Giorni fa ho visitato la bottega di un artigiano della zona del travertino e sono rimasto entusiasta dalla lavorazione di questo signore. Ha creato, a mio avviso, dei piccoli capolavori.
Certo, di cose belle e grandiose nel mondo ce ne sono tante in tutti i campi: dalle grandi opere, alla pittura, alla poesia, alle scoperte scientifiche. Superfluo è elencarle. Sono conosciute, sono state ammirate, vengono ammirate - e lo saranno nel futuro.
Ma spesso nella nostra quotidianità possiamo trovare, scoprire delle piccole opere prodotte, create da persone sconosciute. Il vocabolario Treccani definisce la creatività ‘virtù creativa’, capacità di creare con l’intelletto, la fantasia, l’inventiva.
In questa circostanza sono andato a rispolverare un mio vecchio libro di Silvano Arieti - ‘Creatività sintesi magica’ - Il pensiero scientifico editore. Questo psichiatra e psicoanalista ne dà una bellissima definizione: “La creatività, una prerogativa dell’uomo, può essere vista come l’umile corrispettivo umano della creazione divina” (pag.3). Mentre il Creatore plasmò dal nulla tutte le cose, la creatività umana si serve di ciò che già esiste per modificarlo.
L’autore parla poi di una creatività ordinaria, e straordinaria. Si tratta di diversi livelli di creatività, non quella delle grandi opere o di grandi letterati [pensiamo alla Divina Commedia o ai grandi monumenti, alle meraviglie del mondo] ma alle piccole opere di noi uomini comuni che a volte riusciamo a plasmare ciò che abbiamo, in qualcosa di stupendo.
Miglioriamo la fiducia in noi stessi, proviamo soddisfazione, crediamo di più in noi stessi - e questo ci spinge a lavorare meglio. Dice ancora Arieti che la creatività ordinaria non deve farci dimenticare e trascurare la creatività straordinaria. Mentre “la ordinaria solleva il morale dell’uomo ed elimina o diminuisce la nevrosi, quella straordinaria è responsabile delle grandi conquiste dell’umanità e del progresso sociale” (pag.11).
Ancora più avanti nel libro, Arieti cita Nathaniel Hirsh che nella sua opera ‘Genio e intelligenza creativa’ del 1931 ha esaminato la differenza fra talento e genio.
Egli scrisse (pp. 288-289): “[…] il genio crea, l’uomo di talento determina dei miglioramenti; il genio intuisce, l’uomo di talento analizza ed esplora: il genio aspira, lo scopo della sua vita è la creatività; l’uomo di talento è animato dall’ambizione e lo scopo della sua vita è il potere; il genio è sempre uno straniero in una terra straniera; gli uomini di talento sono quelli per i quali la terra è un paradiso e l’adattamento sociale una vocazione naturale”.
Personalmente mi sono chiesto se la creatività piccola o grande che sia, in che rapporto si trovi con l’intelligenza. Molti autori hanno compiuto degli studi in tal senso. L’autore sostiene che non via siano ancora dei pareri concordi. Sembra però che le persone molto intelligenti non siano necessariamente creative. Un alto quoziente intellettivo può limitare l’interiorità, per la presenza di una forte autocritica.
Getzel e Jackson studiarono due gruppi di bambini: un gruppo con alta intelligenza ma non con corrispondente indice intellettivo e l’altro gruppo con un indice di alta creatività ma non con un corrispondente quoziente intellettivo. Confrontando poi i risultati nonostante una differenza di punteggio nei Q.I. dei due gruppi non vi fu una differenza misurabile nel rendimento scolastico.
Altri autori hanno cercato di studiare le qualità psicologiche dei creativi.
Secondo gli studi di Mary Henle una proprietà decisiva è la recettività: vale e adire che più che cercare le idee, dobbiamo essere attenti ad accoglierle.
Altra particolarità è la “immersione” nel materiale - per avere più informazioni, ma anche per conoscerne le difficoltà.
Per Guilford è importante anche una sensibilità’ generale verso le cose.
Alcune società hanno favorito la creatività, mentre altre l’hanno inibita. Benché’ il processo creativo sia un fenomeno intrapsichico, è ampiamente favorito da un ambiente adatto.
Mi ricordo che quando ero studente rimasi meravigliato dopo una lezione dove la docente affermava che una persona con delle qualità o geniale, se non ha un terreno fertile difficilmente sarebbe riuscita ad emergere. Ero convinto che una persona geniale emergesse in ogni caso.
Usando un’allegoria, un bel fiore può crescere bene se nasce in un terreno inaccessibile e privo di cure necessarie e se ciò avvenisse chissà se qualcuno si accorgerà del suo splendore.
Francesco Giovannozzi psicologo-psicoterapeuta