Mar 28, 2024 Scritto da 

Una Pasqua per tutti!

In questi giorni avrete sicuramente sentito una montagna di parole spirituali e laiche con immagini e pensieri originali per augurarsi buona Pasqua. Oggi vorrei concentrarmi su un pensiero che tutti possiamo capire, perché tutti siamo stati bambini e conserviamo ricordi che suscitano la curiosità dell’invisibile. Vorrei soprattutto augurare buona Pasqua a chi non mette mai piede in chiesa. Racconto come ho capito il segreto della Pasqua partendo dalla sofferenza di quando ero bambino. L’ho capito grazie a dialoghi frequenti con un mandorlo che riempiva la mia inconsapevole e provvidenziale sete d’amore. Ho scoperto poi divenuto adulto che il mandorlo può essere per tutti il segreto per risorgere e sperare. L’ho scoperto nella Bibbia all’inizio del libro del profeta Geremia (cap. 1, 11-12). Dio chiede a Geremia: “Cosa vedi?” E il profeta risponde: “Vedo un ramo di mandorlo”. Mandorlo in ebraico si dice shaqued, che significa il vigilante. Così Dio risponde giocando sull’ambivalenza della parola: “Hai detto bene: io infatti vigilo (shaqued) sulla mia Parola per realizzarla”. E forse per questo il mandorlo in fiore infiora tante immagini di Cristo risorto.

Una Pasqua per tutti

Quando sento o leggo il proverbio popolare: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” ripenso agli anni della mia infanzia. Mi torna in mente la nostalgica tristezza che la festa di Pasqua suscitava in me e anche oggi ponderando il tempo che scorre. E so bene che si rischia di perdere l’essenziale, se ci si lascia inglobare dalla frenesia del presente con i suoi mille eventi e provocazioni. Dobbiamo custodire la memoria del passato per comprendere come affrontare l’oggi, attimo dopo attimo. Già dall’infanzia avevo voglia di capire come vivere la differenza tra Natale e Pasqua perché per me erano veramente due feste molto diverse. Perché? Ovviamente mi riferisco al mio Natale e alla mia Pasqua. Mi spiego meglio: mia mamma fu per lunghi anni in sanatorio, per cui io con mio fratello eravamo stati sistemati in un collegio enorme con ventiquattro grossi cameroni dove dormivano le singole classi: in tutto eravamo 500 bambini tra maschietti e femminucce. A scuola mi era capitata compagna di banco Loredana che io chiamavo Lory, piccola coetanea con cui mi trovavo molto bene. Fuori della classe però vivevamo sempre separati, i maschietti dalle femminucce, e non ci si poteva vedere o parlare per nessun motivo. Questa regola era ferrea e valeva anche per la domenica e le feste, compreso Natale e Pasqua. E ciò mi rendeva ancor più difficile la Pasqua. Ma perché - vi potete chiedere - ti costava così tanto? Ebbene una differenza tra Natale e Pasqua c’era, e come! A Natale, anche se non si poteva andare in famiglia, almeno mi pervenivano le mitiche “golia liquirizia”, spedite dalla mia mamma malata in sanatorio e mi bastava per vivere sereno il Natale il pensiero che qualcuno mi pensava. In quelle poche “mentucce”, che mi arrivavano chiuse in una busta e spedite per posta, c’era lei: una mamma, la mia. Attendevo già da ottobre Natale: con ansia e speranza, certo di poter gustare le caramelle che avevano ognuna il calore e l’amore di una mamma lontana e per di più malata.

 Questo era il mio Natale, e la Pasqua? Primariamente, mancava il miracolo delle “mentucce” e i giorni passavano tutti uguali. Nonostante tutto incominciai a lasciarmi catturare da un’idea, un sogno o forse un dono del cielo. Nel vasto giardino sul quale si aprivano le finestre del camerone dove dormivo tra tanti alberi c’era un bellissimo mandorlo che in coincidenza con le vacanze di primavera combacianti con il periodo pasquale, era già tutto fiorito anche se non emanava un grande profumo, o almeno io non lo sentivo. Nella fantasia di fanciullo che amava leggere e raccontare le favole, quel mandorlo mi sembrava vivo e di sentirlo parlare. D’autunno e in inverno quando si spogliava e addirittura pareva morire mi diceva che la morte fa parte della vita, ma aggiungeva che, quando tutto sembra morire, non è così perché a primavera tutto riprende a vivere. Dato che il tempo di Pasqua coincide con la primavera tra marzo ed aprile, il mandorlo da spoglio e ritto verso il cielo in inverno, apriva i rami quasi per abbracciare la primavera, e raggiungeva il culmine della sua bellezza quando sfoggiava i fiori dai cinque petali, con tonalità delicate rosa e bianco candido. Quel mandorlo sembrava dirmi che, quando tutto sembra finito, tutto riprende e si sveglia dal sonno invernale. Seguivo il nascere delle nuove gemme e il crescere dei giovani germogli, osservando che con il passare dei giorni i fiori cominciavano ad appassirsi. Era diventata per me una necessità ogni giorno esplorare, o se volete, consultare il mandorlo e così mi accorgevo che con il rapido fuggire dei mesi si formavano delle verdi mandorle che poi diventavano secche e appetibili: molte cadevano per terra. Ne mettevo da parte qualcuna per la mamma e poi trovavo il modo di spedirle. Non so se le siano mai arrivate, ma a questo ricordo collego la piccola gioia della mia Pasqua che allora conoscevo assai poco, salvo il racconto della morte e risurrezione di Gesù, molto dispiaciuto che degli uomini cattivi l’avessero ucciso sulla croce, anche se dopo - ci assicurava la suora catechista - è risorto. Dunque, Pasqua, senza troppo capire, divenne in me la speranza/sogno d’un futuro migliore e la mia mente di fanciullo andava subito all’inverno del mio amico mandorlo e alla sua primavera che corrispondeva proprio con il tempo in cui Gesù doveva risorgere. E a Pasqua mi caricavo di coraggio. Quel mandorlo, che avevo scelto di chiamare “gioia mia”, mi dava anche un altro insegnamento: mi regalava le mandorle e subito dopo cominciava a perdere le foglie e si preparava a morire. Non ci crederete ma è stato proprio lui a farmi capire che noi siamo fatti per dare agli altri quello che abbiamo di più prezioso: la nostra vita e il nostro amore gratuitamente a tutti, specialmente a chi soffre come lo era mia mamma. E mi dicevo che le mandorle spedite alla mamma me le aveva date gratuitamente proprio il mandorlo. E ho capito crescendo che la natura è maestra di vita se la rispettiamo e l’ascoltiamo. 

“Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”. E così molti profittano per scappare sui monti a sciare oppure vanno a gustare il primo sole sulle spiagge mentre altri girano il mondo per conoscerlo e divertirsi. Perché non profittare di trascorrere i giorni di Pasqua anche per far visita a qualcuno che vive lontano e con il quale da tempo non parli più? Quando fai il turista, diventa pure un po’ pellegrino: fermati a scoprire ciò che t’arricchisce di speranza. Ad esempio, se vai in montagna sosta per ammirare il fascino di paesaggi silenziosi e pacificanti. Parla con le vette, con gli alberi, con gli uccelli e persino con i fiori. Se tu vuoi vivere questi giorni con spirito di ricarica delle pile del cervello affaticato dalla vita frenetica d’ogni giorno, la natura con tutti i suoi pregi e richiami è al tuo servizio. Prenditi un po’ di tempo, consacralo al tuo cuore e vattene soletto o soletta a camminare sulla spiaggia lungo fiumi, mari e oceani oppure inerpicati con calma su per le montagne attraverso sentieri che già vivono il calore magico del risveglio prodigioso della primavera. Cammina e rifletti, pensa e a tuo modo prega: parla con le piante e i fiori, con i pesci o gli uccelli, con il tuo spirito stanco e con il tuo Dio, perché certamente uno ce l’hai, anche se non lo conosci.  Falla divenire una Pasqua di primavera e un’esperienza di confronto con la vita che ti parla attraverso tutto ciò che tu ammiri e lasciati sorprendere dall’inedito e dall’imprevisto. Fermati a contemplare tutto senza correre, perché nel più piccolo fiore di montagna, come nei granelli della sabbia che calpesti a bordo mare, nel più modesto attimo di pace il tuo cuore ti parla d’Infinito e solo se t’innamori dell’Infinito scoprirai il senso e il valore dell’amore che è gratis come gratis si offrono a te quei fiori e quella sabbia che vivono da millenni per te eppure non ti appartengono. Pensa e rifletti: infondo anche la vita è tua ma non ti appartiene. Lasciati innamorare da un’esperienza pasquale che passa attraverso l’incontro con la natura e la storia, l’arte e la geografia del mondo turistico e quello più povero dove vive gente che per secoli è stata sfruttata e forse continua a esserlo ancora. Impara a lasciarti parlare dall’intero creato con tutte le sue ricchezze e povertà, le sue bellezze e gli obbrobri che spesso l’uomo ha arrecato e sono certo, perché l’ho sperimentato, che finirai per commuoverti mentre cogli piccoli fiori del sotto-bosco della montagna, o visiti villaggi della foresta africana dove chi ci abita da secoli t’apre la casa di paglia e ti ospita come un re. Insomma, fa’ Pasqua, festeggiando la bellezza della natura che a Primavera ti parla già d’infinito. Che sia Pasqua con chi vuoi, ma quando torni a casa porta con te qualche esotico souvenir da paesi di turismo assodato, oppure un oggetto che parli delle terre dove la natura è ancora maestra e madre della vita, qualcosa che richiami il sapore del mare o l’odore della montagna. Soprattutto, stampa nel cuore i volti che ti hanno sorriso e la gente che ti ha trasmesso ogni utile insegnamento di vita. Annota lo scrittore francese Georges Bernanos, “le piccole cose hanno l’aria di nulla, ma danno pace”. Far Pasqua insomma è soprattutto ristabilire rapporti con chi da tempo non vedi e forse non ami; decidi di finire la guerra tra cuori: è questo il vero miracolo di Pasqua, dono e messaggio di pace che insegna a scoprire il valore d’ogni realtà che ci capita, sia bella che triste e tenebrosa. Se a Natale erano le poche caramelline di liquirizia di mia madre a farmi felice, a Pasqua era il pensiero delle mandorle dell’albero, che chiamavo amico, a insegnarmi che tutto passa e sono le piccole cose a guidarci verso gli alti ideali e le grandi conquiste del cuore o le funeste sconfitte della vita. Scrive Fëdor Dostoevskij “le piccole cose hanno la loro importanza: è sempre per le piccole cose che si perde”.

+Giovanni

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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