Gen 7, 2025 Scritto da 

Giornata di Cafarnao

1. “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1Cor 9,16).

Queste parole ha scritto san Paolo apostolo nella prima lettera ai Corinzi.

Queste parole riecheggiano fortemente in diverse epoche, tra le diverse generazioni della Chiesa.

Nei nostri tempi si sono fatte sentire, in modo particolarmente forte, durante il Sinodo dei Vescovi nel 1974 sul tema della evangelizzazione. Il tema è sorto dal vasto substrato dell’insegnamento del Concilio Vaticano II e dal ricco terreno dell’esperienza della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il frutto dei lavori di quel Sinodo fu trasmesso dai Vescovi partecipanti a Papa Paolo VI, ed ha trovato la sua espressione nella splendida esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi.

“Guai a me se non predicassi il Vangelo”, dice san Paolo. Ed aggiunge:
“Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere”(1Cor 9,15)... compio soltanto i doveri del ministro!

E quindi: non per un vanto, ma anche non per ricompensa!

Anzi, la ricompensa è il fatto stesso di poter predicare il Vangelo senza alcuna ricompensa.

E poi scrive: “Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti” (1Cor 9,19).

Sarebbe difficile trovare parole, che potrebbero dire di più: predicare il Vangelo vuol dire diventare “servo di tutti per guadagnarne il maggior numero” (1Cor 9,19). E sviluppando la stessa idea aggiunge:. “Mi sono fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro” (1Cor 9,22-23).

Il tema che siamo invitati a meditare in occasione dell’odierno incontro è dunque l’evangelizzazione.

2. L’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI ricorda che il primo evangelizzatore è Cristo stesso.

Guardiamo alla luce dell’odierna pericope liturgica come si presenta un giorno (e una notte) dell’attività evangelizzatrice di Cristo.

Ci troviamo a Cafarnao.

Cristo esce dalla Sinagoga e, insieme con Giacomo e Giovanni, si reca alla casa di Simone e Andrea. Lì guarisce la suocera di Simone (Pietro), di modo che quella può subito alzarsi e servirli.

Dopo il tramonto del sole, vengono portati a Cristo “tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta” (Mc 1,32-33). Gesù non parla, ma compie la guarigione: “Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni”. Contemporaneamente, una significativa osservazione: “non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano” (Mc 1,34).

Forse tutto ciò si protrasse fino a tarda sera.

Di buon mattino Gesù è già in preghiera.

Viene Simone con i suoi compagni, per dirgli: “Tutti ti cercano” (Mc 1,37).

Ma Gesù risponde: “Andiamocene altrove per i villaggi vicini perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto” (Mc 1,38).

Leggiamo in seguito: “E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni” (Mc 1,39).

3. In sintesi, in base a quella giornata, trascorsa a Cafarnao, si può affermare che l’evangelizzazione condotta da Cristo stesso consiste nell’insegnamento sul regno di Dio e nel servizio ai sofferenti.

Gesù ha compiuto dei segni, e tutti questi si componevano nell’insieme di un Segno. In questo Segno i figli e le figlie del popolo, che avevano conosciuto l’immagine del Messia, descritto dai profeti e soprattutto da Isaia, possono scoprire senza difficoltà che “il regno di Dio è vicino”: ecco colui che “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4).

Gesù non soltanto predica il Vangelo come hanno fatto tutti dopo di lui, ad esempio il meraviglioso Paolo, le cui parole abbiamo meditato poco fa. Gesù è il Vangelo!

Un grande capitolo nel suo servizio messianico è indirizzato a tutte le categorie della sofferenza umana: spirituali e fisiche.

Non senza motivo leggiamo oggi anche un brano del libro di Giobbe, che illustra la dimensione della sofferenza umana:
“Se mi corico dico: Quando mi alzerò? / Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all’alba” (Gb 7,4).

Sappiamo che Giobbe, passando per l’abisso della sofferenza, ha raggiunto la speranza del Messia.

Di questo Messia parla il salmista nelle parole della liturgia odierna:
“Il Signore ricostruisce Gerusalemme, / raduna i dispersi di Israele. / Risana i cuori affranti / e fascia le loro ferite... / Il Signore sostiene gli umili / ma abbassa fino a terra gli empi” (Sal 147 [146],2.3.6).

Questo è proprio il Cristo.

E questo è proprio il Vangelo.

Paolo di Tarso, che è stato uno dei più grandi annunciatori del Vangelo e ne conosce la storia, è pienamente consapevole che egli ne partecipa: “Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe” (1Cor 9,23).

[Papa Giovanni Paolo II, omelia 7 febbraio 1982]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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The ability to be amazed at things around us promotes religious experience and makes the encounter with the Lord more fruitful. On the contrary, the inability to marvel makes us indifferent and widens the gap between the journey of faith and daily life (Pope Francis)
La capacità di stupirsi delle cose che ci circondano favorisce l’esperienza religiosa e rende fecondo l’incontro con il Signore. Al contrario, l’incapacità di stupirci rende indifferenti e allarga le distanze tra il cammino di fede e la vita di ogni giorno (Papa Francesco)
And quite often we too, beaten by the trials of life, have cried out to the Lord: “Why do you remain silent and do nothing for me?”. Especially when it seems we are sinking, because love or the project in which we had laid great hopes disappears (Pope Francis)
E tante volte anche noi, assaliti dalle prove della vita, abbiamo gridato al Signore: “Perché resti in silenzio e non fai nulla per me?”. Soprattutto quando ci sembra di affondare, perché l’amore o il progetto nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce (Papa Francesco)
The Kingdom of God grows here on earth, in the history of humanity, by virtue of an initial sowing, that is, of a foundation, which comes from God, and of a mysterious work of God himself, which continues to cultivate the Church down the centuries. The scythe of sacrifice is also present in God's action with regard to the Kingdom: the development of the Kingdom cannot be achieved without suffering (John Paul II)
Il Regno di Dio cresce qui sulla terra, nella storia dell’umanità, in virtù di una semina iniziale, cioè di una fondazione, che viene da Dio, e di un misterioso operare di Dio stesso, che continua a coltivare la Chiesa lungo i secoli. Nell’azione di Dio in ordine al Regno è presente anche la falce del sacrificio: lo sviluppo del Regno non si realizza senza sofferenza (Giovanni Paolo II)
For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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