Il Vangelo di Luca in questi versetti del capitolo nove evidenzia le condizioni necessarie per seguire Gesù e la vita nuda, povera e peregrina di Lui.
«Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58).
Francesco, vero amante e imitatore di Lui, ne ricalcò le orme - vivendo in povertà e precarietà la sua vita di fede, poiché aveva chiaro che il seguirlo nella chiamata comportava abbandonare tutto il resto.
Le Fonti raccontano che il Minimo, nella Lettera a tutto L’Ordine, così si esprimeva:
«Frate Francesco, uomo di poco conto e fragile, vostro piccolo servo, augura salute in Colui che ci ha redento e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue.
Ascoltando il nome di Lui, adoratelo con timore e riverenza, proni verso terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli» (FF 215).
Il Poverello presentava sempre Gesù come Colui che non aveva dove sistemarsi; infatti il Figlio di Dio mostrava in ogni circostanza la dimensione precaria del suo vivere.
Innamorato della povertà, Francesco rivolgeva ai suoi frati l’espressione di Lc 9,58:
“[Così] ammaestrava i frati a costruire casupole poverelle […] ad abitare in esse non come case proprie, ma come in case altrui, da pellegrini e forestieri.
Diceva che il codice dei pellegrini è questo:
«Raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace»” (FF1120).
E poiché ripeteva che figli di Dio sono coloro che compiono le sue opere, il Povero d’Assisi si distingueva quale figlio, e nello Spirito operava molte guarigioni.
"Gente di ogni età e d’ogni sesso correva a vedere e ad ascoltare quell’uomo nuovo, donato dal cielo al mondo.
Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava, confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.
Infatti, nel nome del Signore, Francesco, predicatore della verità, scacciava i demoni, risanava gli infermi, e, prodigio ancor più grande, con l’efficacia della sua parola inteneriva e muoveva a penitenza gli ostinati e, nello stesso tempo, ridonava la salute ai corpi e ai cuori" (FF 1212).
Chiara stessa, nelle Lettere alla Beata Agnese da Praga, riprende il tema della dimensione precaria di Cristo e quindi della sequela del discepolo.
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne…
O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa. Disse egli, infatti:
Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i nidi, ma il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo e quando lo reclinò sul suo petto, fu per rendere l’ultimo respiro» (FF 2864 - Lettera prima).
Nella Sequela radicale, i due cantori della povertà avevano acquisito la libertà di non essere condizionati da nulla se non da Cristo.
Mercoledì 26.a sett. T.O. (Lc 9,57-62)