Nel Vangelo di questa domenica, Gesù prende l’iniziativa di inviare i dodici Apostoli in missione (cfr Mc 6,7-13). In effetti il termine «apostoli» significa proprio «inviati, mandati». La loro vocazione si realizzerà pienamente dopo la risurrezione di Cristo, con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste. Tuttavia, è molto importante che fin dall’inizio Gesù vuole coinvolgere i Dodici nella sua azione: è una specie di «tirocinio» in vista della grande responsabilità che li attende. Il fatto che Gesù chiami alcuni discepoli a collaborare direttamente alla sua missione, manifesta un aspetto del suo amore: cioè Egli non disdegna l’aiuto che altri uomini possono recare alla sua opera; conosce i loro limiti, le loro debolezze, ma non li disprezza, anzi, conferisce loro la dignità di essere suoi inviati. Gesù li manda a due a due e dà loro istruzioni, che l’Evangelista riassume in poche frasi. La prima riguarda lo spirito di distacco: gli apostoli non devono essere attaccati al denaro e alla comodità. Gesù poi avverte i discepoli che non riceveranno sempre un’accoglienza favorevole: talvolta saranno respinti; anzi, potranno essere anche perseguitati. Ma questo non li deve impressionare: essi devono parlare a nome di Gesù e predicare il Regno di Dio, senza essere preoccupati di avere successo. Successo. Il successo lo lasciano a Dio
La prima Lettura proclamata ci presenta la stessa prospettiva, mostrandoci che gli inviati di Dio spesso non vengono accolti bene. Questo è il caso del profeta Amos, mandato da Dio a profetizzare nel santuario di Betel, un santuario del regno d’Israele (cfr Am 7,12-15). Amos predica con grande energia contro le ingiustizie, denunciando soprattutto i soprusi del re e dei notabili, soprusi che offendono il Signore e rendono vani gli atti di culto. Perciò Amasia, sacerdote di Betel, ordina ad Amos di andarsene. Egli risponde che non è stato lui a scegliere questa missione, ma il Signore ha fatto di lui un profeta e lo ha inviato proprio là, nel regno d’Israele. Pertanto, sia che venga accettato sia che venga respinto, egli continuerà a profetizzare, predicando ciò che Dio dice e non ciò che gli uomini vogliono sentirsi dire. E questo rimane il mandato della Chiesa: non predica ciò che vogliono sentirsi dire i potenti. Il suo criterio è la verità e la giustizia anche se sta contro gli applausi e contro il potere umano.
Similmente, nel Vangelo, Gesù avverte i Dodici che potrà accadere che in qualche località vengano rifiutati. In tal caso dovranno andarsene altrove, dopo aver compiuto davanti alla gente il gesto di scuotere la polvere sotto i piedi, segno che esprime il distacco in due sensi: distacco morale – come dire: l’annuncio vi è stato dato, siete voi a rifiutarlo – e distacco materiale – non abbiamo voluto e non vogliamo nulla per noi (cfr Mc 6,11). L’altra indicazione molto importante del brano evangelico è che i Dodici non possono accontentarsi di predicare la conversione: alla predicazione si deve accompagnare, secondo le istruzioni e l’esempio Gesù, la cura dei malati. Cura dei malati corporale e spirituale. Parla delle guarigioni concrete delle malattie, parla anche dello scacciare i demoni cioè purificare la mente umana, pulire, pulire gli occhi dell’anima che sono oscurati dalle ideologie e perciò non possono vedere Dio, non possono vedere la verità e la giustizia. Questa duplice guarigione corporale e spirituale è sempre il mandato dei discepoli di Cristo. Quindi la missione apostolica deve sempre comprendere i due aspetti di predicazione della parola di Dio e di manifestazione della sua bontà con gesti di carità, di servizio e di dedizione.
[Papa Benedetto, Frascati 15 luglio 2012]