La riflessione del Papa ha preso spunto dalla prima lettura del giorno, tratta dal libro dell’Esodo (23, 20-23), nella quale «il Signore promette un aiuto molto particolare al suo popolo e a tutti noi che camminiamo sulla strada della vita». Si legge infatti: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e farti entrare nel luogo che ho preparato». E la Chiesa celebra appunto questi «nostri compagni di cammino, i nostri protettori nel cammino: gli angeli, che ci custodiscono e sono proprio con noi, nel cammino». Perché, ha aggiunto Francesco, «è vero: la vita è un cammino, e dobbiamo essere aiutati a camminare bene, perché nel cammino ci sono insidie, ci sono pericoli». Un percorso in cui l’uomo rischia facilmente di perdere le coordinate: «Abbiamo bisogno di una bussola: ma di una bussola umana, o una bussola che assomigli all’umano e che ci aiuti a guardare dove dobbiamo andare».
Innanzitutto l’uomo deve far fronte a un primo pericolo: quello «di non camminare». Infatti, «quanta gente si stabilisce e non cammina, e tutta la vita è ferma, senza muoversi, senza fare niente... È un pericolo». Si tratta, ha spiegato il Pontefice, di situazioni simili a quella descritta nei vangeli, dove si parla dell’uomo «che aveva paura di investire il talento». Dopo averlo sotterrato si ripeteva: «Io sono in pace, sono tranquillo. Non potrò fare uno sbaglio. Così non rischio». Ugualmente accade a tanta gente che «non sa come camminare o ha paura di rischiare e si ferma». Ma, ha detto il Papa, «noi sappiamo che la regola è che chi nella vita è fermo, finisce per corrompersi. Come l’acqua: quando l’acqua è ferma lì, vengono le zanzare, mettono le uova, e tutto si corrompe. Tutto». È proprio in simili circostanze, ha aggiunto, che «l’angelo ci aiuta, ci spinge a camminare».
Ma non è questo l’unico rischio nell’itinerario della vita. «C’è un altro pericolo», che è quello «di sbagliare strada». Anche qui Francesco ha richiamato esperienze comuni a tutte le persone: «Anche noi — diciamo la verità — quante volte abbiamo sbagliato strada, per non ascoltare l’ispirazione del nostro compagno di cammino o i consigli dei fratelli e le sorelle». Di nuovo, l’uomo è confortato da una certezza: «L’angelo è lì per aiutarci a non sbagliare strada. È con noi per questo: perché se tu sbagli strada, all’inizio è facile correggere, ma dopo tanti anni — tanti anni — te ne vai lontano, da un’altra parte rispetto a dove tu dovresti andare».
Continuando la riflessione, il Pontefice ha individuato un ulteriore atteggiamento pericoloso. Infatti, ha detto, «ci sono alcuni che camminano, ma non sulla strada: camminano nella piazza. Fanno la passeggiata della vita nella piazza. E vanno, vanno alla piazza, sempre così. E alcuni sono più creativi: entrano nella piazza, ma dentro la piazza vanno da una parte e dall’altra, come in un labirinto». Ancora una volta un’immagine concreta per richiamare e far comprendere meglio una realtà interiore, spirituale: «Il labirinto mai ti porta alla fine: rimani lì intrappolato». Accade perciò che l’uomo sia convinto: «Io non sono fermo, cammino», ma non si accorge che non sta camminando «sulla strada». Anche in questa situazione l’angelo viene ad «aiutarci a camminare per la strada».
Certo, ha spiegato il Papa, quella dell’angelo è una realtà che va riconosciuta: «Noi dobbiamo pregarlo: “Ma aiutami”». Anche nella Scrittura si legge: «Abbi rispetto della sua presenza». Perché «l’angelo è autorevole, ha autorità per guidarci», ma occorre «ascoltarlo», occorre «ascoltare le ispirazioni, che sono sempre dallo Spirito Santo, ma è l’angelo a ispirarcele».
A questo punto Francesco si è rivolto direttamente ai presenti: «Ma io vorrei fare a tutti voi una domanda: voi parlate con il vostro angelo? Voi sapete il nome che ha il vostro angelo? Voi ascoltate il vostro angelo? Vi lasciate portare per mano sulla strada o spingere per muovervi?». Si è trattato di una sollecitazione per portare tutti a una presa di coscienza importante, perché «la presenza dell’angelo nella nostra vita non solo è per aiutarci nella strada» ma anche per «farci vedere dove dobbiamo arrivare».
A tale riguardo il Pontefice ha richiamato anche il vangelo del giorno (Matteo, 18, 1-5.10) in cui Gesù, di fronte ai discepoli che si domandano: «Ma chi è il più grande nel regno dei cieli?», prende un bambino e dice «una cosa molto bella». Afferma infatti: «Questo è il più grande» e, proseguendo, invita a non disprezzare i bambini perché «i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». È questo, un dettaglio importante: «Il nostro angelo — ha sottolineato il Papa — non solo è con noi, ma vede Dio Padre. È in rapporto con lui. È il ponte quotidiano, dall’ora che ci alziamo all’ora che andiamo a letto, che ci accompagna ed è in legame fra noi e Dio Padre». Quindi «l’angelo è la porta quotidiana alla trascendenza, all’incontro con il Padre»: egli cioè «mi aiuta ad andare perché guarda il Padre e conosce la strada».
Da qui l’esortazione finale di Francesco — «non dimentichiamo questi compagni di cammino» — e il consiglio: «Ognuno pensi: io prego il mio angelo? Ascolto le ispirazioni? Mi fermo quando sento che c’è qualcosa che mi sta dicendo? E so, sono sicuro che lui è un ponte per arrivare al Padre, perché lui sta guardando il Padre?». Questa la preghiera conclusiva del Papa: «Il Signore dia a tutti noi, in questa festa degli angeli custodi, la grazia di capire questo mistero della custodia dell’angelo, della compagnia nella strada, e della contemplazione dell’angelo. La contemplazione a Dio Padre».
[Papa Francesco, s. Marta, in L’Osservatore Romano 03/10/2018]