Il Vangelo di questa domenica (Lc 11,1-13) si apre con la scena di Gesù che prega da solo, in disparte; quando finisce, i discepoli gli chiedono: «Signore, insegnaci a pregare» (v. 1); ed Egli risponde: «Quando pregate, dite: “Padre…”» (v. 2). Questa parola è il “segreto” della preghiera di Gesù, è la chiave che Lui stesso ci dà perché possiamo entrare anche noi in quel rapporto di dialogo confidenziale con il Padre che ha accompagnato e sostenuto tutta la sua vita.
All’appellativo “Padre” Gesù associa due richieste: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno» (v. 2). La preghiera di Gesù, e quindi la preghiera cristiana, è prima di tutto un fare posto a Dio, lasciandogli manifestare la sua santità in noi e facendo avanzare il suo regno, a partire dalla possibilità di esercitare la sua signoria d’amore nella nostra vita.
Altre tre richieste completano questa preghiera che Gesù insegna, il “Padre Nostro”. Sono tre domande che esprimono le nostre necessità fondamentali: il pane, il perdono e l’aiuto nelle tentazioni (cfr vv. 3-4). Non si può vivere senza pane, non si può vivere senza perdono e non si può vivere senza l’aiuto di Dio nelle tentazioni. Il pane che Gesù ci fa chiedere è quello necessario, non il superfluo; è il pane dei pellegrini, il giusto, un pane che non si accumula e non si spreca, che non appesantisce la nostra marcia. Il perdono è, prima di tutto, quello che noi stessi riceviamo da Dio: soltanto la consapevolezza di essere peccatori perdonati dall’infinita misericordia divina può renderci capaci di compiere concreti gesti di riconciliazione fraterna. Se una persona non si sente peccatore perdonato, mai potrà fare un gesto di perdono o di riconciliazione. Si comincia dal cuore dove ci si sente peccatore perdonato. L’ultima richiesta, «non abbandonarci alla tentazione», esprime la consapevolezza della nostra condizione, sempre esposta alle insidie del male e della corruzione. Tutti conosciamo cosa è una tentazione!
[Papa Francesco, Angelus 24 luglio 2016]