Nov 6, 2025 Scritto da 

Dedicazione della Basilica Lateranense

Dedicazione della Basilica Lateranense [9 Novembre 2025]

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga! Lasciamoci scuotere dallo zelo di Gesù per la sua Chiesa che ama resti integra e fedele

 

Prima Lettura dal libro di Ezechiele (47, 1… 12)

Prima di rileggere la visione di Ezechiele, è utile ricordare il piano del Tempio che lui conosceva, quello di Salomone. Diverso dalle nostre chiese, il Tempio era un’ampia spianata suddivisa in cortili: dei pagani, delle donne e degli uomini. Il Tempio vero e proprio aveva tre parti: all’aperto con l’altare degli olocausti, il Vestibolo, il Santo e il Santo dei Santi. Per Israele, il Tempio era il centro della vita religiosa: unico luogo di pellegrinaggio e sacrifici. La sua distruzione nel 587 a.C. rappresentò un crollo totale, non solo fisico ma anche spirituale. La domanda era: la fede sarebbe crollata con esso? Come sopravvivere dopo la distruzione? Ezechiele, deportato a Babilonia nel 597 a.C., si trovò sulle rive del fiume Kebar, a Tel Aviv. Nei venti anni dell’Esilio (dieci prima e dieci dopo la distruzione), dedicò tutte le sue energie a mantenere viva la speranza del popolo. Doveva agire su due fronti: sopravvivere e mantenere intatta la speranza del ritorno. Come sacerdote, parlava soprattutto in termini di culto e visioni, molte delle quali riguardano il Tempio. Sopravvivere significava comprendere che il Tempio non era il luogo della presenza di Dio, ma il suo segno. Dio non era tra le rovine, ma con il suo popolo sul Kebar. Come diceva Salomone: «I cieli stessi e i cieli dei cieli non possono contenerti! Quanto meno questa Casa che ho edificato!» (1 Re 8,27). Dio è sempre in mezzo al suo popolo e non abbandona Israele: prima, durante e dopo il Tempio, è sempre in mezzo al suo popolo. Anche nella sventura, la fede si approfondisce. La speranza del ritorno è salda perché Dio è fedele e le promesse rimangono valide. Ezechiele immagina il Tempio del futuro e descrive un’acqua abbondante che scorre dal Tempio verso oriente, portando vita ovunque: la Mer Morto non sarà più morta, come il Paradiso della Genesi (Gn 1). Questo messaggio dice ai contemporanei: il paradiso non è dietro, ma davanti; i sogni di abbondanza e armonia saranno realizzati. La ricostruzione del Tempio, alcune decadi dopo, fu forse frutto di questa ostinata speranza di Ezechiele. Forse in ricordo di Ezechiele e della speranza che incarnò, la capitale d’Israele oggi si chiama Tel Aviv, “collina della primavera”.

 

Salmo responsoriale 45/46

La liturgia della festa della Dedicazione propone solo una suddivisione del Salmo 45/46, ma è utile leggerlo interamente. Si presenta come un cantico di tre strofe separate da due ritornelli (vv 8 e 12): “Il Signore degli eserciti è con noi; nostro baluardo è il Dio di Giacobbe”. Dio, re del mondo. Prima strofa: dominio di Dio sugli elementi cosmici (terra, mare, montagne. Seconda strofa: Gerusalemme, “la città di Dio, la più santa dimora dell’Altissimo”(v.5). Terza strofa: dominio di Dio sulle nazioni e su tutta la terra: «Io domino le nazioni, domino la terra». Il ritornello ha un tono di vittoria e guerra: l Signore dell’universo è con noi…. Il nome «Sabaoth» significa «Signore degli eserciti», un titolo guerriero che all’inizio della storia biblica indicava Dio a capo delle armate israelite. Oggi si interpreta come Dio dell’universo, riferendosi agli eserciti celesti. La seconda strofa e il Fiume.  Sorprende l’evocazione di un Fiume a Gerusalemme, che in realtà non esiste. L’approvvigionamento idrico era garantito da sorgenti come il Gihon e Ain Roghel. Il Fiume non è reale, ma simbolico: anticipa la profezia di Ezechiele di un fiume miracoloso che irrigherà tutta la regione fino al Mar Morto. Analogie si trovano in Gioele e Zaccaria, dove acque vive scorrono da Gerusalemme e portano vita ovunque, mostrando Dio come re di tutta la terra.Tutte le iperboli del Salmo anticipano il Giorno di Dio, la vittoria definitiva su tutte le forze del male. La tonalità guerriera nei ritornelli e nell’ultima strofa ( “Eccelso tra le genti, eccelso sulla terra”) significa che Dio combatte contro la guerra stessa. Il Regno di Dio sarà stabilito su tutta la terra, su tutti i popoli, e tutte le guerre finiranno. Gerusalemme, «Città della Pace», simboleggia questo sogno di armonia e prosperità. Per alcuni commentatori, il Fiume rappresenta anche la folla che attraversa Gerusalemme durante le grandi processioni.

 

Seconda Lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (3, 9… 17)

Il desiderio più profondo dell’Antico Testamento era che Dio fosse per sempre presente tra il suo popolo, instaurando un regno di pace e giustizia. Ezechiele lo esprime con il nome profetico di Gerusalemme: “Il Signore è là”. Tuttavia, il compimento di questa promessa supera ogni attesa: Dio stesso si fa uomo in Gesù di Nazaret, “il Verbo che si è fatto carne e ha posto la sua dimora tra noi”. San Paolo, rileggendo l’Antico Testamento, riconosce che tutta la storia della salvezza converge verso Cristo, centro eterno del progetto di Dio. Quando i tempi sono compiuti, Dio manifesta la sua presenza non più in un luogo (il Tempio di Gerusalemme), ma in una persona: Gesù Cristo, e in coloro che, mediante il Battesimo, sono uniti a lui. I Vangeli mostrano in vari modi questo mistero della nuova presenza di Dio: la Presentazione al Tempio, lo squarcio del velo al momento della morte di Gesù, l’acqua che sgorga dal suo costato (nuovo Tempio da cui fluisce la vita), e la purificazione del Tempio. Tutti questi segni indicano che in Cristo Dio abita definitivamente in mezzo agli uomini. Dopo la risurrezione, la presenza di Dio continua nel suo popolo: lo Spirito Santo abita nei credenti. Paolo lo afferma con forza: «Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi». Questa realtà ha una doppia dimensione: Ecclesiale: la comunità dei credenti è il nuovo tempio di Dio, edificato su Cristo, pietra angolare. Tutto deve essere fatto per l’edificazione comune e per essere segno vivo della presenza di Dio nel mondo. Personale: ogni battezzato è “tempio dello Spirito Santo”. Il corpo umano è luogo santo in cui Dio abita, e per questo va rispettato e custodito. Il nuovo Tempio non è un edificio materiale, ma una realtà viva, in continua crescita, “un tempio che si dilata senza fine”, come diceva il cardinale Daniélou: l’umanità trasformata dallo Spirito. Infine, Paolo ammonisce: “Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui”. La dignità del credente come dimora di Dio è sacra e inviolabile. La promessa di Cristo a Pietro ne è la garanzia: «Le potenze del male non prevarranno contro la mia Chiesa». In sintesi: Dio, che nell’Antico Testamento abitava in un tempio di pietra, nel Nuovo abita in Cristo e, attraverso lo Spirito, nel cuore e nella comunità dei credenti. La Chiesa e ogni cristiano sono oggi il segno vivente della presenza di Dio in mezzo al mondo.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (2, 13-22)

Il commercio sulla spianata del Tempio.  Nel Vangelo di Giovanni (cap. 2), Gesù compie uno dei suoi gesti più forti e simbolici: scaccia i mercanti dal Tempio di Gerusalemme. L’episodio avviene all’inizio della sua missione pubblica e rivela il senso profondo della sua presenza nel mondo: Gesù è il nuovo Tempio di Dio. Ai tempi di Gesù, la presenza di venditori di animali e di cambiavalute attorno al Tempio era una pratica normale e necessaria: i pellegrini dovevano acquistare animali per i sacrifici e cambiare il denaro romano, che portava l’effigie dell’imperatore, con monete giudaiche. Il problema non era quindi l’attività in sé, ma il fatto che i mercanti avevano invaso la spianata del Tempio, trasformando la prima corte – destinata alla preghiera e alla lettura della Parola – in un luogo di commercio. Gesù reagisce con forza profetica: “Non fate della casa del Padre un mercato” Denuncia così la trasformazione del culto in interesse economico e riafferma che non si possono servire due padroni, Dio e il denaro. Le sue parole richiamano quelle dei profeti: Geremia aveva denunciato il Tempio come “spelonca di ladri” (Ger 7,11), e Zaccaria aveva annunciato che, nel giorno del Signore, “non vi sarà più mercante nella casa del Signore” (Zc 14,21). Gesù si inserisce in questa linea profetica e porta a compimento le loro parole. Di fronte al gesto di Gesù, si manifestano due atteggiamenti: I discepoli, che lo conoscono e hanno già visto i suoi segni (come a Cana), comprendono il senso profetico del gesto e ricordano il Salmo 68(69): “Lo zelo per la tua casa mi divora”. Giovanni modifica il tempo del verbo (“mi divorerà”) per annunciare la futura passione di Gesù, segno del suo amore totale per Dio e per l’uomo. Gli oppositori (“i Giudei” in Giovanni) reagiscono con diffidenza e ironia: chiedono a Gesù di giustificare la sua autorità e non accettano di essere ammoniti da lui. Alla loro richiesta di un segno, Gesù risponde con parole misteriose: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Essi pensano al Tempio di pietra, restaurato da Erode in quarantasei anni, simbolo della presenza di Dio tra il popolo. Ma Gesù parla di un altro tempio: il suo corpo. Solo dopo la risurrezione i discepoli comprendono il senso delle sue parole: il vero Tempio, segno della presenza di Dio, non è più un edificio, ma la persona stessa di Gesù risorto, “la pietra scartata dai costruttori, divenuta pietra angolare”. Questo episodio, posto da Giovanni all’inizio del suo Vangelo, annuncia già tutto il mistero cristiano: Gesù è il nuovo luogo dell’incontro con Dio, il Tempio vivente dove l’uomo trova la salvezza. Il culto antico è superato: non si tratta più di offrire sacrifici materiali, ma di accogliere e seguire Cristo, che offre se stesso per l’umanità. La fede divide: alcuni (i discepoli) accolgono questa novità e diventano figli di Dio; altri (gli oppositori) la rifiutano e si chiudono alla rivelazione. Gesù, cacciando i mercanti dal Tempio, rivela che la vera casa di Dio non è fatta di pietre ma di persone unite a Lui. Il suo corpo risorto è il nuovo Tempio, segno definitivo della presenza di Dio tra gli uomini. L’episodio diventa così una profezia della Pasqua e un invito alla purificazione del cuore, perché la dimora di Dio non si trasformi mai in un luogo di interesse, ma resti spazio di fede, comunione e amore.

+ Giovanni D’Ercole

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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It has made us come here the veneration of martyrdom, on which, from the beginning, the kingdom of God is built, proclaimed and begun in human history by Jesus Christ (Pope John Paul II)
Ci ha fatto venire qui la venerazione verso il martirio, sul quale, sin dall’inizio, si costruisce il regno di Dio, proclamato ed iniziato nella storia umana da Gesù Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
The evangelization of the world involves the profound transformation of the human person (Pope John Paul II)
L'opera evangelizzatrice del mondo comporta la profonda trasformazione delle persone (Papa Giovanni Paolo II)
The Church, which is ceaselessly born from the Eucharist, from Jesus' gift of self, is the continuation of this gift, this superabundance which is expressed in poverty, in the all that is offered in the fragment (Pope Benedict)
La Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, dall’autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento (Papa Benedetto)
He is alive and wants us to be alive; he is our hope (Pope Francis)
È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza (Papa Francesco
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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