Gesù Risorto si affiancò ai discepoli di Emmaus che conversavano di Lui su quanto era accaduto in Gerusalemme. Egli li mise alla prova.
Il corpo di Cristo era ormai in una condizione nuova, gloriosa, pur conservando la sua identità. Per riconoscerlo era necessaria la fede e la libertà dei figli di Dio.
Per Francesco la povertà e la libertà di spirito unite alla fede erano l’ossatura fondamentale della sua parabola esistenziale di «minore».
Chiedere l’elemosina, ad esempio, anche nel tempo di Pasqua, vivendo la condizione di viandante in cammino, era per lui esercizio mirabile dei valori anzidetti.
Sfogliando le Fonti, nella Leggenda maggiore, si legge:
"Una volta, nel giorno santo di Pasqua, siccome si trovava in un romitorio molto lontano dall’abitato e non c’era possibilità di andare a mendicare, memore di Colui che in quello stesso giorno apparve ai discepoli in cammino verso Emmaus, in figura di pellegrino, chiese l’elemosina, come pellegrino e povero, ai suoi stessi frati.
Come l’ebbe ricevuta, li ammaestrò con santi discorsi a celebrare continuamente la Pasqua del Signore, passando per il deserto del mondo in povertà di spirito e come pellegrini e forestieri e come veri Ebrei.
Poiché, nel chiedere le elemosine egli non era spinto dalla brama del guadagno, ma dalla libertà dello Spirito. Dio, padre dei poveri, mostrava per lui una speciale sollecitudine" (FF 1129).
E fu quella libertà interiore insieme alla fede che si trasformarono in porta di riconoscimento del Cristo Risorto allo spezzare del pane, come ad Emmaus.
Francesco aveva occhi tridimensionali, che gli consentivano di andare oltre le apparenze, cogliendo la sostanza del messaggio che aveva dinanzi.
Infatti, nelle Ammonizioni, così si esprime:
«Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile […]
E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato.
E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo il pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero» (FF 144).
Il Poverello aveva acquisito, per grazia, la capacità interiore di decifrare le orme del Signore nell’ordinario dei giorni, con vera concretezza.
«E avvenne che essendosi egli messo a tavola con loro, preso il pane, pronunziò la benedizione e spezzato porgeva loro. Ora, si aprirono i loro occhi e lo riconobbero» (Lc 24,30-31)
Mercoledì fra l’ottava di Pasqua (Lc 24,13-35)