Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".
La Nuova Creazione, dall’Ascolto
(Gv 20,11-18)
Mc narra di un giovane vestito di bianco, Mt di un angelo, Lc di due uomini vestiti di bianco, Gv di due angeli.
I racconti sull’annunciazione e sugli annunciatori della Risurrezione non si conciliano secondo il nostro modo di raccontare.
Per evitare una limitata visuale circa la vittoria della Vita, è opportuno comprendere che non stiamo celebrando la settimana delle apparizioni del Risorto, ma delle sue Manifestazioni [testo greco].
Non appare solo a qualcuno - ad altri no: si Manifesta. Lo sperimentiamo.
E c’è una nuova Creazione: ora non si riconosce Gesù quando lo si vede, ma allorché si ‘ascolta’ (v.16).
Il Signore si fa ‘vedere’ non nel momento della visione, bensì nel tempo della Parola, dell’Appello personale che fa «voltare» lo sguardo dal senso di marcia irrilevante che si aggrappa all’immagine di “ieri”.
L’esperienza del Cristo vivo esclude i ricordi da custodire piangendo.
È relazione attuale e fondata, convincente, ricca di sfaccettature e accessibile - diretta.
La stessa osservanza della legge antica [v.1: nel caso particolare, del sabato] sembra ritardare l’esperienza della forza dirompente della rinascita, nello Spirito.
Man mano, nelle prime comunità si stavano riattivando quelle energie personali primordiali che neppure i ricatti, le intimidazioni e le emarginazioni dell’apparato istituzionale potevano sfiorare.
L’Incarnazione continuava, dispiegandosi nei credenti; risvegliando in essi nuovi stati creativi.
I fedeli erano sull’onda virtuosa ed entusiasmante di una ulteriore modifica fondamentale: adesso si sentivano «fratelli» del Risorto (v.17).
Il rapporto di ‘discepolato’ (Gv 13,13) cresciuto in ‘amicizia’ (Gv 15,15) diventava quello dei consanguinei che si sentivano ‘figli’.
[Gv 1,11-12: «Venne tra i suoi, e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo ricevettero diede loro ‘potere’ di diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo Nome» - ossia aderiscono a tutta la sua parola, vicenda e azione; anche problematica, dolorosa, di denuncia].
Iniziava così l’Annuncio esplicito, malgrado la parte di “chiesa” davvero vitale e sempre più determinata si dimostrava essere quella periferica e proveniente dai pagani [nella figura della Maddalena].
Donna: Assemblea autentica nello Spirito.
Campo sterminato di umiliati, che tuttavia in Cristo Risorto «si vede» e si sblocca; acquista nuovo respiro, supera lo sconforto, il disorientamento, l’incertezza.
Ancora oggi la ricerca del nostro Rabbunì può nascere anche dal senso di perdita, o dalle percosse subite - ma è scandita d’incontri pasquali e tappe di nuova consapevolezza.
Nuovi Ascolti, che infrangono le rassicurazioni. Il Risorto è radicale novità: ferita dentro e slancio.
Solo nell’esperienza del «rinascere trasmettendolo» si scatena lo Spirito che appassiona e carica - e il Vivente non resta un estraneo o qualcuno di cui ci si è già fatta un’idea.
C’è una situazione senza precedenti.
Ma chi se ne accorge? Malgrado la trascuratezza che subiscono, solo le anime spose - le poco considerate.
[Martedì fra l’Ottava di Pasqua, 22 aprile 2025]
La Nuova Creazione, dall’Ascolto
(Gv 20,11-18)
«A quei tempi, in Israele, la testimonianza delle donne non poteva avere valore ufficiale, giuridico, ma le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa» [Papa Benedetto, Regina Coeli 9 aprile 2012].
Mc narra di un giovane vestito di bianco, Mt di un angelo, Lc di due uomini vestiti di bianco, Gv di due angeli.
I racconti sull’annunciazione e sugli annunciatori della Risurrezione non si conciliano secondo il nostro modo di raccontare.
Per evitare una limitata visuale circa la vittoria della Vita, è opportuno comprendere che non stiamo celebrando la settimana delle apparizioni del Risorto, ma delle sue Manifestazioni [testo greco].
Non appare solo a qualcuno - ad altri no (dipende dalla lotteria): si Manifesta. Lo sperimentiamo.
E c’è una nuova Creazione: ora non si riconosce Gesù quando lo si vede, ma allorché si ascolta (v.16).
Il Signore si fa vedere non nel momento della visione, bensì nel tempo della Parola, dell’Appello personale che fa «voltare» lo sguardo antico dal senso di marcia irrilevante che si aggrappa all’immagine di “ieri”.
L’esperienza del Cristo vivo esclude i ricordi da custodire piangendo.
È relazione attuale e fondata, convincente, ricca di sfaccettature e accessibile - diretta. Decisamente migliore di quella offerta più tardi dagli apostoli, senza cuori trafitti (né proclamazioni).
Ma il tu per tu restava ancora chiuso, fino a che sembrava si cercassero defunti o lontani pezzi da museo - da ritrovare quasi come prima e al massimo trattenere senza troppe scosse.
Condizionati da aspettative troppo “usuali”, pretenderemmo di rintracciare Gesù in camposanti e luoghi sbagliati. Ma in Gv l’Ascensione si colloca lo stesso giorno di Pasqua (v.17).
La stessa osservanza della legge religiosa arcaica [v.1: nel caso particolare, del sabato] sembra ritardare l’esperienza della forza dirompente della rinascita, nello Spirito.
Man mano, nelle prime comunità si stavano riattivando quelle energie personali primordiali che neppure i ricatti, le intimidazioni e le emarginazioni dell’apparato istituzionale potevano sfiorare.
L’Incarnazione continuava, dispiegandosi nei credenti; risvegliando in essi nuovi stati creativi.
I fedeli erano sull’onda virtuosa ed entusiasmante di una ulteriore modifica fondamentale: adesso si sentivano «fratelli» del Risorto (v.17).
Il rapporto di ‘discepolato’ (Gv 13,13) cresciuto in ‘amicizia’ (Gv 15,15) diventava quello dei consanguinei che si sentivano ‘figli’.
[Gv 1,11-12: «Venne tra i suoi, e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo ricevettero diede loro potere di diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo Nome» - ossia aderiscono a tutta la sua parola, vicenda e azione; anche problematica, dolorosa, di denuncia].
Iniziava così l’Annuncio esplicito, malgrado la parte di “chiesa” davvero vitale e sempre più determinata si dimostrava essere quella periferica e proveniente dai pagani [nella figura della Maddalena].
Essa voleva il riscatto ravvivante, e così indicava la strada giusta agli stessi dirigenti di assemblea.
La comunità giudeo cristiana degli apostoli era infatti tutta protesa alla ricerca di compromessi proprio con l’istituzione religiosa distante e conflittuale, quella di potere, che aveva voluto distruggere il Maestro.
Zoccolo duro “apostolico” sempre in ritardo e da evangelizzare: lo converte solo colei che si sente un nulla (vv.2.18). E quando diventa consapevole che il regno delle cose morte non la ghermirà più.
Donna: Assemblea autentica nello Spirito.
Campo sterminato di umiliati, che tuttavia in Cristo Risorto «si vede» e si sblocca; acquista nuovo respiro, supera lo sconforto, il disorientamento, l’incertezza.
Ancora oggi colmi d’Infinito, come pellegrini, i sognatori dal basso e di periferia cercano la loro strada.
Si attivano con passione, per riaccendere e far risuonare ogni piega dell’essere umano - prima comandato da un mondo di alternative calcolate.
È di nuovo l’esperienza di «Maria di Magdala», che prendendo fiducia, può completare le percezioni e i pensieri anche dei primi della classe.
Il Risorto è sempre da tutt’altra parte… rispetto a quanto l’esperto o un animo mediamente religioso non pronto al cambiamento si attende.
La sua Persona ha fisionomie impreviste, non convenzionali e fuori schema - come la vita, tutta da scoprire.
Sono profili inediti - da cogliere e interiorizzare, talvolta quasi senza lotta.
Solo una chiamata per nome - la sua Parola diretta, l’Appello personale - ci fa accorgere che per influsso esterno stavamo forse inseguendo un Signore [del passato, o alla moda] troppo riconoscibile, da commemorare uguale a prima.
Da portare in bisaccia come sempre, con amore chiuso e normale, figlio del dolore.
La ricerca del nostro Rabbunì può nascere anche dal senso di perdita, o dalle percosse subite - ma è scandita d’incontri pasquali e tappe di nuova consapevolezza.
Nuovi ascolti, che infrangono le rassicurazioni.
Rimane uno sconosciuto tiepido - a temperatura ambiente - per chi si lascia suggestionare da idee limitate (confezionate) e pretende di capirlo col sapere, riconoscerlo con gli occhi, o usarlo come sonnifero.
Il Risorto è radicale novità: ferita dentro e slancio. Itinerario che accoglie e assume tutto l’umano e la storia.
Egli agisce in noi infrangendo ogni sicurezza; proprio quella che ancora non ci fa uscire dal piccolo cerchio.
E pur travagliando nella tensione dell’inafferrabile [che non si può far proprio] è nell’emozione di percepire i tesori delle intuizioni atipiche e personali che la vita rigenerata attrae e spalanca, stupisce.
Solo nell’esperienza del rinascere trasmettendolo si scatena lo Spirito che appassiona e carica - e il Vivente non resta un estraneo o qualcuno di cui ci si è già fatta un’idea.
«Ho cercato e visto il Signore!» [v.18: senso del testo greco].
Non si sperimenta Cristo con l’intimismo, né con rievocazioni e gingilli; neppure in modo cerebrale o accontentandosi di adempiere pietosi uffici commemorativi sul corpo.
C’è una situazione senza precedenti.
Ma chi se ne accorge? Malgrado la trascuratezza che subiscono, solo le anime spose - le poco considerate.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quale trasmutazione si è operata in te e nel prossimo quando hai accolto la Chiamata e l’invito all’Annuncio?
Come la Persona del Cristo ti ha reso consapevole di essere voluto a pieno titolo: soggetto inalienabile, per Nome?
Manifestazione Personale: legge che troviamo scolpita in molte pagine dei Vangeli. Ma… felicità soffice oppure onda che travolge tutto?
In queste settimane la nostra riflessione si muove, per così dire, nell’orbita del mistero pasquale. Oggi incontriamo colei che, secondo i vangeli, per prima vide Gesù risorto: Maria Maddalena. Era terminato da poco il riposo del sabato. Nel giorno della passione non c’era stato tempo per completare i riti funebri; per questo, in quell’alba colma di tristezza, le donne vanno alla tomba di Gesù con gli unguenti profumati. La prima ad arrivare è lei: Maria di Magdala, una delle discepole che avevano accompagnato Gesù fin dalla Galilea, mettendosi a servizio della Chiesa nascente. Nel suo tragitto verso il sepolcro si rispecchia la fedeltà di tante donne che sono devote per anni ai vialetti dei cimiteri, in ricordo di qualcuno che non c’è più. I legami più autentici non sono spezzati nemmeno dalla morte: c’è chi continua a voler bene, anche se la persona amata se n’è andata per sempre.
Il vangelo (cfr Gv 20,1-2.11-18) descrive la Maddalena mettendo subito in evidenza che non era una donna di facili entusiasmi. Infatti, dopo la prima visita al sepolcro, lei torna delusa nel luogo dove i discepoli si nascondevano; riferisce che la pietra è stata spostata dall’ingresso del sepolcro, e la sua prima ipotesi è la più semplice che si possa formulare: qualcuno deve aver trafugato il corpo di Gesù. Così il primo annuncio che Maria porta non è quello della risurrezione, ma di un furto che ignoti hanno perpetrato, mentre tutta Gerusalemme dormiva.
Poi i vangeli raccontano di un secondo viaggio della Maddalena verso il sepolcro di Gesù. Era testarda lei! E’ andata, è tornata … perché non si convinceva! Questa volta il suo passo è lento, pesantissimo. Maria soffre doppiamente: anzitutto per la morte di Gesù, e poi per l’inspiegabile scomparsa del suo corpo.
E’ mentre sta china vicino alla tomba, con gli occhi pieni di lacrime, che Dio la sorprende nella maniera più inaspettata. L’evangelista Giovanni sottolinea quanto sia persistente la sua cecità: non si accorge della presenza di due angeli che la interrogano, e nemmeno s’insospettisce vedendo l’uomo alle sue spalle, che lei pensa sia il custode del giardino. E invece scopre l’avvenimento più sconvolgente della storia umana quando finalmente viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16).
Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. E’ vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza.
E Gesù la chiama: «Maria!»: la rivoluzione della sua vita, la rivoluzione destinata a trasformare l’esistenza di ogni uomo e donna, comincia con un nome che riecheggia nel giardino del sepolcro vuoto. I vangeli ci descrivono la felicità di Maria: la risurrezione di Gesù non è una gioia data col contagocce, ma una cascata che investe tutta la vita. L’esistenza cristiana non è intessuta di felicità soffici, ma di onde che travolgono tutto. Provate a pensare anche voi, in questo istante, col bagaglio di delusioni e sconfitte che ognuno di noi porta nel cuore, che c’è un Dio vicino a noi che ci chiama per nome e ci dice: “Rialzati, smetti di piangere, perché sono venuto a liberarti!”. E’ bello questo.
Gesù non è uno che si adatta al mondo, tollerando che in esso perdurino la morte, la tristezza, l’odio, la distruzione morale delle persone… Il nostro Dio non è inerte, ma il nostro Dio – mi permetto la parola – è un sognatore: sogna la trasformazione del mondo, e l’ha realizzata nel mistero della Risurrezione.
Maria vorrebbe abbracciare il suo Signore, ma Lui è ormai orientato al Padre celeste, mentre lei è inviata a portare l’annuncio ai fratelli. E così quella donna, che prima di incontrare Gesù era in balìa del maligno (cfr Lc 8,2), ora è diventata apostola della nuova e più grande speranza. La sua intercessione ci aiuti a vivere anche noi questa esperienza: nell’ora del pianto, e nell’ora dell’abbandono, ascoltare Gesù Risorto che ci chiama per nome, e col cuore pieno di gioia andare ad annunciare: «Ho visto il Signore!» (v. 18). Ho cambiato vita perché ho visto il Signore! Adesso sono diverso da prima, sono un’altra persona. Sono cambiato perché ho visto il Signore. Questa è la nostra forza e questa è la nostra speranza.
[Papa Francesco, Udienza Generale 17 maggio 2017]
L’avvenimento della risurrezione in quanto tale non viene descritto dagli Evangelisti: esso rimane misterioso, non nel senso di meno reale, ma di nascosto, al di là della portata della nostra conoscenza: come una luce così abbagliante che non si può osservare con gli occhi, altrimenti li accecherebbe. Le narrazioni incominciano invece da quando, all’alba del giorno dopo il sabato, le donne si recarono al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto. San Matteo parla anche di un terremoto e di un angelo sfolgorante che rotolò la grande pietra tombale e vi si sedette sopra (cfr Mt 28,2). Ricevuto dall’angelo l’annuncio della risurrezione, le donne, piene di timore e di gioia, corsero a dare la notizia ai discepoli, e proprio in quel momento incontrarono Gesù, si prostrarono ai suoi piedi e lo adorarono; ed Egli disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno (Mt 28,10). In tutti i Vangeli, le donne hanno un grande spazio nei racconti delle apparizioni di Gesù risorto, come del resto è anche in quelli della passione e della morte di Gesù. A quei tempi, in Israele, la testimonianza delle donne non poteva avere valore ufficiale, giuridico, ma le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa.
Modello sublime ed esemplare di questo rapporto con Gesù, in modo particolare nel suo Mistero pasquale, è naturalmente Maria, la Madre del Signore. Proprio attraverso l’esperienza trasformante della Pasqua del suo Figlio, la Vergine Maria diventa anche Madre della Chiesa, cioè di ognuno dei credenti e dell’intera comunità.
[Papa Benedetto, Regina Coeli 9 aprile 2012]
Meditazione sul tempo pasquale
1. La Sequenza pasquale riprende e rilancia l’annuncio di speranza risuonato nella solenne Veglia Pasquale: "Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa". Queste parole guidano la riflessione di questo nostro incontro, che si colloca nel clima luminoso dell’Ottava di Pasqua.
Cristo trionfa sul male e sulla morte. Questo è il grido di gioia che in questi giorni prorompe nel cuore della Chiesa. Vittorioso sulla morte, Gesù fa dono della vita che più non muore a quanti lo accolgono e credono in Lui. La sua morte e la sua risurrezione costituiscono, pertanto, il fondamento della fede della Chiesa.
2. I racconti evangelici riferiscono, talora con ricchezza di dettagli, gli incontri del Signore risorto con le donne accorse al sepolcro e, in seguito, con gli Apostoli. Quali testimoni oculari, saranno proprio loro a proclamare per primi il Vangelo della sua morte e risurrezione. Dopo la Pentecoste, senza paura, affermeranno che in Gesù di Nazareth si sono compiute le Scritture riguardanti il Messia promesso.
La Chiesa, depositaria di questo universale mistero di salvezza, di generazione in generazione lo tramanda agli uomini e alle donne di ogni tempo e di ogni luogo. Anche in questa nostra epoca è necessario che, grazie all’impegno dei credenti, risuoni con vigore l’annuncio di Cristo morto, che, per la forza del suo Spirito, è ora vivo e trionfa.
3. Perché i cristiani possano compiere appieno questo mandato loro affidato, è indispensabile che incontrino personalmente il Crocifisso risorto, e si lascino trasformare dalla potenza del suo amore. Quando questo avviene, la tristezza si muta in gioia, il timore cede il passo all’ardore missionario.
L’evangelista Giovanni ci racconta, ad esempio, il commovente incontro del Risorto con Maria Maddalena che, andata di buon mattino, trova il sepolcro aperto e vuoto. Teme che il corpo del Signore sia stato trafugato, per questo piange sconsolata. Ma all’improvviso qualcuno, che ella dapprima pensa essere "il custode del giardino", la chiama per nome: "Maria!". Lo riconosce allora come il Maestro - "Rabbuni" – e, superati prontamente lo sconforto e il disorientamento, corre subito a recare con entusiasmo quest’annunzio agli Undici: "Ho visto il Signore" (cfr Gv 20,11-18).
4. "Cristo mia speranza è risorto". Con queste parole la Sequenza sottolinea un aspetto del mistero pasquale, che l’umanità di oggi ha bisogno di comprendere più profondamente. Segnati da incombenti minacce di violenza e di morte, gli uomini sono alla ricerca di qualcuno che dia loro serenità e sicurezza. Ma dove trovare pace se non in Cristo, l’innocente, che ha riconciliato i peccatori con il Padre?
Sul Calvario la misericordia divina ha manifestato il suo volto di amore e di perdono per tutti. Nel Cenacolo, dopo la sua risurrezione, Gesù ha affidato agli Apostoli il compito di essere ministri di questa misericordia, fonte di riconciliazione tra gli uomini.
Santa Faustina Kowalska nella sua umiltà è stata scelta per annunciare questo messaggio di luce particolarmente adatto per il mondo di oggi. E’ un messaggio di speranza che invita ad abbandonarsi nelle mani del Signore. "Gesù, confido in te!", amava ripetere la Santa.
Maria, Donna della Speranza e Madre di misericordia, ci ottenga di incontrare personalmente il suo Figlio morto e risorto. Ci renda operatori instancabili della sua misericordia e della sua pace.
[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 14 aprile 2004]
In queste settimane la nostra riflessione si muove, per così dire, nell’orbita del mistero pasquale. Oggi incontriamo colei che, secondo i vangeli, per prima vide Gesù risorto: Maria Maddalena. Era terminato da poco il riposo del sabato. Nel giorno della passione non c’era stato tempo per completare i riti funebri; per questo, in quell’alba colma di tristezza, le donne vanno alla tomba di Gesù con gli unguenti profumati. La prima ad arrivare è lei: Maria di Magdala, una delle discepole che avevano accompagnato Gesù fin dalla Galilea, mettendosi a servizio della Chiesa nascente. Nel suo tragitto verso il sepolcro si rispecchia la fedeltà di tante donne che sono devote per anni ai vialetti dei cimiteri, in ricordo di qualcuno che non c’è più. I legami più autentici non sono spezzati nemmeno dalla morte: c’è chi continua a voler bene, anche se la persona amata se n’è andata per sempre.
Il vangelo (cfr Gv 20,1-2.11-18) descrive la Maddalena mettendo subito in evidenza che non era una donna di facili entusiasmi. Infatti, dopo la prima visita al sepolcro, lei torna delusa nel luogo dove i discepoli si nascondevano; riferisce che la pietra è stata spostata dall’ingresso del sepolcro, e la sua prima ipotesi è la più semplice che si possa formulare: qualcuno deve aver trafugato il corpo di Gesù. Così il primo annuncio che Maria porta non è quello della risurrezione, ma di un furto che ignoti hanno perpetrato, mentre tutta Gerusalemme dormiva.
Poi i vangeli raccontano di un secondo viaggio della Maddalena verso il sepolcro di Gesù. Era testarda lei! E’ andata, è tornata … perché non si convinceva! Questa volta il suo passo è lento, pesantissimo. Maria soffre doppiamente: anzitutto per la morte di Gesù, e poi per l’inspiegabile scomparsa del suo corpo.
E’ mentre sta china vicino alla tomba, con gli occhi pieni di lacrime, che Dio la sorprende nella maniera più inaspettata. L’evangelista Giovanni sottolinea quanto sia persistente la sua cecità: non si accorge della presenza di due angeli che la interrogano, e nemmeno s’insospettisce vedendo l’uomo alle sue spalle, che lei pensa sia il custode del giardino. E invece scopre l’avvenimento più sconvolgente della storia umana quando finalmente viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16).
Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. E’ vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza.
E Gesù la chiama: «Maria!»: la rivoluzione della sua vita, la rivoluzione destinata a trasformare l’esistenza di ogni uomo e donna, comincia con un nome che riecheggia nel giardino del sepolcro vuoto. I vangeli ci descrivono la felicità di Maria: la risurrezione di Gesù non è una gioia data col contagocce, ma una cascata che investe tutta la vita. L’esistenza cristiana non è intessuta di felicità soffici, ma di onde che travolgono tutto. Provate a pensare anche voi, in questo istante, col bagaglio di delusioni e sconfitte che ognuno di noi porta nel cuore, che c’è un Dio vicino a noi che ci chiama per nome e ci dice: “Rialzati, smetti di piangere, perché sono venuto a liberarti!”. E’ bello questo.
Gesù non è uno che si adatta al mondo, tollerando che in esso perdurino la morte, la tristezza, l’odio, la distruzione morale delle persone… Il nostro Dio non è inerte, ma il nostro Dio – mi permetto la parola – è un sognatore: sogna la trasformazione del mondo, e l’ha realizzata nel mistero della Risurrezione.
Maria vorrebbe abbracciare il suo Signore, ma Lui è ormai orientato al Padre celeste, mentre lei è inviata a portare l’annuncio ai fratelli. E così quella donna, che prima di incontrare Gesù era in balìa del maligno (cfr Lc 8,2), ora è diventata apostola della nuova e più grande speranza. La sua intercessione ci aiuti a vivere anche noi questa esperienza: nell’ora del pianto, e nell’ora dell’abbandono, ascoltare Gesù Risorto che ci chiama per nome, e col cuore pieno di gioia andare ad annunciare: «Ho visto il Signore!» (v. 18). Ho cambiato vita perché ho visto il Signore! Adesso sono diverso da prima, sono un’altra persona. Sono cambiato perché ho visto il Signore. Questa è la nostra forza e questa è la nostra speranza.
[Papa Francesco, Udienza Generale 17 maggio 2017]
(Mt 28,8-15)
I Vangeli non offrono dati di cronaca del tutto conciliabili circa lo svolgimento degli eventi dopo la scoperta della «tomba vuota», ma il Messaggio di quelle tracce (dei primi accadimenti) è palese.
Nessun mausoleo, nessuna reliquia... bensì la capacità di vedere aperte le tombe - e d’indovinare vita fra passi di morte: Verità pericolosa.
Quindi lo scatenarsi d’un entusiasmo coinvolgente.
Dal sepolcro vuoto partono due cortei: Messaggere sonanti della vita inaudita, sebbene non accreditate - e guardie del sepolcro.
Accoglienza finalizzata alla testimonianza, e rifiuto di coloro che non leggono il ‘segno’ pieno di senso.
I gendarmi del mondo antico passano da una tomba all’altra; se la trascinano dietro.
Infatti ai sacerdoti annunciano il sepolcro vuoto come fosse un fatterello, controllabile, di semplice cronaca (v.11) che poi passa alla diceria, alla leggenda (v.15).
Nel momento in cui Mt scrive erano già ferventi le discussioni tra giudei e cristiani convertiti dal giudaismo.
I credenti si sentivano compiuti in Cristo - in tal guisa anche capaci di divulgare questa Parola-evento.
Le dispute erano accese: il brano di Vangelo ci colloca in una realtà che si è trascinata durante quasi tutto il primo secolo.
Col passare del tempo - già prima del distacco dalla sinagoga istituzionale - l’esistenza stessa delle fraternità, il loro stile di vita e la testimonianza, divennero una denuncia contro lo spirito autoritario, l’avidità, l’insegnamento e i ruoli delle guide religiose (es. At 3,1-8).
Fra mille sconvolgimenti, iniziava il mondo nuovo - annunciato a fronte alta.
L’attesa era finita: bisognava solo convincersi della realtà - non più sognare un futuro che pur procedendo tornasse al passato, o aderisse a conformismi e tornaconto.
Esordio e finale di Mt si richiamano.
Gesù è l’Immanu-‘El delle Scritture antiche: Dio-Con-noi. La speranza degli esclusi dal giro, vacillanti - da sempre dati in balia altrui, asserviti e succubi.
Ci si attendeva un cambiamento radicale della situazione invivibile d’ingiustizia e collasso sociale, spiritualmente spenta e abitudinaria - sopportata dai miseri nell’umiliazione di tutto l’essere.
Adoperandosi, le Donne non incappano in un Cristo confezionato, da trasmettere in modo impersonale.
È nel loro andare per Via che si accende uno Spirito nuovo - col gaudio contagioso della Liberazione.
L’Incontro col mondo di Dio si fa evento decisivo perché tutte (prima senza-voce) ricevono un fervente invito alla predicazione e alla vita delle Beatitudini [il Monte di Galilea, v.10: la “periferia” della vita che riprende normale; terra del ministero di Gesù e della sequela dei discepoli].
Ora da protagoniste limpide, complete e pure, cui il Mistero non resiste.
Insomma, per noi: se qualcuno non scende in campo ma si rifugia, non trasmette, o ritiene neutra la Notizia della vittoria della vita sulla morte, essa rischia di diventare una fandonia.
Invece è il Risorto che viene incontro alle ridestate (v.9) - esattamente come aveva fatto col nato cieco (Gv 9,35).
Non siamo più degli scomunicati, o i prolungatori del mondo dei sepolcri; né i semplicemente risvegliati.
Siamo coloro che trasmettono impulso, brio, carattere, senso di pienezza e Mistero, che salvano - corifei di aperta contraddizione.
Progenie che sgorga non dalla tomba, ma dal mondo di Dio - fonte dell’essere indistruttibile, in cui stiamo finalmente saldi.
«Gioite!» (v.9) [la traduzione italiana non solo Cei è sbiadita].
In comunità, l’allegria per il senso di stima personale e lo spessore relazionale legati al nuovo modello di vita stravince le paure.
Le prime realtà di comunione [le «Donne»] fanno proprie il medesimo Cammino del Maestro [stringere e adorare i suoi «Piedi»].
Sorge una proposta consapevole e autonoma.
Nasce l’Annuncio di un’esperienza che fa trasalire: nel Vivente siamo noi stessi, e il Dono di sé - qualunque sia, anche prima disprezzato - produce completezza personale e coesistenza.
Chi spende ciò che è autenticamente, valorizza la sua storia: non spreca l’esistenza, ma la recupera, realizza e sublima.
Fioriscono persone nuove, interiormente rinate e non più lasciate a se stesse.
Vedendo lontano e procedendo sui medesimi ‘passi’ del Signore, tutti i malfermi superavano il senso d’indegnità inculcato dalla religione antica.
Consapevoli di stima, qualità personale, e altre risorse, i primi fedeli dimostravano subito una spiccata attitudine alla franchezza.
Anche i piccoli acquistavano coraggio - recuperando i lati opposti di sé. E non più soffocati da timori d’autorità fasulle, capaci di sola ritorsione.
Ovviamente il mondo antico voleva perpetuarsi, e si difendeva con piroette e menzogne. Come ancora oggi, distribuendo favori (vv.12-15).
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quali potenze interiori ed esteriori accentuano i disturbi e combattono la tua capacità di Annuncio?
Angelo del Consiglio e suoi ministri
Ma l’Angelo della risurrezione richiama anche un altro significato. Bisogna ricordare, infatti, che il termine “angelo” oltre a definire gli Angeli, creature spirituali dotate di intelligenza e volontà, servitori e messaggeri di Dio, è anche uno dei titoli più antichi attribuiti a Gesù stesso. Leggiamo ad esempio in Tertulliano, III secolo: “Egli - cioè Cristo - è stato anche chiamato «angelo del consiglio», cioè annunziatore, che è un termine che denota un ufficio, non la natura. In effetti, egli doveva annunziare al mondo il grande disegno del Padre per la restaurazione dell’uomo” (De carne Christi, 14). Così Tertulliano. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, dunque, viene chiamato anche l’Angelo di Dio Padre: Egli è il Messaggero per eccellenza del suo amore. Cari amici, pensiamo ora a ciò che Gesù risorto disse agli Apostoli: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21); e comunicò ad essi il suo Santo Spirito. Ciò significa che, come Gesù è stato annunciatore dell’amore di Dio Padre, anche noi lo dobbiamo essere della carità di Cristo: siamo messaggeri della sua risurrezione, della sua vittoria sul male e sulla morte, portatori del suo amore divino. Certo, rimaniamo per natura uomini e donne, ma riceviamo la missione di “angeli”, messaggeri di Cristo.
[Papa Benedetto, Regina Coeli 5 aprile 2010]
(Lunedì dell’Angelo, 21 aprile 2025)
Cari fratelli e sorelle!
Nella luce della Pasqua – che celebriamo in tutta questa Settimana – rinnovo il mio più cordiale augurio di pace e di gioia. Come sapete, il lunedì dopo la Domenica di Risurrezione è detto tradizionalmente “Lunedì dell’Angelo”. E’ molto interessante approfondire questo riferimento all’“Angelo”. Naturalmente il pensiero va subito ai racconti evangelici della risurrezione di Gesù, nei quali compare la figura di un messaggero del Signore. San Matteo scrive: “Ed ecco vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come neve” (Mt 28,2-3). Tutti gli Evangelisti, poi, precisano che, quando le donne si recarono al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto, fu un angelo ad annunciare loro che Gesù era risorto. In Matteo questo messaggero del Signore dice loro: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, infatti, come aveva detto” (Mt 28,5-6); quindi mostra la tomba vuota e le incarica di portare l’annuncio ai discepoli. In Marco l’angelo è descritto come “un giovane, vestito di una veste bianca”, che dà alle donne l’identico messaggio (cfr Mc 16,5-6). Luca parla di “due uomini in abito sfolgorante”, che ricordano alle donne come Gesù avesse preannunciato molto prima la sua morte e risurrezione (cfr Lc 24,4-7). Anche San Giovanni parla di “due angeli in bianche vesti”; è Maria di Magdala a vederli, mentre piange vicino al sepolcro, e le dicono: “Donna, perché piangi?” (Gv 20,11-13).
Ma l’Angelo della risurrezione richiama anche un altro significato. Bisogna ricordare, infatti, che il termine “angelo” oltre a definire gli Angeli, creature spirituali dotate di intelligenza e volontà, servitori e messaggeri di Dio, è anche uno dei titoli più antichi attribuiti a Gesù stesso. Leggiamo ad esempio in Tertulliano, III secolo: “Egli - cioè Cristo - è stato anche chiamato «angelo del consiglio», cioè annunziatore, che è un termine che denota un ufficio, non la natura. In effetti, egli doveva annunziare al mondo il grande disegno del Padre per la restaurazione dell’uomo” (De carne Christi, 14). Così Tertulliano. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, dunque, viene chiamato anche l’Angelo di Dio Padre: Egli è il Messaggero per eccellenza del suo amore. Cari amici, pensiamo ora a ciò che Gesù risorto disse agli Apostoli: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21); e comunicò ad essi il suo Santo Spirito. Ciò significa che, come Gesù è stato annunciatore dell’amore di Dio Padre, anche noi lo dobbiamo essere della carità di Cristo: siamo messaggeri della sua risurrezione, della sua vittoria sul male e sulla morte, portatori del suo amore divino. Certo, rimaniamo per natura uomini e donne, ma riceviamo la missione di “angeli”, messaggeri di Cristo: viene data a tutti nel Battesimo e nella Cresima. In modo speciale, attraverso il Sacramento dell’Ordine, la ricevono i sacerdoti, ministri di Cristo; mi piace sottolinearlo in quest’Anno Sacerdotale.
Cari fratelli e sorelle, ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria, invocandola quale Regina Caeli, Regina del Cielo. Ci aiuti Lei ad accogliere pienamente la grazia del mistero pasquale e a diventare messaggeri coraggiosi e gioiosi della risurrezione di Cristo.
[Papa Benedetto, Regina Coeli 5 aprile 2010]
1. Risuona con forza il grande annuncio della risurrezione di Gesù anche in questo Lunedì dell'Angelo, che ricorda l'incontro del messo celeste con le donne accorse al sepolcro. "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui! È risorto come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto" (Mt 28,5-6).
Dalla tomba vuota quest'annuncio angelico si diffonde nel mondo e raggiunge ogni angolo della terra; è un messaggio di speranza per tutti. Da quando il Nazareno crocifisso è risuscitato all'alba del terzo giorno, l'ultima parola non è più quella della morte, ma della vita! Nel Signore risorto Dio ha rivelato in pienezza il suo amore per l'intera umanità.
2. Prima le donne, poi i discepoli e quindi lo stesso Pietro constatano la consolante verità: "Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni" (At 2,32).
Carissimi Fratelli e Sorelle, come loro e insieme con loro, anche noi siamo chiamati a diffondere tra gli uomini e le donne del nostro tempo questa "buona" notizia: "Cristo, mia speranza, è risorto" (Sequenza pasquale).
Come vorrei che l'annuncio pasquale rinvigorisse sempre più la fede di ogni battezzato! Come vorrei che la pace, dono di Cristo risorto, raggiungesse ogni cuore umano e ridonasse speranza a chiunque è oppresso e sofferente!
3. Maria, testimone silenziosa della morte e della risurrezione del figlio Gesù, ci aiuti a credere sino in fondo a questo mistero di salvezza che, accolto con fede profonda, può cambiare la vita. Faccia sì che lo trasmettiamo con gioia a quanti incontriamo, come coerenti e coraggiosi discepoli del Signore risuscitato.
[Papa Giovanni Paolo II, Regina Coeli 1 aprile 2002]
Cari fratelli e sorelle,
buongiorno, e buona Pasqua a tutti voi! Vi ringrazio di essere venuti anche oggi numerosi, per condividere la gioia della Pasqua, mistero centrale della nostra fede. Che la forza della Risurrezione di Cristo possa raggiungere ogni persona - specialmente chi soffre – e tutte le situazioni più bisognose di fiducia e di speranza.
Cristo ha vinto il male in modo pieno e definitivo, ma spetta a noi, agli uomini di ogni tempo, accogliere questa vittoria nella nostra vita e nelle realtà concrete della storia e della società. Per questo mi sembra importante sottolineare quello che oggi domandiamo a Dio nella liturgia: «O Padre, che fai crescere la tua Chiesa donandole sempre nuovi figli, concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vita il sacramento che hanno ricevuto nella fede» (Oraz. Colletta del Lunedì dell’Ottava di Pasqua).
E’ vero, il Battesimo che ci fa figli di Dio, l’Eucaristia che ci unisce a Cristo, devono diventare vita, tradursi cioè in atteggiamenti, comportamenti, gesti, scelte. La grazia contenuta nei Sacramenti pasquali è un potenziale di rinnovamento enorme per l’esistenza personale, per la vita delle famiglie, per le relazioni sociali. Ma tutto passa attraverso il cuore umano: se io mi lascio raggiungere dalla grazia di Cristo risorto, se le permetto di cambiarmi in quel mio aspetto che non è buono, che può far male a me e agli altri, io permetto alla vittoria di Cristo di affermarsi nella mia vita, di allargare la sua azione benefica. Questo è il potere della grazia! Senza la grazia non possiamo nulla. Senza la grazia non possiamo nulla! E con la grazia del Battesimo e della Comunione eucaristica posso diventare strumento della misericordia di Dio, di quella bella misericordia di Dio.
Esprimere nella vita il sacramento che abbiamo ricevuto: ecco, cari fratelli e sorelle, il nostro impegno quotidiano, ma direi anche la nostra gioia quotidiana! La gioia di sentirsi strumenti della grazia di Cristo, come tralci della vite che è Lui stesso, animati dalla linfa del suo Spirito!
Preghiamo insieme, nel nome del Signore morto e risorto, e per intercessione di Maria Santissima, perché il Mistero pasquale possa operare profondamente in noi e in questo nostro tempo, perché l’odio lasci il posto all’amore, la menzogna alla verità, la vendetta al perdono, la tristezza alla gioia.
[Papa Francesco, Regina Coeli 1 aprile 2013]
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd: he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition […] we see that Jesus’ work is explained in several actions: Jesus speaks; Jesus knows; Jesus gives eternal life; Jesus safeguards (Pope Francis)
Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 10,27-30) Gesù si presenta come il vero Pastore del popolo di Dio. Egli parla del rapporto che lo lega alle pecore del gregge, cioè ai suoi discepoli, e insiste sul fatto che è un rapporto di conoscenza reciproca […] vediamo che l’opera di Gesù si esplica in alcune azioni: Gesù parla, Gesù conosce, Gesù dà la vita eterna, Gesù custodisce (Papa Francesco)
don Giuseppe Nespeca
Tel. 333-1329741
Disclaimer
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.