora convertire.

Il germe della loro “durata” dovrebbe essere non la posizione in quota e il ruolo, ma l’amore.

Tale l’unico senso dei gesti sacri; non altri progetti venati da prevaricazioni, o dall’apparire.

 

Gli “appartenenti” sbalordiscono.

Per il Signore i lontani (sebbene ancora in bilico nelle scelte) sono pienamente partecipi del banchetto messianico - senza preclusioni, né discipline dell’arcano con attese snervanti.

Viceversa, quella Mensa urge in favore di altri che ancora devono essere chiamati. Per una sorta di ristabilimento dell’Unità originale.

 

Insomma, la Redenzione non appartiene alle élites preoccupate della stabilità del loro dominio - che sono addirittura i deboli a dover sostenere.

 

La vita da salvati viene a noi per incorporazione.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Hai mai spezzato il tuo pane, trasmesso felicità e compiuto recuperi che rinnovano i rapporti, rimettendo in piedi le persone che neppure hanno stima di sé? O hai privilegiato atteggiamenti di élite monarchica?

 

 

Appendice

 

Gesù vuole che contributi, risorse e capacità facciano sinergia; porgersi in servizio e coalizzarsi per la vita delle moltitudini (vv.13-15.19).

Il gesto eucaristico - spezzare la vita - dice: cieli e terra nuovi non corrispondono al mondo in cui ciascuno si affretta a mietere per sé o la sua cerchia, onde accaparrarsi il massimo delle risorse.

Anche gli Apostoli - chiamati da Gesù ma ancora rimasti a distanza di sicurezza da Lui - non sono i proprietari del Pane, bensì coloro che devono porgere nutrimento a tutti (v.16), per creare abbondanza dov’essa non c’è.

Devono condividere, non comandare - tantomeno sulle opinioni o situazioni altrui. E, onde evitare impoverimenti e danni alla felicità, collocarsi in una logica di superamento.

 

Il Figlio riflette il disegno di Dio nella compassione per le folle bisognose di tutto. Tuttavia la sua soluzione non ci sorvola - semplicemente asciugando lacrime o cancellando le umiliazioni.

Invita a utilizzare ciò che abbiamo, sebbene possa apparire cosa ridicola. Ma insegna che spostando le energie si creano risultati prodigiosi.

Così rispondiamo in Cristo ai grandi problemi del mondo: recuperando la condizione dell’uomo viator - essere di passaggio, sua impronta essenziale - e condividendo i beni.

La nostra reale nudità, le peripezie e l’esperienza dei molti fratelli, diversi, sono risorse da non valutare con diffidenza, «come concorrenti o nemici pericolosi» della nostra realizzazione (FT n.151).

 

Il Signore non è d’accordo con l’idea che ciascuno s’arrangi (v.15); neppure gli va a genio l’elemosina, o il vecchio idolo del «comprare» (v.15).

Impone ai suoi che «le folle» (plurali) si sdraino in clima di abbondanza (v.19 testo greco) come facevano i signori e le persone libere nei banchetti solenni.

Egli vuole e insiste che siano anzitutto i discepoli a servire (v.19), non altri schiavi.

E forse la cosa più sbalorditiva è che a nessuno dei presenti impone gesti preventivi di purificazione, com’era abitudine nella religiosità tradizionale, ipocritamente sterilizzata e selettiva.

Prima del pasto essa richiedeva l’abluzione: una cerimonia che sottolineasse un distacco sacrale fra puro e impuro.

Unico compito dei discepoli è quello di distribuire l’Alimento - poi da sminuzzare, vagliare e assimilare personalmente, per edificare un nuovo mondo - non fare radiografie preventive; tantomeno interessate.

 

In religione abbiamo una lunga trafila di adempimenti da osservare per presentarci a cospetto di Dio, che purtroppo ci normalizzano.

Nel cammino di Fede è l’incontro gratuito col Signore che fa crescere e completa, rendendoci perfetti e incontaminati, senza condizioni... estraendo autentiche Perle, proprio dalle nostre eccentricità caratteriali (quelle che si distaccano dagli accordi millimetrici).

Il suo Regno? Tutti invitati e fratelli (anche non concordi), nessuno padrone o dominatore - destinato a guidare gli umili a vita e di testa sua, stando sempre davanti o sopra - perché più svelto e capace a gestirsi.

L’Eucaristia resta un Appello alla Convivialità reale (delle differenze così come sono) e Richiamo sempreverde a non accontentarsi di devozioni individuali o d’una spiritualità gemellabile ma vuota.

 

La Fede operante ha dunque per emblema l’Eucaristia, rivoluzione della sacralità. Sembra strano, per noi che ci abbiamo fatto il callo.

Scopo dell’evangelizzazione è emancipare da tutto ciò che minaccia la vita, non solo nel limite estremo, ma anche nella sua azione di ogni giorno - fino a cercare la comunione dei beni.

In Mt 14 il prodigio è collocato dopo che Gesù è stato respinto da Nazaret, la preoccupazione di Erode, l’omicidio del Battista.

Il Segno Fonte e Culmine della comunità dei figli è un gesto creativo che impone lo spostamento di visione, un occhio assolutamente nuovo.

Di fronte all’indigenza di molti - causata dall’avidità di pochi - l’atteggiamento della Chiesa autentica non si compiace di emblemi e fervorini, né di parziali chiamate a distinguersi nell’elemosina.

Lo spezzare del Pane subentra alla Manna calata dall’alto nel deserto e comporta la sua distribuzione - non solo in situazioni particolari (v.15).

Non c’è da accontentarsi, nel moltiplicare la vita per tutti.

Questa l’attitudine del Corpo vivente del Cristo taumaturgico [non il facitore di miracoli] che si sente chiamato ad attivarsi in ogni circostanza.

La partecipazione eucaristica deve condurci al dono e alla condivisione del pane.

Risultato: donne e uomini mangeranno, rimarranno sazi, e avanzerà Alimento per altri ancora [non tutti i convitati da Dio previsti sono ancora presenti...].

Notiamo che ai discepoli non era neanche passato per la testa che la soluzione potesse venire dalla gente stessa e dal loro spirito - non solo dal paternalismo dei capi o da qualche singolo benefattore.

Soluzione inattesa: la questione dell’alimento si risolve non dall’alto, ma solo a partire dall’interno delle persone e con i pochi pani portati con sé (vv.15-17).

Non c’è soluzione col verbo “moltiplicare” - ossia “incrementare”…relazioni che contano, accrescere proprietà, ammucchiare astuzie.

Unica terapia è «spezzare», «dare», «porgere», «distribuire» (vv.16-19 testo greco).

E tutti sono coinvolti, nessun privilegiato.

A quel tempo la competitività e la mentalità di classe caratterizzava la società dell’impero - e iniziava a infiltrarsi già nella piccola comunità, appena agli inizi.

Come se il Signore e il Dio del tornaconto potessero convivere uno a fianco all’altro, ancora.

È la comunione dei bisognosi che viceversa sale in cattedra nella Chiesa autentica.

La condivisione reale fa da professore degli onnipresenti veterani, smaliziati e pretenziosi, unici a doversi ancora convertire.

Il germe della loro “durata” dovrebbe essere non la posizione in quota e il ruolo, ma l’amore.

Tale l’unico senso dei gesti sacri, non altri progetti venati da prepotenze, o dall’apparire.

Gli “appartenenti” e reduci sbalordiscono.

Per il Signore i lontani (sebbene ancora in bilico nelle scelte) sono pienamente partecipi del banchetto messianico - senza preclusioni, né discipline dell’arcano o attese snervanti.

Viceversa, quella Mensa urge in favore degli altri che ancora devono essere chiamati, per una sorta di ristabilimento dell’Unità originale.

Insomma, la Redenzione non appartiene alle élites (monarchiche piramidali) preoccupate della stabilità del loro predominio - che sono addirittura i deboli a dover sostenere.

 

[Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395). Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto].

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In che modo il gesto eucaristico ti parla della Rivoluzione della Tenerezza, e della tua Chiamata per Nome attraverso la Chiesa?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Simon, a Pharisee and rich 'notable' of the city, holds a banquet in his house in honour of Jesus. Unexpectedly from the back of the room enters a guest who was neither invited nor expected […] (Pope Benedict)
Simone, fariseo e ricco “notabile” della città, tiene in casa sua un banchetto in onore di Gesù. Inaspettatamente dal fondo della sala entra un’ospite non invitata né prevista […] (Papa Benedetto)
God excludes no one […] God does not let himself be conditioned by our human prejudices (Pope Benedict)
Dio non esclude nessuno […] Dio non si lascia condizionare dai nostri pregiudizi (Papa Benedetto)
Still today Jesus repeats these comforting words to those in pain: "Do not weep". He shows solidarity to each one of us and asks us if we want to be his disciples, to bear witness to his love for anyone who gets into difficulty (Pope Benedict)
Gesù ripete ancor oggi a chi è nel dolore queste parole consolatrici: "Non piangere"! Egli è solidale con ognuno di noi e ci chiede, se vogliamo essere suoi discepoli, di testimoniare il suo amore per chiunque si trova in difficoltà (Papa Benedetto))
Faith: the obeying and cooperating form with the Omnipotence of God revealing himself
Fede: forma dell’obbedire e cooperare con l’Onnipotenza che si svela
Jesus did not come to teach us philosophy but to show us a way, indeed the way that leads to life [Pope Benedict]
Gesù non è venuto a insegnarci una filosofia, ma a mostrarci una via, anzi, la via che conduce alla vita [Papa Benedetto]
The Cross of Jesus is our one true hope! That is why the Church “exalts” the Holy Cross, and why we Christians bless ourselves with the sign of the cross. That is, we don’t exalt crosses, but the glorious Cross of Christ, the sign of God’s immense love, the sign of our salvation and path toward the Resurrection. This is our hope (Pope Francis)
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Papa Francesco)
«Rebuke the wise and he will love you for it. Be open with the wise, he grows wiser still; teach the upright, he will gain yet more» (Prov 9:8ff)
«Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s)
These divisions are seen in the relationships between individuals and groups, and also at the level of larger groups: nations against nations and blocs of opposing countries in a headlong quest for domination [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: nazioni contro nazioni, e blocchi di paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
But the words of Jesus may seem strange. It is strange that Jesus exalts those whom the world generally regards as weak. He says to them, “Blessed are you who seem to be losers, because you are the true winners: the kingdom of heaven is yours!” Spoken by him who is “gentle and humble in heart”, these words present a challenge (Pope John Paul II)
È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore”, queste parole  lanciano una sfida (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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