Giu 12, 2025 Scritto da 

Dov’è il cuore ecclesiale?

(Mt 6,19-23)

 

«Dove è il tuo Tesoro, là sarà il tuo cuore» (v.21). Non è un problema personale o istituzionale abusato, insipido; da facili ironie.

Ignorarlo significa concedergli ulteriore respiro, facendolo crescere a dismisura; rendendolo ancor più fuori tempo e difficile leggerlo - e individuarne le terapie.

Tutto ciò, però, va fatto mettendo fra parentesi le precipitazioni… nello spirito di comprensione più largo. Fermo restando che per cogliersi dentro e attivare differenti risorse, ogni comunità deve attraversare i momenti della verifica più severa.

Anche per chiese denominazionali di ampia e prestigiosa tradizione, la coscienza di essere oggi perdenti sotto questo aspetto è indispensabile per ritrovarsi. Superando l’incaglio ‘in avanti’, “in uscita”.

 

 

Leggiamo nell’Enciclica «Spe Salvi» n.2 [«La Fede è Speranza»]:

 

«Speranza è una parola centrale della fede biblica – al punto che in diversi passi le parole “fede” e “speranza” sembrano interscambiabili […]

Quanto sia stato determinante per la consapevolezza dei primi cristiani l'aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta anche là dove viene messa a confronto l'esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre religioni […]

I loro dèi si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli dèi, essi erano “senza Dio” e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro. “In nihil ab nihilo quam cito recidimus” (Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo) dice un epitaffio di quell'epoca […]

Compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto.

Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una “buona notizia” – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti.

Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo “informativo”, ma “performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita.

La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova».

 

Nella forma della Relazione, tutto apre la vita intensa - che integra e valica l’amor proprio, la sete di dominio.

Ciò libera dal “vecchio”, ossia chiude un ciclo di percorsi già messi a punto - per farci tornare come neonati.

La Speranza che ha peso smantella l’inessenziale; espelle il rumore dei pensieri che non sono più in sintonia con la nostra crescita, e introduce energie sognanti, una ricchezza di possibilità.

Ci saranno resistenze iniziali, ma lo sviluppo si predispone.

La Speranza sacrifica le zavorre e ci attiva secondo il ‘divino interiore’. Spalanca le porte a una nuova fase, più luminosa; corrispondente.

 

I tesori della terra rapidamente accecano; allo stesso modo passano: d’improvviso. L’età della crisi globale ce lo sbatte in faccia.

Eppure, è un dolore necessario.

Capiamo: i nuovi percorsi non sono tracciati dai beni, né da memorie devote, ma dal Vuoto che fa da intercapedine a facilonerie comuni, scontate, rassicuranti.

La religiosità buona per tutte le stagioni cede il passo alla vita inedita di Fede.

Qui si colloca l’Arte del discernimento e della pastorale: dovrebbe saper introdurre nuove energie competitive, difformi - cosmiche e personali - che preparano sintesi inedite, aperte, gratuite.

Lo sappiamo, eppure in alcune cerchie prestigiose e già straricche, la bramosia di possedere sotto parvenza di necessità non consente di vedere chiaro.

Capita anche a dei consacrati di lungo corso - non si capisce perché tale avida, sommaria doppiezza.

 

Vogliamo ancora emergere, sollevando altre confusioni? In fondo siamo scontenti delle nostre scelte mediocri.

All’inizio della Vocazione sentivamo la necessità d’una Relazione che infondesse Senso e un Centro alla ferialità…

Poi abbiamo deviato, forse per insoddisfazione o motivi di calcolo e comodo - poi l’ottundimento degli occhi malati di rapina ha prevalso. Prima qua e là, via via occupando l’anima.

Anche in alcuni dirigenti e ambiti di spicco ecclesiale, la base dell’esistenza è diventato il volume d’affari in cordata [gangs intriganti, direbbe Papa Francesco].

In molteplici realtà, la scena vanitosa, il sacchetto del commercio, l’ebbrezza del salire sul tabellone, hanno soppiantato i cuori veri - e gli occhi stessi.

Come dire: c’è un’altra esperienza del “divino”, dozzinale: fra un Salmo e l’altro, meglio dell’Amore diventa il sentirsi potente, sicuro, celebre, rispettato attorno.

[Dio e l’accumulo danno ordini diversi? Non c’è problema: facciamo intendere che lo si fa per la “sua” Gloria].

E bando al bene comune.

Non pochi si stanno accorgendo che il far di conto è lo sport più frequentato in diverse aziende multimpianti, fantasticamente imbellettate di eventi e iniziative (a copertura di quel che ‘vale’ sul serio).

E cartina al tornasole è proprio quello scrutare meschino (vv.22-23) che dietro fitte quinte, trattiene, giudica persino, e si tiene a distanza dagli altri.

Tal guisa, con lo sguardo che chiude l’orizzonte dell’esistenza: conta l’immediatamente a portata di mano, e di circostanza.

 

Un credere in apparenza sovrabbondante - guarda caso senza il rilievo della Speranza - ci sta condannando al peggiore tasso di denatalità mondiale.

Il panorama dei nostri devotissimi paesini e cittadine vuoti è sconfortante.

Ma ci si bea del proprio loculo, e della piccina o grandiosa situazione.

L’importante è che tutto sia epidermicamente adornato.

Sotto il campanile particolare che dà il ritmo alle solite cose, molta gente trattiene il “suo” troppo per sé. Accontentandosi di sacralizzare egoismi con grandiosi proclami, o più modestamente, con l’esibizione di belle statue, usi, stendardi, costumi variopinti e manierismi.

Invece, secondo i Vangeli, nei tentativi e nei percorsi di Fede che non si accontentano d’una spiritualità vuota, la vita diventa luminosa d’Amore creativo che rifiorisce, e mette tutti a proprio agio.

Anche il vecchio potrà riemergere in questo nuovo spirito, stavolta perenne. Perché ci sono altre Altezze. Perché ciò che rende intimi a Dio non è nulla di esterno.

L’autentica Chiesa suscitata da ‘visioni’ limpide - senza cartapesta e doppiezze - rivela sempre qualcosa di portentoso: la fecondità dalla nullità, la vita dall’effusione di essa, la nascita dall’apparente sterilità.

Un fiume di sintonie impensate riallaccerà la lettura degli accadimenti e l’azione dei credenti all’opera dello Spirito, senza barriere.

Perché quando qualcuno cede il pensiero normalizzato, e si deposita, il nuovo avanza.

La scelta è ormai inesorabile: tra morte e vita; fra bramosia e «tenebra» (v.23), o Felicità.

Il primo passo è ammettere di dover fare un cammino.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Dov’è il tuo Tesoro? Il tuo cuore e il tuo occhio sono semplici?

Hai mai fatto esperienza di lati che altri giudicano inconcludenti (dal punto di vista materiale) e che invece hanno preparato i tuoi nuovi percorsi?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

By willingly accepting death, Jesus carries the cross of all human beings and becomes a source of salvation for the whole of humanity. St Cyril of Jerusalem commented: “The glory of the Cross led those who were blind through ignorance into light, loosed all who were held fast by sin and brought redemption to the whole world of mankind” (Catechesis Illuminandorum XIII, 1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Pope Benedict]
Accettando volontariamente la morte, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità. San Cirillo di Gerusalemme commenta: «La croce vittoriosa ha illuminato chi era accecato dall’ignoranza, ha liberato chi era prigioniero del peccato, ha portato la redenzione all’intera umanità» (Catechesis Illuminandorum XIII,1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Papa Benedetto]
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
In the New Testament, it is Christ who constitutes the full manifestation of God's light [Pope Benedict]
Nel Nuovo Testamento è Cristo a costituire la piena manifestazione della luce di Dio [Papa Benedetto]
Today’s Gospel reminds us that faith in the Lord and in his Word does not open a way for us where everything is easy and calm; it does not rescue us from life’s storms. Faith gives us the assurance of a Presence (Pope Francis)
Il Vangelo di oggi ci ricorda che la fede nel Signore e nella sua parola non ci apre un cammino dove tutto è facile e tranquillo; non ci sottrae alle tempeste della vita. La fede ci dà la sicurezza di una Presenza (Papa Francesco)
Dear friends, “in the Eucharist Jesus also makes us witnesses of God’s compassion towards all our brothers and sisters. The Eucharistic mystery thus gives rise to a service of charity towards neighbour” (Post-Synodal Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis, 88) [Pope Benedict]
Cari amici, “nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88) [Papa Benedetto]
The fool in the Bible, the one who does not want to learn from the experience of visible things, that nothing lasts for ever but that all things pass away, youth and physical strength, amenities and important roles. Making one's life depend on such an ephemeral reality is therefore foolishness (Pope Benedict)
L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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