Mag 20, 2025 Scritto da 

6a Domenica di Pasqua (Ap 21,10-14.22-23)

6a Domenica di Pasqua (anno C)

Ap 21,10-14.22-23

Apocalisse 21:10 L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

Apocalisse 21:11 Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.

Apocalisse 21:12 La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.

 

Un angelo conduce Giovanni a contemplare in visione la sposa, la moglie dell'Agnello, su di un alto monte, per poter ammirare dall'alto la città, sottolineando l'importanza e il carattere trascendente della sposa. Per poter contemplare questa rivelazione, occorre un influsso particolare dello Spirito, che spinga verso l'alto, in direzione del divino. Il monte grande e alto è infatti il luogo della rivelazione di Dio, si veda per esempio Mosè che sale sul monte Nebo da dove Dio gli mostra la terra di Canaan. 

La città santa, la Gerusalemme celeste, scende dal cielo, “risplendente della gloria di Dio”. La prima indicazione che l'angelo ci dà non potrebbe essere più elevata. Provenendo da Dio, la città-sposa ne possiede la "gloria". Cristo risorto, unico portatore adeguato della gloria del Padre, ha comunicato questa gloria alla sua città-sposa. Risulta particolarmente illuminante un richiamo al quarto Vangelo, dove, riferendosi a tutti quelli che crederanno in lui, Gesù si esprime così: "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola" (Gv 17,22). 

Dio ha rivestito Gerusalemme della sua gloria, e la gloria di Dio è la sua divinità. Gerusalemme è stata come divinizzata da Dio, ammantata della sua luce, ammantata della redenzione di Cristo luce del mondo.  

È importante conoscere il concetto di città. Parlare della città significa parlare della dinamica che ha sostenuto la storia umana, a partire dalla costruzione della prima città al tempo di Caino, che "divenne costruttore di una città" (Gn 4,17). La storia dell'umanità può essere raffigurata come la storia della costruzione di una città che, da Caino in poi, assume caratteristiche preoccupanti. Caino, dopo aver ucciso il fratello mette in piedi una realtà che ha sì il suo fascino, in quanto luogo ove si sviluppa una civiltà, ma porta in sé un seme di violenza, che per quanto nascosto, al momento opportuno esplode immancabilmente. L'Apocalisse parla anche della caduta Babilonia, nella quale "fu trovato il sangue... di tutti coloro che furono uccisi sulla terra" (Ap 18,24); il sangue di tutti gli uccisi da Abele in poi, il sangue di tutti i fratelli rifiutati: la città, da Caino in poi, è costruita su un fondamento impregnato di quel sangue. Adesso, viene mostrata la nuova Gerusalemme, che nel nome ricorda l'antica Gerusalemme, città che nella storia della salvezza ha visto versare il sangue di Cristo, ma che portava in sé un valore sacramentale, una promessa: Dio vuole manifestarsi e portare a compimento le sue intenzioni nuziali con l'umanità.    

 

L'illuminazione della nuova città viene messa in rapporto di corrispondenza con il riflesso di una gemma preziosa, di cui viene sottolineata la straordinaria qualità – "preziosissima" – e il suo splendore. Ciò che raffigura quanto c'è di più bello, viene usato per descrivere la magnificenza di Gerusalemme. Cosa c'è di più bello di una gemma preziosissima e di una pietra di diaspro cristallino? Niente. Cosa c'è di più bello di Dio? Niente. Dio è la stessa bellezza, è l'autore di ogni bellezza. Gerusalemme è vestita della stessa bellezza di Dio.  

"Come pietra di diaspro cristallino": Il diaspro è una pietra bellissima, preziosa, di diversa coloritura, per lo più rossiccia, talvolta verde, bruna, azzurra, gialla e bianca, che comunica un senso di bellezza e di gioia. La città è edificata in modo tale da attrarre, e questo dipende proprio dal fatto che la gloria di Dio abita in essa.    

Il confronto inevitabile è con la "vecchia" Gerusalemme che, con la monarchia, il tempio e il sacerdozio era divenuta il simbolo del popolo, dell'alleanza con Dio e della stessa dimora divina tra gli uomini. Il rinnovamento della città significa il rinnovamento dell'alleanza. Giovanni, con i simboli biblici e in linguaggio apocalittico, annuncia la novità dell'alleanza, ovvero il nuovo rapporto con Dio.    

 

Il muro grande e alto indica delimitazione e nello stesso tempo stabilità, sicurezza e protezione, ma non chiusura; giacché dodici, tre per ogni punto cardinale, sono le aperture che collegano la città con il resto del mondo.

I dodici angeli indicano la protezione angelica, essi stanno a guardia delle dodici porte come delle sentinelle. Poiché la città è di origine celeste deve avere dei guardiani celesti. Secondo Gn 3,24 i cherubini erano i guardiani dell'Eden, il giardino di Dio, e poiché la nuova Gerusalemme è la controparte escatologica dell'Eden, le guardie angeliche alle sue porte sono decisamente appropriate. Il muro, le porte, le guardie, servivano alla protezione e alla difesa delle città; qui dove non c'è più da temere i nemici, tutto ciò sta a rappresentare l'idea della perfetta pace e sicurezza di cui godono i salvati, perché niente di pericoloso potrà mai entrare nella santa città. 

Le dodici porte hanno i nomi scritti delle dodici tribù dei figli di Israele, sebbene non vi siano specificati i nomi, perché Giovanni è interessato al significato simbolico del numero dodici e non alle singole tribù. Le tante porte stanno a sottolineare l'importanza dell'accesso alla città. L'associazione dei nomi delle dodici tribù d'Israele con le porte della nuova Gerusalemme, sta a significare che l'Antico Testamento è la porta necessaria per entrare nella fede in Cristo, ma sta anche a significare che Dio non ha rinnegato il suo popolo, esso è parte integrante della nuova Gerusalemme. Giovanni allude alla continuità perfetta tra il popolo di Dio dell'Antico Testamento e la Chiesa del Nuovo Testamento.

Nella città di Dio si entra attraverso la porta della rivelazione che Dio ha dato ai patriarchi d'Israele. Culmine di questa rivelazione è Gesù Cristo. Antico e Nuovo Testamento sono l'unica e sola rivelazione di Dio, l'unica e sola Parola del Signore, l'unica e sola via di salvezza e di redenzione per tutto il genere umano. 

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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She is finally called by her name: “Mary!” (v. 16). How nice it is to think that the first apparition of the Risen One — according to the Gospels — took place in such a personal way! [Pope Francis]
Viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16). Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i Vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! [Papa Francesco]
Jesus invites us to discern the words and deeds which bear witness to the imminent coming of the Father’s kingdom. Indeed, he indicates and concentrates all the signs in the enigmatic “sign of Jonah”. By doing so, he overturns the worldly logic aimed at seeking signs that would confirm the human desire for self-affirmation and power (Pope John Paul II)
Gesù invita al discernimento in rapporto alle parole ed opere, che testimoniano l'imminente avvento del Regno del Padre. Anzi, Egli indirizza e concentra tutti i segni nell'enigmatico "segno di Giona". E con ciò rovescia la logica mondana tesa a cercare segni che confermino il desiderio di autoaffermazione e di potenza dell'uomo (Papa Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore, e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato (Papa Benedetto)
In reality, an abstract, distant god is more comfortable, one that doesn’t get himself involved in situations and who accepts a faith that is far from life, from problems, from society. Or we would even like to believe in a ‘special effects’ god (Pope Francis)
In realtà, è più comodo un dio astratto, distante, che non si immischia nelle situazioni e che accetta una fede lontana dalla vita, dai problemi, dalla società. Oppure ci piace credere a un dio “dagli effetti speciali” (Papa Francesco)
It is as though you were given a parcel with a gift inside and, rather than going to open the gift, you look only at the paper it is wrapped in: only appearances, the form, and not the core of the grace, of the gift that is given! (Pope Francis)
È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, la forma, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato! (Papa Francesco)
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10, 21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
It may have been a moment of disillusionment, of that extreme disillusionment and the perception of his own failure. But at that instant of sadness, in that dark instant Francis prays. How does he pray? “Praised be You, my Lord…”. He prays by giving praise [Pope Francis]
Potrebbe essere il momento della delusione, di quella delusione estrema e della percezione del proprio fallimento. Ma Francesco in quell’istante di tristezza, in quell’istante buio prega. Come prega? “Laudato si’, mi Signore…”. Prega lodando [Papa Francesco]

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