Feb 24, 2025 Scritto da 

8a Domenica T.O.  (1Cor 15,54-58)

(1Cor 15,54-58)

8a Domenica T.O. (C)

 

1Corinzi 15:54 Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:

La morte è stata ingoiata per la vittoria.

1Corinzi 15:55 Dov'è, o morte, la tua vittoria?

Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

1Corinzi 15:56 Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.

1Corinzi 15:57 Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!

1Corinzi 15:58 Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.

 

Fino al giorno della risurrezione finale, la morte regnerà su questa terra e sommergerà ogni uomo. Quando invece il Signore compirà l’ultima sua opera, allora sarà la morte ad essere sommersa per sempre nella vittoria di Cristo. Dopo di che, la morte non avrà più potere, sarà sconfitta per sempre, per sempre annullata. L’uomo entrerà nella sua definitività, e solo allora comprenderemo cosa Cristo ha veramente fatto per noi. La morte, sia fisica che spirituale, solo Cristo l’ha vinta, solo in Lui la vinceremo oggi e nell’ultimo giorno. Non ci sono altri Messia, non ci sono altre vie, non ci sono altre fedi. L’unico Messia è Gesù Cristo, l’unica via è la risurrezione di Gesù Cristo, l’unica fede è la Parola del Signore, il suo Santo Vangelo. Quanti cercano altrove sappiano che non troveranno nulla, perché nulla esiste.

La morte sarà spodestata, resa impotente, sommersa dalla vittoria di Cristo. Essa che pensava di avere un pungiglione mortale, si trova ad essere essa stessa punta dal pungiglione vittorioso di Gesù Cristo. Essa che pensava di essere la dominatrice assoluta sull’uomo, dall’uomo Gesù è stata sconfitta. È stato Cristo morto a vincerla con la sua risurrezione. È questa la beffa della morte. Dove nessun uomo avrebbe potuto riuscire, perché anche lui prigioniero e schiavo per nascita della morte, Cristo ha trionfato. La vittoria di Cristo è la risurrezione, la croce è la vittoria sul peccato. Divenendo in Cristo un solo corpo e una sola vita, anche noi sulla croce insieme a Lui vinciamo il peccato, e vincendo il peccato siamo condotti verso la completa vittoria sulla morte.

Infatti, anche se la vittoria si compie in Cristo, nel suo corpo, eppure Paolo dice che la vittoria è nostra: «ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo». La vittoria è nostra perché essa sarà manifestata in noi. Noi siamo associati con Colui che ha fatto tutto.

Ora, dal cuore del cristiano deve innalzarsi al Padre il nostro inno di ringraziamento, di lode e di benedizione. Il rendimento di grazie è la più alta forma di adorazione. Si può rendere grazie solo se la vittoria di Cristo è stata fatta già nostra; si rende grazie per un dono di cui siamo già in possesso, che ci ha già trasformati.

Rende grazie a Dio di un così grande dono chiunque si impegna, lavora, si affatica, affinché la vittoria di Cristo trasformi interamente la sua vita e lui diventi nel mondo immagine visibile di Cristo crocifisso e risorto, di uomo spirituale, che trasmette attraverso la sua vita il cammino della speranza cui è chiamato ogni uomo. Il rendimento di grazie si trasforma così in un obbligo di santità, cui siamo chiamati dal Padre che ci ha conferito la vittoria di Cristo e attende che noi la viviamo totalmente in noi.

«Perciò fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore». In questo versetto conclusivo Paolo ribadisce alcune verità che devono costituire la vita dei credenti. La prima è questa: rimanere saldi e irremovibili. In che cosa? Nella verità della risurrezione di Cristo e della nostra nell’ultimo giorno. La risurrezione di Cristo è la verità che dà consistenza a tutte le altre verità della nostra fede. Se la risurrezione di Cristo non viene confessata con certezza di cuore e di mente, tutto alla fine risulterà vano e inutile.

Non basta però rimanere saldi e irremovibili in questa verità. Bisogna che ci si prodighi nell’opera del Signore. Qual è l’opera del Signore? Il compimento della sua morte e della sua risurrezione in noi. Poiché l’opera di Cristo è stata la sua morte e la sua risurrezione, anche per il cristiano l’opera del Signore è il compimento in lui della morte di Cristo e della sua risurrezione. La morte di Cristo si compie nel cristiano attraverso l’obbedienza alla volontà di Dio. L’opera del Signore che bisogna fare è trasformare in vita la parola di Cristo, come Cristo ha trasformato in vita la parola del Padre. Paolo vuole che in questa opera ci prodighiamo. Prodigarsi significa non risparmiarsi in nulla, significa spendere ogni nostra energia fisica e spirituale per il compimento in noi dell’opera di Cristo.

La terza verità che dobbiamo sempre avere nel cuore è questa: chi compie l’opera del Signore compie l’unica opera vera, l’unica giusta, l’unica santa, l’unica che ha valore eterno. Ognuno di noi, in ogni opera che compie, deve chiedersi se ciò che fa è l’opera di Dio. Solo l’opera di Dio non è vana, e compiendola non sciupiamo il nostro tempo e non consumiamo inutilmente le nostre energie. L’opera che renderà prezioso il nostro lavoro è una sola: il compimento della morte di Cristo in noi, perché in noi si compia la sua risurrezione gloriosa nell’ultimo giorno.

Se si vede così il cristianesimo, si dà ad esso un’altra impronta; si dà l’impronta della ricerca della volontà di Dio perché sia compiuta nella nostra vita. Se si osserva secondo questa visione di fede la vita di una comunità cristiana, allora ci si accorge di tutte le vanità che l’avvolgono. Tutto si fa, tranne che compiere ognuno singolarmente e tutti insieme, ognuno secondo la sua parte e la sua vocazione, l’opera di Cristo, che è la nostra morte in Lui nella più grande obbedienza al Padre nostro che è nei cieli.

La fede vera, sana, rinnova l’esistenza, la cambia, la trasforma. Oggi questo si richiede alle comunità cristiane: partire dall’annuncio della retta fede perché ognuno inizi nel suo corpo il compimento dell’opera del Signore, che è l’opera di Cristo, iniziata in noi il giorno del nostro battesimo.

Sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore. Questo fervore nel fare il bene, deve accendersi in noi per la certezza del premio. La nostra fatica non è infruttuosa, perché ci renderà degni della futura risurrezione, a condizione però che tutto sia fatto nel Signore, cioè in unione intima con Gesù Cristo.

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata
  •  Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede

 

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151 Ultima modifica il Lunedì, 24 Febbraio 2025 19:08
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition […] we see that Jesus’ work is explained in several actions: Jesus speaks; Jesus knows; Jesus gives eternal life; Jesus safeguards (Pope Francis)
Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 10,27-30) Gesù si presenta come il vero Pastore del popolo di Dio. Egli parla del rapporto che lo lega alle pecore del gregge, cioè ai suoi discepoli, e insiste sul fatto che è un rapporto di conoscenza reciproca […] vediamo che l’opera di Gesù si esplica in alcune azioni: Gesù parla, Gesù conosce, Gesù dà la vita eterna, Gesù custodisce (Papa Francesco)
To enter into communion with God, before observing the laws or satisfying religious precepts, it is necessary to live out a real and concrete relationship with him […] And this “scandalousness” is well represented by the sacrament of the Eucharist: what sense can there be, in the eyes of the world, in kneeling before a piece of bread? Why on earth should someone be nourished assiduously with this bread? The world is scandalized (Pope Francis)

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don Giuseppe Nespeca

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