Mag 5, 2024 Scritto da 

IL PROCESSO CREATIVO, ordinario e straordinario: il genio, il talento; l’intelligenza; la recettività; l’immersione e la sensibilità generale; l’ambiente vitale (di Francesco Giovannozzi, psicologo e psicoterapeuta)

Giorni fa ho visitato la bottega di un artigiano della zona del travertino e sono rimasto entusiasta dalla lavorazione di questo signore. Ha creato, a mio avviso, dei piccoli capolavori.

Certo, di cose belle e grandiose nel mondo ce ne sono tante in tutti i campi: dalle grandi opere, alla pittura, alla poesia, alle scoperte scientifiche. Superfluo è elencarle. Sono conosciute, sono state ammirate, vengono ammirate - e lo saranno nel futuro.

Ma spesso nella nostra quotidianità possiamo trovare, scoprire delle piccole opere prodotte, create da persone sconosciute. Il vocabolario Treccani definisce la creatività ‘virtù creativa’, capacità di creare con l’intelletto, la fantasia, l’inventiva.

In questa circostanza sono andato a rispolverare un mio vecchio libro di Silvano Arieti - ‘Creatività sintesi magica’ - Il pensiero scientifico editore. Questo psichiatra e psicoanalista ne dà una bellissima definizione: “La creatività, una prerogativa dell’uomo, può essere vista come l’umile corrispettivo umano della creazione divina” (pag.3). Mentre il Creatore plasmò dal nulla tutte le cose, la creatività umana si serve di ciò che già esiste per modificarlo.

L’autore parla poi di una creatività ordinaria, e straordinaria. Si tratta di diversi livelli di creatività, non quella delle grandi opere o di grandi letterati [pensiamo alla Divina Commedia o ai grandi monumenti, alle meraviglie del mondo] ma alle piccole opere di noi uomini comuni che a volte riusciamo a plasmare ciò che abbiamo, in qualcosa di stupendo.

Miglioriamo la fiducia in noi stessi, proviamo soddisfazione, crediamo di più in noi stessi - e questo ci spinge a lavorare meglio. Dice ancora Arieti che la creatività ordinaria non deve farci dimenticare   e trascurare la creatività straordinaria. Mentre “la ordinaria solleva il morale dell’uomo ed elimina o diminuisce la nevrosi, quella straordinaria è responsabile delle grandi conquiste dell’umanità e del progresso sociale” (pag.11).

Ancora più avanti nel libro, Arieti cita Nathaniel Hirsh che nella sua opera ‘Genio e intelligenza creativa’ del 1931 ha esaminato la differenza fra talento e genio.

Egli scrisse (pp. 288-289):  “[…] il genio crea, l’uomo di talento determina dei miglioramenti; il genio intuisce, l’uomo di talento analizza ed esplora: il genio aspira, lo scopo della sua vita è la creatività; l’uomo di talento è animato dall’ambizione e lo scopo della sua vita è il potere; il genio è sempre uno straniero in una terra straniera; gli uomini di talento sono quelli per i quali la terra è un paradiso e l’adattamento sociale una vocazione naturale”.

Personalmente mi sono chiesto se la creatività piccola o grande che sia, in che rapporto si trovi con l’intelligenza. Molti autori hanno compiuto degli studi in tal senso. L’autore sostiene che non via siano ancora dei pareri concordi. Sembra però che le persone molto intelligenti non siano necessariamente creative. Un alto quoziente intellettivo può limitare l’interiorità, per la presenza di una forte autocritica.

Getzel e Jackson studiarono due gruppi di bambini: un gruppo con alta intelligenza ma non con corrispondente indice intellettivo e l’altro gruppo con un indice di alta creatività ma non con un corrispondente quoziente intellettivo. Confrontando poi i risultati nonostante una differenza di punteggio nei Q.I. dei due gruppi non vi fu una differenza misurabile nel rendimento scolastico.

Altri autori hanno cercato di studiare le qualità psicologiche dei creativi. 

Secondo gli studi di Mary Henle una proprietà decisiva è la recettività: vale e adire che più che cercare le idee, dobbiamo essere attenti ad accoglierle.  

Altra particolarità è la “immersione” nel materiale - per avere più informazioni, ma anche per conoscerne le difficoltà.

Per Guilford è importante anche una sensibilità’ generale verso le cose.

Alcune società hanno favorito la creatività, mentre altre l’hanno inibita. Benché’ il processo creativo sia un fenomeno intrapsichico, è ampiamente favorito da un ambiente adatto.

Mi ricordo che quando ero studente rimasi meravigliato dopo una lezione dove la docente affermava che una persona con delle qualità o geniale, se non ha un terreno fertile difficilmente sarebbe riuscita ad emergere. Ero convinto che una persona geniale emergesse in ogni caso.

Usando un’allegoria, un bel fiore può crescere bene se nasce in un terreno inaccessibile e privo di cure necessarie e se ciò avvenisse chissà se qualcuno si accorgerà del suo splendore.

 

Francesco Giovannozzi psicologo-psicoterapeuta

 

394 Ultima modifica il Domenica, 05 Maggio 2024 18:49
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Because of this unique understanding, Jesus can present himself as the One who reveals the Father with a knowledge that is the fruit of an intimate and mysterious reciprocity (John Paul II)
In forza di questa singolare intesa, Gesù può presentarsi come il rivelatore del Padre, con una conoscenza che è frutto di un'intima e misteriosa reciprocità (Giovanni Paolo II)
Yes, all the "miracles, wonders and signs" of Christ are in function of the revelation of him as Messiah, of him as the Son of God: of him who alone has the power to free man from sin and death. Of him who is truly the Savior of the world (John Paul II)
Sì, tutti i “miracoli, prodigi e segni” di Cristo sono in funzione della rivelazione di lui come Messia, di lui come Figlio di Dio: di lui che, solo, ha il potere di liberare l’uomo dal peccato e dalla morte. Di lui che veramente è il Salvatore del mondo (Giovanni Paolo II)
It is known that faith is man's response to the word of divine revelation. The miracle takes place in organic connection with this revealing word of God. It is a "sign" of his presence and of his work, a particularly intense sign (John Paul II)
È noto che la fede è una risposta dell’uomo alla parola della rivelazione divina. Il miracolo avviene in legame organico con questa parola di Dio rivelante. È un “segno” della sua presenza e del suo operare, un segno, si può dire, particolarmente intenso (Giovanni Paolo II)
That was not the only time the father ran. His joy would not be complete without the presence of his other son. He then sets out to find him and invites him to join in the festivities (cf. v. 28). But the older son appeared upset by the homecoming celebration. He found his father’s joy hard to take; he did not acknowledge the return of his brother: “that son of yours”, he calls him (v. 30). For him, his brother was still lost, because he had already lost him in his heart (Pope Francis)
Ma quello non è stato l’unico momento in cui il Padre si è messo a correre. La sua gioia sarebbe incompleta senza la presenza dell’altro figlio. Per questo esce anche incontro a lui per invitarlo a partecipare alla festa (cfr v. 28). Però, sembra proprio che al figlio maggiore non piacessero le feste di benvenuto; non riesce a sopportare la gioia del padre e non riconosce il ritorno di suo fratello: «quel tuo figlio», dice (v. 30). Per lui suo fratello continua ad essere perduto, perché lo aveva ormai perduto nel suo cuore (Papa Francesco)
Doing a good deed almost instinctively gives rise to the desire to be esteemed and admired for the good action, in other words to gain a reward. And on the one hand this closes us in on ourselves and on the other, it brings us out of ourselves because we live oriented to what others think of us or admire in us (Pope Benedict)
Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce il desiderio di essere stimati e ammirati per la buona azione, di avere cioè una soddisfazione. E questo, da una parte rinchiude in se stessi, dall’altra porta fuori da se stessi, perché si vive proiettati verso quello che gli altri pensano di noi e ammirano in noi (Papa Benedetto)
Since God has first loved us (cf. 1 Jn 4:10), love is now no longer a mere “command”; it is the response to the gift of love with which God draws near to us [Pope Benedict]
Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l'amore adesso non è più solo un « comandamento », ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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