(Gv 14,27-31)
I popoli semiti si auguravano la Pace nei loro incontri e commiati. Il tradizionale augurio di pace era anche greco.
Tuttavia nel Vangelo detto cenno, auspicio, o congedo, viene assunto e reinterpretato in ordine all’imperativo dell’Annuncio apostolico.
Lo Shalôm di Cristo è una sorta di emancipazione dalle umiliazioni della religione, e dai rifiuti subiti nel ministero terreno.
Diventa una parola distintiva, che designa la proprietà della Presenza divina messianica, fuori e dentro di noi.
Emblema epifanico, trasmette a ciascuno la felicità personale, riservata, del favore divino, per la crescita di tutti.
Non un premio meritato per le fatiche, né un presagio, bensì un Dono personale; non condizionante.
Proposta gratuita, dell’adesso, che si fa eccedente nel cammino. Passaggio cosmico e acutamente intimo.
Pienezza di essere e totalità senza confini, di Vita, che ci segna - ma nel senso di superamento delle aspettative.
La prosperità mondana e religiosa [in senso antico] si somigliano: opulenza che non nasce dalla Fede-amore.
Sembra una ricompensa per i servizi prestati, ovvero un ricatto per quelli attesi. Una potenza funesta.
Una sorta di beatitudine a mercimonio e sotto “giusto proposito”.
Dai lineamenti ambigui a tutti i livelli di relazione: con Dio, la comunità, il Tu e persino l’io.
Non è confronto ri-creativo con la Croce, che balza su.
Il «Vado e Vengo da voi» (v.28) è una endiadi semitica: due affermazioni unite, che si riferiscono al medesimo accadimento [generativo, vitale] di morte e vita completa, il quale crea una nuova situazione.
L’espressione-evento non è tale da farsi soggetta a condizioni.
Termina l’arco del ministero terreno del Signore; si accende un’Alleanza.
Tempo della Parola e dell’azione diffuse, con risultati complessivi di nuovi padri e madri, nuova Creazione.
Insomma, la Pace di Gesù non è uno stato, bensì un rapporto.
Piena attuazione dell’umano - condizione non più equilibrista, secondo convenzioni.
Piuttosto, adempimento ricalibrato sulla misura del Cristo in Persona, nell’Ora della Nascita.
Sulla bocca di Gesù, «Shalôm» [eccellenza e superamento delle benedizioni antiche] assume i lineamenti del significato proprio, messianico.
Presenza di ‘unzione’. Discrimine dei Vangeli e Annuncio essenziale (cf. Lc 10,5).
Ampiezza di ben-essere: senza questo prezioso codice di lettura la Parola del Signore resta incomprensibile, e la Missione cui siamo inviati diventa preda di ossessioni, le più sciatte, inautentiche.
Nei territori dell’impero la Pax Romana aveva tratti trionfalistici - era sinonimo di violenza, competizione, repressione di ribelli.
Come tregua armata, si faceva garante d’una economia prospera, ma assicurata nella sua dimensione sociale solo dalle disuguaglianze, in specie da una vasta base di schiavi.
La Pace che Gesù introduce non è un augurio qualunque, di migliorie normali attese; piuttosto, la trasmissione della sua stessa Persona.
Tale propensione, vicenda e Amicizia senza prezzo ci stimola a un riordinamento, riconfigurazione, riorganizzazione completa di tutta la vita.
E spesso la butta all’aria, onde speronarne il quietismo di circostanza.
Nel nostro linguaggio, parleremmo forse di Felicità e nuovo ordine e assetto pubblico.
Essendo il desiderio segreto di ciascuno, nessuna difficoltà potrà spegnerne la promessa e potenza di realizzazione (v.30).
Shalôm è pienezza di esistenza salvata, “successo” nel nostro cammino di fioritura attraverso mille imprese.
Shalôm è perfezione e gioia completa, compimento dei desideri.
Vittoria del Patto fra Dio e il popolo. Sintonia e comunione senza fine tra impulso innato della nostra essenza particolare e compimento delle speranze.
Successo dell’Alleanza fra spinta dell’anima e conquiste evolutive sperimentate nella vita reale.
Shalôm [attuazione piena dell’umanità che ritrova se stessa] indica totalità vitale e compiuta di ogni aspirazione.
Qualità di rapporti nuovi che ne scaturiscono: il bene supremo d’una Presenza in atto. Affidata a noi.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
La tua Pace è solco, cammino inconfondibile, eco di Cristo, o fiducia vuota - un’esenzione dalla lotta?
E la tua testimonianza per stabilire Dio sulla terra in cos’è concorrenziale, provocatoria, rinnovata, vivente?
Pace e Segni. Cittadelle e ideologia di potere
(Lc 19,41-44)
Ci piace essere sulla scia della moda o dell’opportunismo, ma respingere la Chiamata del Signore è grande responsabilità.
Bisogna riconoscere la Sua Visita, in Presenza, nell’ispirazione che emerge.
E scrutare i segni, cogliere i momenti di grazia invece di chiudersi ostilmente; non voltare le spalle.
Tutto questo cambia la vita in radice - guida al cuore della storia.
Gesù vuole espugnare le porte chiuse di ogni cittadella; anzitutto dell’osso più duro: Gerusalemme, la città santa.
Il territorio “eterno” è meno capace di accogliere le proposte del Signore - anche quelle sbandierate agli altri ma vissute in proprio con comportamenti qua e là aberranti (che costringono a ripetuti appelli).
Lì, gli estremisti del tornaconto antico o supermoderno restano tutti protesi a presidiare e coprire interessi, privilegi, abitudini, comodità.
Situazione che trascina i problemi stessi - i quali via via diventano cronici.
Non di rado i responsabili astuti rimangono seduti e chiusi nella difesa del mondo che vede solo se stesso, nella perfetta cupidità di ogni cosa vana.
Altro che fermento di conversione, motore della società, germe di vita nuova!
Risultato: la Verità tanto sbandierata rimane spesso ostaggio delle ingiustizie più bieche, che nel quotidiano consumano allegramente i peggiori tradimenti.
Anche Gesù si accorgeva della medesima situazione, immarcescibile, la quale produceva degrado e disumanizzazione.
Talora infatti ricerca del divino e tensione umana sono rese vane, a causa di un mondo ufficiale esclusivo, snob o settario - quello del sacro - che sembra sotto il segno di tutt’altra ‘divinità’.
Da parte dei “direttori”, la scelta di una ideologia di potere pasce d’illusioni.
Guida al proselitismo duro, ma conduce al disastro l’intero popolo - vessato, disprezzato, emarginato.
Offuscando lo sguardo, ciò non consente di liberarsi degli idoli più insidiosi che deturpano l’esistenza e la mente.
In tal guisa, l’ottica dirigista, superficiale e violenta, confonde e travia il cammino verso lo Shalôm.
Impossibile rendersi conto della Visita di Dio, nella città perenne della religiosità antica o dell’ideologia élitaria, disincarnata.
Un tempo, ecco trincee, uccisioni e distruzione delle mura e delle case da parte di Nabucodonosor; poi quella romana del 70, cui allude più direttamente il testo.
Ma la previsione lugubre si estende, e forse l’immagine del mucchio di rovine ci riguarda. Fondo storico, meditazione ecclesiale e pastorale.
Non di rado l’autorità competente ha continuato purtroppo a condannare Gesù-Pace come un malfattore da espellere.
Ma in filigrana il Cristo oggi si staglia nella posizione di Re, che a malincuore pronuncia una sentenza definitiva.
Forse lo fa persino sui suoi intimi, quando si lasciano andare al compromesso, al degrado ideale, alla corruzione venale [all’adorazione degli idoli].
Dove la salvezza è preparata, offerta e riproposta in modo così intenso ma invano, il rifiuto diventa più doloroso - così per noi e per questo Figlio appassionato, commovente, quasi affranto.
Eppure il ceto degli eletti ed esclusivisti sceglie ugualmente di cadere e rovinare, in tal guisa autodistruggendo la propria gente.
Ricevendo in cambio solo il becchime mondano d’un titolo da appuntarsi.
E nello stesso ‘spirito di permanenza’, rigettando il Messia servitore.
Misconoscendo anche nel tempo l’opera di Bene dei suoi testimoni autentici.
Pertanto, la Città delle città - il grande centro religioso - continuerà a perdere il suo speciale carattere di segno salvatore.
Ci sarà un compimento comunque, ma l’anticipazione si realizza ora.
Dunque: siamo col Redentore [resistenza all’oppressione e attività profetica senza acquiescenze] o con Gerusalemme [deviazioni coperte da docilità, amicizia del sovrano, notorietà, premi in denaro]?
Anche oggi è tempo di Visita del Maestro, che bussa e chiede il permesso di entrare, per aprire i sigilli dei grandi interrogativi della storia e della vita.
Il monito è globale, comunitario, e personale; di nuovo con lacrime di padre, di madre e di figlio.
Appello tuttora in fieri - per l’attuale tendenza culturale al nulla, alla resa e all’effimero.
L’enciclica Fratelli Tutti denuncia appunto il regresso di un mondo stravagante che - con un senso del “qui e ora” rattrappito - sembra aver imparato poco dalle tragedie del Novecento, sino a riaccendere conflitti anacronistici (nn.11.13).
Il Padre ha riservato alla Chiesa un Regno alternativo, e dove essa cerca di occupare il posto di altri, finisce solo per vivere di elemosine da rotocalco, e far stare i suoi figli più stretti.
Meglio non rovinare l’amore. Il farsi valere è maschera di nanerottoli, non virtù dei forti - né di famigliari.
Ma accorgendoci anche dei luoghi di rottura, e recuperando il passo sociale, è con nuovo acume evangelico che potremo rendere il Dio-per-tutti davvero operante e vivo, invece che affranto su di noi.
Ciò con migliore profitto a partire dal suo Popolo: dall’anima delle sue Fraternità di silenziosi agnelli, impegnati non a gestire posizioni, bensì nell’artigianato sine glossa della vita reale.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Cosa ritieni sia nascosto ai tuoi occhi, ma precedentemente annunziato - e che piange amaro?
Con quale orientamento sei disposto a vivere nell’«artigianato della Pace», anche famigliare o sociale, mettendo da parte le inimicizie e l’effimero [cf. FT nn. 57. 100. 127. 176. 192. 197. 216-217. 225-236. 240-243. 254-262. 271-272. 278-285]?
Pace, nella Verità
11. Dinanzi ai rischi che l'umanità vive in questa nostra epoca, è compito di tutti i cattolici intensificare, in ogni parte del mondo, l'annuncio e la testimonianza del « Vangelo della pace », proclamando che il riconoscimento della piena verità di Dio è condizione previa e indispensabile per il consolidamento della verità della pace. Dio è Amore che salva, Padre amorevole che desidera vedere i suoi figli riconoscersi tra loro come fratelli, responsabilmente protesi a mettere i differenti talenti a servizio del bene comune della famiglia umana. Dio è inesauribile sorgente della speranza che dà senso alla vita personale e collettiva. Dio, solo Dio, rende efficace ogni opera di bene e di pace. La storia ha ampiamente dimostrato che fare guerra a Dio per estirparlo dal cuore degli uomini porta l'umanità, impaurita e impoverita, verso scelte che non hanno futuro. Ciò deve spronare i credenti in Cristo a farsi testimoni convincenti del Dio che è inseparabilmente verità e amore, mettendosi al servizio della pace, in un'ampia collaborazione ecumenica e con le altre religioni, come pure con tutti gli uomini di buona volontà.
[Papa Benedetto, Messaggio per la XXXIX Giornata Mondiale per la Pace, 2006]