don Giuseppe Nespeca

don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Giovedì, 16 Maggio 2024 07:02

Ascensione del Signore B

Lunedì, 13 Maggio 2024 21:25

Pentecoste Francescana

Martedì, 07 Maggio 2024 12:43

Ascensione del Signore B

Giorni fa ho visitato la bottega di un artigiano della zona del travertino e sono rimasto entusiasta dalla lavorazione di questo signore. Ha creato, a mio avviso, dei piccoli capolavori.

Certo, di cose belle e grandiose nel mondo ce ne sono tante in tutti i campi: dalle grandi opere, alla pittura, alla poesia, alle scoperte scientifiche. Superfluo è elencarle. Sono conosciute, sono state ammirate, vengono ammirate - e lo saranno nel futuro.

Ma spesso nella nostra quotidianità possiamo trovare, scoprire delle piccole opere prodotte, create da persone sconosciute. Il vocabolario Treccani definisce la creatività ‘virtù creativa’, capacità di creare con l’intelletto, la fantasia, l’inventiva.

In questa circostanza sono andato a rispolverare un mio vecchio libro di Silvano Arieti - ‘Creatività sintesi magica’ - Il pensiero scientifico editore. Questo psichiatra e psicoanalista ne dà una bellissima definizione: “La creatività, una prerogativa dell’uomo, può essere vista come l’umile corrispettivo umano della creazione divina” (pag.3). Mentre il Creatore plasmò dal nulla tutte le cose, la creatività umana si serve di ciò che già esiste per modificarlo.

L’autore parla poi di una creatività ordinaria, e straordinaria. Si tratta di diversi livelli di creatività, non quella delle grandi opere o di grandi letterati [pensiamo alla Divina Commedia o ai grandi monumenti, alle meraviglie del mondo] ma alle piccole opere di noi uomini comuni che a volte riusciamo a plasmare ciò che abbiamo, in qualcosa di stupendo.

Miglioriamo la fiducia in noi stessi, proviamo soddisfazione, crediamo di più in noi stessi - e questo ci spinge a lavorare meglio. Dice ancora Arieti che la creatività ordinaria non deve farci dimenticare   e trascurare la creatività straordinaria. Mentre “la ordinaria solleva il morale dell’uomo ed elimina o diminuisce la nevrosi, quella straordinaria è responsabile delle grandi conquiste dell’umanità e del progresso sociale” (pag.11).

Ancora più avanti nel libro, Arieti cita Nathaniel Hirsh che nella sua opera ‘Genio e intelligenza creativa’ del 1931 ha esaminato la differenza fra talento e genio.

Egli scrisse (pp. 288-289):  “[…] il genio crea, l’uomo di talento determina dei miglioramenti; il genio intuisce, l’uomo di talento analizza ed esplora: il genio aspira, lo scopo della sua vita è la creatività; l’uomo di talento è animato dall’ambizione e lo scopo della sua vita è il potere; il genio è sempre uno straniero in una terra straniera; gli uomini di talento sono quelli per i quali la terra è un paradiso e l’adattamento sociale una vocazione naturale”.

Personalmente mi sono chiesto se la creatività piccola o grande che sia, in che rapporto si trovi con l’intelligenza. Molti autori hanno compiuto degli studi in tal senso. L’autore sostiene che non via siano ancora dei pareri concordi. Sembra però che le persone molto intelligenti non siano necessariamente creative. Un alto quoziente intellettivo può limitare l’interiorità, per la presenza di una forte autocritica.

Getzel e Jackson studiarono due gruppi di bambini: un gruppo con alta intelligenza ma non con corrispondente indice intellettivo e l’altro gruppo con un indice di alta creatività ma non con un corrispondente quoziente intellettivo. Confrontando poi i risultati nonostante una differenza di punteggio nei Q.I. dei due gruppi non vi fu una differenza misurabile nel rendimento scolastico.

Altri autori hanno cercato di studiare le qualità psicologiche dei creativi. 

Secondo gli studi di Mary Henle una proprietà decisiva è la recettività: vale e adire che più che cercare le idee, dobbiamo essere attenti ad accoglierle.  

Altra particolarità è la “immersione” nel materiale - per avere più informazioni, ma anche per conoscerne le difficoltà.

Per Guilford è importante anche una sensibilità’ generale verso le cose.

Alcune società hanno favorito la creatività, mentre altre l’hanno inibita. Benché’ il processo creativo sia un fenomeno intrapsichico, è ampiamente favorito da un ambiente adatto.

Mi ricordo che quando ero studente rimasi meravigliato dopo una lezione dove la docente affermava che una persona con delle qualità o geniale, se non ha un terreno fertile difficilmente sarebbe riuscita ad emergere. Ero convinto che una persona geniale emergesse in ogni caso.

Usando un’allegoria, un bel fiore può crescere bene se nasce in un terreno inaccessibile e privo di cure necessarie e se ciò avvenisse chissà se qualcuno si accorgerà del suo splendore.

 

Francesco Giovannozzi psicologo-psicoterapeuta

 

Martedì, 30 Aprile 2024 16:15

Rimanete nell’Amore

Lunedì, 29 Aprile 2024 19:56

Popolo Buon Pastore

Lunedì, 29 Aprile 2024 19:42

Vite e Tralci

Da un po’ di tempo sento  parlare dai media di intelligenza artificiale. Apprendo che è una branca dell’informatica  che ha come scopo la costruzione di  macchine capaci di lavorare, di avere delle prestazioni simili a quelle dell’uomo. Qualche giorno fa ho sentito che è stato tradotto un antico manoscritto grazie all’intelligenza artificiale.

So che l’idea di realizzare  macchinari in grado di riprodurre l’intelligenza umana ci ha sempre  attratti  fin dall’antichità. 

Kerenyi nei miti della Grecia ci parla  della figura di Talo (o Talos) di Creta.  Era una statua vivente, un gigantesco automa invulnerabile, incaricato da Minosse  di sorvegliare l’isola. Il gigante era invincibile tranne in un punto della caviglia dove era visibile una vena. La leggenda narra che fu ucciso con una freccia che lo colpì nel punto debole. Altra versione narra che morì per la perdita del sangue, però non per una freccia, ma perché aveva urtato la caviglia contro una roccia, dopo che Medea lo aveva stregato con le sue arti magiche.

L’intelligenza artificiale: non so se siano più i vantaggi o i pericoli. Forse in campo scientifico o medico essa può risultare preziosa, ma nella vita pratica, quotidiana, temo una disumanizzazione.

Oltretutto: e i posti di lavoro?

Per fare un banale esempio, immaginate quando domani in un ristorante vi servirà un robot? Credo che tutti preferiamo un essere umano, con i suoi pregi, difetti, con il suo ingegno.  

O ancora, ho sentito da un telegiornale che l’intelligenza artificiale sarà impiegata nel campo della psicologia e della psicoterapia. 

Qui tutto il mio essere si ribella!

La psicologia si occupa dell’anima e la psicoterapia è una forma di aiuto attraverso il rapporto interpersonale. Come può un automa aiutare un essere umano nella sofferenza interiore? Quale vissuto può trasmettere e comunicare all’altro?

Non basta dare linee guida; lo psicoterapeuta studia per anni e nel caso dell’analisi si sottopone egli stesso ad analisi per poter conoscere il proprio inconscio e cercare di aiutare l’altro. Ma anche nell’applicare un test, il professionista si serve di solito di un computer al fine di valutare i dati statistici, ma è sempre lo stesso professionista a valutare il test in base alle sue conoscenze e alla storia del soggetto. Può un automa fare questo?

Penso che l’intelletto sia una prerogativa umana. Esistono comportamenti animali che fanno supporre  l’attività conseguente a un fine, anche se basate sull’istinto.

La definizione  di intelligenza si è evoluta negli anni, passando da un’abilità generale ad una competenza cognitiva congiunta con componenti ambientali, emozionali, esperienziali.

La prima definizione di essa fu data da Spermann  che la considerava come “fattore  g“ - cioè una capacità generale astratta, al di sopra di altre abilità. Poteva essere misurata attraverso dei test e questo la rendeva scientifica.

Poi sono state elaborate altre teorie  sull’intelligenza: Thurstone ipotizzò sette abilità primarie,   Guilford ci ha parlato di 120 abilità primarie e autonome fra di loro, Cattell  distinse tra intelligenza fluida e cristallizzata. La fluida è la parte strutturale funzionale, innata - cioè la capacità di cogliere relazioni tra elementi, indipendentemente da apprendimenti; quella cristallizzata scaturisce dall’esperienza.

Un tipo di intelligenza oggi molto studiata è l’intelligenza emotiva. Consiste nel riconoscere e regolamentare le propria vita emozionale. 

Questo elenco non è esaustivo. Ho solo citato qualche teoria. 

Quella che personalmente mi  piace di più è la teoria di Jean Piaget: l’autore parla di ‘assimilazione  e accomodamento’. Essi accompagnano la vita di un individuo; più flessibile in giovinezza, più rigido nella senescenza.

L’assimilazione: abbiamo esperienza dl mondo esterno per mezzo di schemi già in nostro possesso. Ne è un esempio il neonato con il riflesso di suzione, che gli permette di esplorare la realtà circostante. L’accomodamento è il cambiamento di questi schemi in base a nuove esperienze, che forniscono ulteriori informazioni. Questi due momenti si alternano in cerca di un equilibrio.  

Questo equilibrio fa sì che l’individuo organizzi una forma di adattamento all’ambiente.

I due momenti sono quasi sempre presenti in ogni attività umana; a volte prevale l’assimilazione, a volte l’accomodamento.  Ad esempio, quando un bimbo stringe il pugno senza tenere nulla in mano o fa i movimenti della suzione senza avere niente in bocca, è l’ assimilazione a dominare; mentre l’accomodamento primeggia quando ad esempio un bimbo imita un gesto che ha visto o tenta di portare la mano alla bocca. O ancora se un bambino prende una penna deve eseguire dei movimenti con le dita diversi da quando prende un pallone. Accomoda i suoi gesti.

Per Piaget lo sviluppo mentale comincia con il periodo sensomotorio. Sinteticamente è una fase che va dalla nascita ai due anni circa. Dai soli riflessi, passa a dei comportamenti, per vedere le conseguenze sul proprio corpo e poi su oggetti del mondo esterno, scoprendo nuove azioni efficaci per raggiungere uno scopo. Verso i diciotto mesi compare l’attività rappresentativa: il bambino è in grado di immaginarsi delle azioni.

Nella fase preconcettuale [2- 4 anni] prevale l’egocentrismo e aumenta il linguaggio, ma il bimbo  non sa passare dal modo di pensare generale a quello particolare, e contrariamente.

Dai quattro ai sette anni circa abbiamo la fase del pensiero intuitivo. Con la scuola materna il bambino  acquisisce nuove informazioni, ma ancora non  c’è  reversibilità. Quest’ultima consiste nel mettere in relazione col pensiero più azioni, e saperle ricostruire al contrario.

Nella fase delle operazioni concrete, cresce l’accordo fra le azioni. Il pensiero passa dal particolare al generale, e viceversa; ma si è  ancora legati alle azioni.  

Nella fase delle operazioni formali [dagli undici ai quattordici anni circa] il ragionamento ipotetico deduttivo permette di fare delle ipotesi. Il preadolescente comincia a pensare al proprio futuro, e riflette sui valori del proprio ambiente culturale. 

Questo piccolo schema riassuntivo non è completo né esaustivo. La teoria “piagetiana“  è molto più articolata. Oltre alla teoria di Piaget ci sono stati  Wygotskij e Bruner, che hanno avuto i loro punti di vista.

Tenendo conto di questi piccoli dati sullo sviluppo umano, reminiscenze degli studi universitari, mi sono chiesto: l’intelligenza artificiale sarà in grado di trovare un accomodamento per adattarsi al meglio? Saprà trovare nuove soluzioni? O si avvarrà solo del momento di assimilazione? E soprattutto: sarà un aiuto, o si metterà in concorrenza con l’essere umano?

Francesco Giovannozzi, psicologo-psicoterapeuta.  

Si avvicina il Natale, per eccellenza la festa transculturale della Nascita.

Lo scorso Natale ho già fatto un piccola riflessione sul significato psicologico dl Natale. In questo articoletto vorrei affrontare largomento in modo diverso.

Gravidanza, nascita e infanzia sono un continuum.

Alcuni psicologi dellinconscio sostengono che la vita psichica ha inizio addirittura durante la gravidanza.

Riporto alcune esperienze di analisti tratte dal libro «Lorigine della paura - i miti della Mesopotamia e il trauma della nascita»  di  Franz Renggli [Ed. Magi. (gen. 2004)].

Queste esperienze riportate nel libro aiutano a comprendere la vita psichica di colui che sta per nascere.

Lautore cita a pag. 29 una storia di animali di William Emerson.

 

Una motrice da rimorchio  aveva investito una cagna gravida. Sopravvissero sia la madre che il cucciolo. Dopo la nascita ,esso fu portato in una fattoria dove si distinse per il suo atteggiamento pauroso.

In particolare reagiva nervosamente al gracidio delle oche nel periodo primaverile quando queste migravano verso nord - e in autunno, quando facevano ritorno. In queste occasioni sussultava e si nascondeva in un granaio.

Occorre aggiungere che il conducente dellautocarro aveva cercato di evitare lincidente suonando il clacson, il cui effetto acustico era simile al grido delle oche.

Eevidente che il vecchio trauma prenatale, legato ad un grande dolore e alla paura della morte, veniva risvegliato  in questo cucciolo dal passaggio delle oche.

 

In questo capitolo del libro lautore riporta unaltra storia di Thomas Verny tratta dal suo libro «Vita segreta prima della nascita» (1981):

 

Un direttore dorchestra durante la prima esecuzione di una composizione, conosceva in anticipo, prima di voltar le pagine della partitura, le parti affidate al violoncello. Quando lo raccontò alla madre violoncellista di professione, il segreto fu presto svelato: durante la gravidanza, lei aveva provato al violoncello proprio quei passaggi.

 

Lautore riporta anche delle ricerche condotte da  David Chamberlain. Egli ha sottoposto ad ipnosi alcuni bimbi con linguaggio, chiedendo loro lesperienza della nascita. Ha fatto lo stesso con madri - e confrontando,i loro racconti coincidevano.

 

Questi bambini descrivono la loro nascita dallinterno, lansia che li ha colti durante  le doglie, ma anche le loro preoccupazioni e l'empatia che li univa alla madre durante il parto.

 

Interessanti sono anche le osservazioni di Alessandra Piontelli (p.31)

Questa psicoanalista ha effettuato delle osservazioni durante il periodo della gravidanza e le conoscenze sul periodo prenatale si sono arricchite.

Nel libro sopra citato (p.32) viene riportato il caso di una madre che in gravidanza mangiava  in continuazione  nonostante il parere contrario dei medici.

Il nascituro era altrettanto insaziabile, si succhiava continuamente il pollice e la placenta; la sua lingua era sempre in movimento, e ingeriva  grandi quantità di liquido amniotico.

Un altro esempio descritto è quello di una madre con un elevato livello di ansia, perché aveva già perso un bambino,

Ogni volta che i medici le comunicavano qualcosa, andava in ansia e subito pensava a quale danno poteva andar incontro il nascituro.

Il feto di conseguenza si nascondeva dietro le braccia e dietro le gambe,in modo tale che durante gli esami medici con ultrasuoni non si distingueva chiaramente la testa. Ansioso come la madre.

A p.33 del libro viene citato uno studio effettuato da David Chamberlain.

Ogni volta che le madri vogliono sapere se il bambino che sta per nascere è nomale si  sottopongono ad amniocentesi: Chamberlain riferisce che un feto si è ritratto per poi colpire con un pugno lago; altri si irrigidiscono, e il loro cuore batte più forte. Nonché la respirazione può rallentare per alcuni giorni.

Generalmente i nascituri non si spaventano tanto dellago, a meno che non sia una questione    vitale e percepiscano un pericolo.

 

Anche nella mia esperienza professionale mi sono imbattuto in vissuti dolorosi che erano riconducibili al periodo gestazionale.

La raccolta dallanamnesi era centrata ampiamente sul periodo del concepimento e di come  era stata la vita dei genitori durante lattesa,oltre che sulla storia personale del bimbo.

Il vissuto di genitori metteva in luce laccettazione o meno del bimbo, talora eventuali matrimoni non voluti, ovvero vicende di madri e padri ancora loro stessi bimbi: incapaci di prendersi cura, aspetto tipico della funzione genitoriale.

Certo che poi il piccolo nasce, ma vivrà meglio se supportato da sentimenti positivi e amorevoli. Avrà più forza per affrontare le difficoltà della vita.

E allora viviamo con gioia il Natale, anche se ci sono persone che lo vivono male.

Natale rappresenta e tramanda il tema della nascita.

E vero che il Natale è la nascita del Bambino Gesù, ma è anche la festa di qualsiasi nascita. Mi chiedo quale persona non senta dentro di sé una particolare gioia, quando un bimbo viene al mondo (cristiani e non).

Personalmente penso che la festività del Natale non escluda nessuno,

E mi piacerebbe che si continuasse a chiamarlo così, non festa dinverno come suggerito da voci autorevoli.  

 

Francesco Giovannozzi psicologo - psicoterapeuta.

Una signora mi dà l’occasione per riflettere su questo argomento. Mi racconta un sogno di circa una settimana fa. Vuole comprenderne il senso. Avverte un po’ di ansia  perché nel sogno lei aveva  paura di qualcosa di non specifico.

Nel vocabolario Treccani alla voce Paura si legge: “Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento di fronte ad un pericolo reale o immaginario, o dinanzi a cosa o fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone o le circostanze. Esso assume il carattere di un turbamento forte e improvviso che si manifesta anche con reazioni fisiche quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa, o comunque appaia imminente”.

La paura insieme ad  altre è una delle emozioni più importanti. In tal guisa, non dobbiamo credere che avere paura sia sempre negativo, anzi dobbiamo capire che alcune di tali emozioni critiche ci fanno sopravvivere. 

La paura fa riconoscere le situazioni che  potrebbero farci del male, o addirittura farci soccombere.

Nel nostro territorio e nei nostri ricordi che cosa succederebbe se non avessimo avuto paura del terremoto?

La paura ci fa battere il cuore più velocemente, aumenta la sudorazione; forse anche una certa motilità intestinale - e altre reazioni. 

A livello della psiche, una risposta è costituita dalla fuga. Essa ci fa scappare dando una sensazione di sollievo momentaneo, ma poi dobbiamo affrontare il problema perché potrebbe sorgere della sfiducia in se stessi.

Un’altra risposta è l’attacco, per cercare di far fronte e risolvere il motivo che ci fa paura.

Vi sono poi delle situazioni un po’ più eccessive come ad esempio immobilizzarsi: qui l’individuo riesce solo a bloccarsi, visto che non riesce ad avere nessun’altra reazione.

In situazioni estreme e anche  pericolose, c’e chi si finge morto per evitare la situazione dove c’è un’alta percentuale di rischio, e dove spesso è in pericolo la vita stessa.

C ‘è poi anche un tipo di paura che riguarda le relazioni umane, ed è spesso la paura di legarsi, di stabilire una relazione duratura con l’altro perché magari l’essere “legato” ci può far sentire indifesi. 

In tal senso, l’amore potrebbe portare la persona a perdere il controllo sulle proprie emozioni; appunto,  facendolo comportare in maniera istintiva. 

Oppure potrebbe esserci la paura di aprirsi all’altro - che potrebbe voler supporre una perdita di una parte di sé.

Quando le paure vengono vissute in modo esagerato diventano fobie, o possono manifestarsi  attacchi di panico.

Quando una paura viene associata a oggetti o situazioni che obiettivamente non presentano un pericolo o non sentite come rischiose, possiamo definire tale fattispecie come fobia. La persona comprende che il suo comportamento è illogico, eppure si sente spinto ad evitare quelle situazioni  che lo espongono a qualcosa di intollerabile.

Storicamente il caso più antico di una persona fobica è riportato in uno dei libri di Ippocrate.

Uno dei primi tentativi di trattare sistematicamente le reazioni fobiche venne compiuto da John Locke.

Esse - dice Locke - hanno origine da un’associazione di idee, e se sono sorte nell’infanzia spesso ne dimentichiamo le cause:

“le idee sugli spiriti maligni e sui fantasmi non hanno più rapporto con le tenebre che con la luce; basta che qualcuno inculchi queste idee nella mente di un bambino che probabilmente  non sarà in grado di separarsene finché vivrà […] il buio porterà con sé quelle idee spaventose, e cosi non tollererà né il buio né quelle idee “.

Freud raggruppò le fobie in: ‘comuni’, cioè una paura esagerata di tutte quelle cose che ognuno detesta o teme come la morte, la solitudine, la malattia  ecc. e ‘fobie specifiche’  cioè la paura di speciali circostanze che di solito non provocano timore alla maggioranza delle persone [es. la paura degli spazi aperti, della folla, ecc.].

Ogni cosa può diventar oggetto di una fobia, perciò l’idea di classificarle dando loro un nome greco non è più considerata utile, perché bisognerebbe aggiungere all’elenco infinite altre voci. 

I processi impegnati nella formazione dei sintomi fobici sono ben illustrati nell’analisi della fobia di un bambino di cinque anni descritto da Freud, noto come il caso del piccolo Hans.

Abbiamo poi l’attacco di panico caratterizzato da una fortissima ansia e terrore. Spesso ai bambini piccoli dicevo che esso è come una grande onda del mare che ti sommerge…

Il termine panico deriva dal dio Pan, una divinità della mitologia greca. Si narra infatti che egli spaventasse chiunque lo disturbava durante il riposo, emettendo delle urla terrificanti. Da qui il termine “andare in  panico”.

 

Francesco Giovannozzi psicologo e psicoterapeuta.

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The "widow" represents the soul of the People from whom God, the Bridegroom, has been stolen. The "poor" is such because she is the victim of a deviant teaching: a doctrine that arouses fear, more than humility or a spirit of totality. Jesus mourns the condition of she who should have been helped by the Temple instead of impoverished
La “vedova” raffigura l’anima del Popolo cui è stato sottratto Dio, lo Sposo. La “povera” è tale perché vittima di un insegnamento deviante: dottrina che suscita timore, più che umiltà o spirito di totalità. Gesù piange la condizione di colei che dal Tempio avrebbe dovuto essere aiutata, invece che impoverita
Jesus has forever interrupted the succession of ferocious empires. He turned the values ​​upside down. And he proposes the singular work - truly priestly - of the journey of Faith: the invitation to question oneself. At the end of his earthly life, the Lord is Silent, because he waits for everyone to pronounce, and choose
Gesù ha interrotto per sempre il susseguirsi degli imperi feroci. Ha capovolto i valori. E propone l’opera singolare - davvero sacerdotale - del cammino di Fede: l’invito a interrogarsi. Al termine della sua vicenda terrena il Signore è Silenzioso, perché attende che ciascuno si pronunci, e scelga
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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