Il Povero d’Assisi conosceva, per esperienza, la magnanimità di Dio, sollecito verso i suoi figli persino per un bicchiere d’acqua offerto nel suo Nome a chi è di Cristo. E con grande fede viveva tale verità.
Nelle Fonti è raccontato un episodio eloquente:
“Francesco, uomo di Dio, nudo delle cose del mondo […] s’impegna nel servire Dio in tutti modi possibili.
Di ritorno alla chiesa di S. Damiano, tutto felice e fervente, si confezionò un abito da eremita e confortò il prete di quella chiesa con le stesse parole d’incoraggiamento rivolte a lui dal vescovo.
Indi, rientrando in città, incominciò ad attraversare piazze e strade elevando lodi al Signore con l’anima inebriata.
Come finiva le lodi, si dava da fare per ottenere le pietre necessarie al restauro della chiesa.
Diceva: «Chi mi dà una pietra, avrà una ricompensa; chi due pietre, due ricompense; chi tre, altrettante ricompense».
Con ardente entusiasmo rivolgeva questo e simili appelli pieni di ingenuità, poiché questo eletto di Dio aveva un animo candido e fanciullo, non faceva ricorso al dotto linguaggio della sapienza umana, ma era semplice e immediato in tutto” (FF 1420).
Altresì temeva essere di scandalo alla gente, ai fratelli, disonorando Dio. Infatti leggiamo ancora:
“Spesso ripeteva ai suoi compagni:
«In questo sta il mio dolore, la mia afflizione: le indicazioni che con intensa preghiera e riflessione ottengo dalla Misericordia di Dio per l’utilità presente e futura della fraternità, e che Dio mi assicura essere conformi al suo volere, ecco che alcuni frati la vanificano, fondandosi sull’arroganza e sui lumi della loro scienza, dicendo: queste direttive vanno mantenute e osservate, e queste altre no».
Ma il Santo, come già si è detto, tanto temeva lo scandalo, da permettere che molte cose si facessero, e si adattava alla volontà dei fratelli, per quanto ciò ripugnasse alle sue convinzioni” (FF 1632).
“Lo turbava il pensiero che, come spesso avviene tra gli eletti, vi sarebbero stati alcuni inorgogliti nella loro mentalità carnale, pronti alle contese e facili allo scandalo” (FF 609).
Chiara, poi, nella Regola, rivolta alle sorelle, dice:
«Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori del monastero nulla che possa provocare scandalo […]» (FF 2805).
Ancora:
«Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione» (FF 2809).
E aggiungeva:
«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).
26.a Domenica T.O. B (Mc 9,38-43.45.47-48)