1. Cristo insegnava in parabole, che erano comprensibili per i suoi ascoltatori. Il loro contenuto poteva essere facilmente assimilato dall’immaginazione. Nello stesso tempo, il loro messaggio apriva l’animo di chi le ascoltava a un’altra realtà: il regno dei cieli. La realtà divina, soprannaturale. L’uomo è chiamato a questa realtà. È chiamato al regno di Dio, che inizia qui in terra, ma che troverà la sua realizzazione definitiva nell’eterna città di Dio, nel cielo. Il regno di Dio costituisce pure il futuro escatologico dell’uomo. Di esso Cristo è il testimone oculare: egli è sul trono del Padre, come Figlio consostanziale ed eterno.
Nella parabola delle dieci vergini, che abbiamo ascoltato, Gesù concentra la sua attenzione soprattutto sull’uomo invitato al banchetto celeste, chiamato a partecipare al futuro divino.
2. La parabola delle dieci vergini non cessa di essere attuale. Certamente oggi le tradizioni legate alla celebrazione del matrimonio hanno assunto forme esterne diverse. Tuttavia la parabola è sempre attuale. Si può dire che quanto in essa è raccontato accade anche ai nostri giorni. Accade qui a Napoli; accade nella città e in ognuno dei suoi quartieri; accade in ogni parrocchia, in ogni famiglia, in ogni uomo.
Di quali nozze si tratta? Chi è lo sposo a cui siamo chiamati ad andare incontro? La parabola ci permette di avvicinarci al mistero di Dio, espresso con l’immagine delle nozze. Si tratta delle nozze di Cristo: Egli è lo Sposo. È Sposo anzitutto in quanto Verbo incarnato: il Figlio di Dio ha sposato l’umanità, la nostra natura umana, facendosi uomo nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo.
In virtù di queste prime nozze Cristo, Dio-Uomo, sposa tutti gli uomini: poiché per tutti si è fatto Uomo, per redimere e salvare tutti. Cristo è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. La sua Sposa è la Chiesa, che egli ha istituito, perché cooperi con lui nell’opera della salvezza. È in essa che nascono e maturano i figli dell’adozione divina, chiamati a partecipare alla vita di Dio a somiglianza dell’eterno e unigenito Figlio.
6. Carissimi fratelli e sorelle, l’odierna liturgia ci ricorda che tutta la nostra vita è vigile preparazione all’incontro con lo Sposo. “Vegliate e state pronti”!
Qui dobbiamo scendere nell’intimo di ogni uomo. Il Salvatore ce ne mostra la via. In che consiste questo “vegliate” evangelico, in che consiste la disponibilità delle vergini sagge, di cui parla la parabola, se non appunto in ciò che il Salmo proclama? “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua” (Sal 62, 2).
La sensibilità verso Dio; la consapevolezza che egli è presente nel mondo, in questa città, in ciascuno di noi. “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28). Da lui siamo usciti venendo alla luce. E la nostra vita è una via che non può condurre in nessun altro luogo se non a lui.
Siamo consapevoli che questa è la via della nostra vita? Ci siamo forse persi per luoghi scoscesi? O forse cominciamo ora a uscire da questa strada maestra? Siamo, forse, simili a quelle vergini della parabola che si assopirono e dormirono? Esse continuano a dormire e non avvertono la venuta dello sposo. Non c’è il rischio che nemmeno la potente scossa della sua morte e della sua risurrezione possa svegliarle?
Sì. Ammiriamo pure le opere del genio umano, ma i nostri occhi siano ben aperti per riconoscere le opere della divina Sapienza. Le nostre orecchie siano ben aperte per ascoltare la voce dello Sposo. Non lasciamo spegnere le nostre lampade, offuscate da una colluvie di informazioni che conducono verso il nulla. Esse non ci aprono le prospettive divine, anzi ci impediscono di percepire la voce dello Sposo e non ci fanno ascoltare la Chiesa che grida: “Andategli incontro!”.
7. Non possiamo restare nell’ignoranza. Non possiamo nemmeno restare nell’ignoranza circa quelli che muoiono (cf. 1 Ts 4, 13) . . . circa quelli che sono morti nelle vostre famiglie, nelle vostre parrocchie, nella vostra città. Novembre è il mese nel quale si ricordano i morti! Non possiamo restare nell’ignoranza. Non basta un’afflizione senza speranza.
L’umanità sembra oggi sottovalutare il significato della morte. Quando si svaluta il senso della morte, quando si svaluta anche quello della vita umana sin dal primo momento del concepimento, l’uomo cade in un sonno pericoloso. Cerca di assopirsi per non affrontare le responsabilità che gli derivano dalla grandezza della sua vocazione e dalla dignità conferitagli da Dio. Cerca di non percepire la voce dello Sposo! Novembre è il mese dei morti che vivono in Dio.
“Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risorto; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui” (1 Ts 4, 14). Vegliate! Ricordate che viviamo immersi nella Comunione dei santi. Manteniamoci quindi pronti - come le vergini sagge della parabola - ad entrare insieme con Cristo alle nozze del regno di Dio.
La voce della Chiesa ripete: “Ecco lo Sposo, andategli incontro!”. Vegliate, pertanto, e state pronti. Amen!
[Papa Giovanni Paolo II, omelia Napoli 11 novembre 1990]