Sep 19, 2023 Written by 

XXIV Domenica T.O. (anno A)

Mt 20,1-16

Matteo 20:1 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.

Matteo 20:2 Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.

Matteo 20:3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati

Matteo 20:4 e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.

Matteo 20:5 Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.

Matteo 20:6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?

Matteo 20:7 Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.

 

Matteo 20:8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.

Matteo 20:9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.

Matteo 20:10 Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno.

Matteo 20:11 Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:

Matteo 20:12 Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.

Matteo 20:13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?

Matteo 20:14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te.

Matteo 20:15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?

Matteo 20:16 Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

 

 

Vanno tenuti presenti due elementi: a) i Vangeli sono stati scritti principalmente, se non esclusivamente, per le comunità credenti, e costituivano una risposta ai problemi e alle necessità di queste comunità. Il loro intento, quindi, era squisitamente pastorale; b) il fatto che soltanto Matteo riporti questa parabola significa che questa era destinata a dare risposta a un problema presente all'interno della sua comunità. Chi siano questi “primi”, che mal si accordavano con gli ultimi e che non accettavano di essere a loro equiparati, perché essi erano già presenti nella vigna quando questi si erano presentati, non è difficile comprenderlo. Matteo sta parlando dei difficili e spesso tesi rapporti che intercorrevano tra i giudeocristiani e i gentili convertiti, provenienti dal paganesimo. Tale è il contesto storico.

Il padrone di casa, proprietario della vigna, è descritto che “uscì all'alba” alla ricerca di operai. È dunque il padrone che prende l'iniziativa, è lui che esce alla ricerca. L'espressione temporale (“all'alba”) richiama gli inizi del rapporto tra Dio e il suo popolo, con il quale Egli stabilisce un'Alleanza, in qualche modo richiamata dal fatto che il padrone pattuisce il compenso per l'aver accettato la sua offerta di lavoro. I primi versetti, così, narrano, con tocco magistrale, gli elementi essenziali degli inizi della storia di Israele, con i quali Matteo mette in evidenza il primato storico di quel popolo rispetto agli altri, che per primo è stato chiamato e per primo ha risposto alla chiamata. Ma la “giornata”, che rappresenta il tempo della storia della salvezza, non si è esaurita con loro, perché l'iniziativa del padrone di casa continua per tutta la durata della giornata, fino all'undicesima ora, termine ultimo di questo tempo di salvezza, caratterizzato da una continua e costante chiamata aperta a tutti.

La storia della salvezza, partita con Israele, continua nel tempo, ampliandosi gradualmente all'intera umanità. Tuttavia, la diversità tra il prima (Antico Testamento) e il dopo (Nuovo Testamento) è indicata dalla diversità del padrone di casa nei confronti dei chiamati: mentre non c'è alcun dialogo tra il padrone e gli operai, ma si sottolinea soltanto che con questi fece un contratto (Alleanza), nelle chiamate successive, invece, lo stesso padrone innesca un dialogo con i suoi chiamati, interpellandoli sul loro stato di sfaccendati e spingendoli ad accettare la sua chiamata. A questi non promette un denaro concordato, promette un'altra cosa: “Vi darò quello che è giusto”. Che cos’è giusto per chi arriva dopo? Non viene detto, ma capiremo qual è la giustizia di Dio.

Questi nuovi operai, chiamati a lavorare nella vigna insieme ai primi, sono definiti, al momento della chiamata, come “disoccupati” e “oziosi”, persone, quindi, prive di lavoro e di mestiere, che soltanto la loro accettazione della chiamata trasformerà in “operai della vigna”, ponendoli in pari dignità con i primi. Nessuna differenza, quindi tra i primi e gli altri, poiché tutti lavorano nella stessa vigna, tutti sono stati parimenti chiamati dall'unico Padrone; tutti, in egual modo, hanno risposto alla chiamata. L'essere arrivati primi è solo una questione di tempo, che nulla ha a che vedere con il progetto salvifico del Padre, il cui scopo è far sì che gli uomini aderiscano alla sua chiamata, che dà loro una nuova identità, trasformandoli in creature nuove. Le regole umane, che premiano i primi arrivati, quindi, vengono completamente stravolte, per lasciare spazio alla disponibilità del cuore dell'uomo di rispondere alla chiamata di Dio.

Infatti, ciò che interessa al padrone della vigna non è la quantità di lavoro svolto o il tempo in cui l'operaio è rimasto a lavorare, bensì l'esserci stato, l'aver lavorato per lui dandogli la disponibilità della propria vita.

La reazione dei primi operai è sdegnata, anche perché appare evidente la sproporzione e l'ingiustizia di trattamento tra gli ultimi e i primi. Tuttavia, questo non è un fatto di cronaca e di ingiustizia sociale, ma è una parabola che tratta di una realtà nuova che si è instaurata con la venuta di Gesù. Bisogna, dunque, mettere da parte i sentimenti di sdegno e le logiche umane, per vedere [dietro l'apparente ingiustizia] le nuove logiche del Regno, che vanno a cozzare contro il settarismo e l'individualismo del mondo ebraico, che concepiva Dio e la sua salvezza come proprietà di Israele.

La mormorazione dei primi per il trattamento subito, apparentemente ingiusto, non è tanto una rivendicazione salariale, ma l'essere stati equiparati agli ultimi; è questo che è insopportabile e inaccettabile: “Questi ultimi [...] li hai trattati come noi [...]”. Qui sta il problema dei primi operai, metafora del giudaismo, ma anche della maggior parte dei giudeocristiani, che ritenevano inaccettabile l'essere posti sullo stesso piano dei gentili. Essi avevano una lunga familiarità nelle cose di Dio; per primi avevano aderito all'Alleanza; per primi avevano conformato la propria vita alle esigenze di Dio, per primi sono stati definiti popolo santo e regno di sacerdoti, loro sono gli eredi della promessa e i discendenti di Abramo. Tutto questo non poteva passare sotto silenzio nei confronti di questi ultimi parvenus; né potevano sopportare una uguaglianza con i nuovi credenti provenienti dal paganesimo. L'orgoglio dell'ebreo ne usciva profondamente ferito.

La risposta del padrone punta a mettere in rilievo la correttezza del suo agire: i rapporti tra padrone e operai della prima ora è regolato da un Patto - dono per Israele, il chiamato della prima ora, legato a Dio con l'accettazione del Patto. Ma c'è anche una intimazione ad andarsene (v. 14): “Prendi il tuo e vattene”. In altri termini, il padrone fa capire che nella nuova realtà che lui ha creato, non c'è posto per le recriminazioni, perché queste vanno in collisione con gli intenti del padrone, che ha deciso di allargare la salvezza data ai primi a tutti gli uomini che si rendono disponibili alla chiamata. In questo disegno di salvezza universale non c'è spazio per le graduatorie, perché la salvezza non è legata al “chi arriva prima”, ma alla risposta dell'uomo all'annuncio. Per questo il volersi intestardire su parametri di anzianità e di orgoglio religioso, significa non aver capito il piano divino, che iniziato con Israele si stava ora allargando, per mezzo di Gesù, a tutta l'umanità; significava essere d'impedimento all'attuazione di questo disegno di salvezza universale. Ecco, quindi, il senso del comando: “Prendi il tuo e vattene”. In altri termini, se il giudeocristiano non è in grado di adeguarsi alla nuova realtà inaugurata in Gesù, è bene che ritorni da dove è venuto, all'Alleanza mosaica. Che prenda, dunque, il suo (Legge mosaica) e se ne vada. Chi vuole un Dio giusto avrà un Dio giusto e nulla più. Vuoi da Dio solo quello che ti spetta di diritto? Ebbene prendilo e vattene, non avrai la Sua grazia e la Sua amicizia.

 

Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi”. Nessuno sa perché è chiamato prima e nessuno sa perché è chiamato dopo. Ognuno però deve rispondere prontamente al Signore e recarsi a lavorare nella sua vigna.

Possiamo attualizzare il discorso a noi stessi. Dio è il padrone che prende i lavoratori, ossia gli uomini, e li manda a lavorare nella sua vigna, cioè nella sua Chiesa. Le varie ore della giornata significano le varie età della vita, nelle quali Dio chiama gli uomini al suo servizio. La sera è la fine del mondo ossia il giudizio, o anche la fine della vita di una persona. Il denaro rappresenta la vita eterna. La condotta generosa del padrone verso i lavoratori dell'undicesima ora mostra che nessuno deve disperare della propria salvezza, poiché in qualunque tempo può convertirsi a Dio con la certezza di essere accolto. L'avere poi dato a tutti la stessa paga, fa vedere come Dio non ha riguardo all'essere stato uno chiamato prima e l'altro chiamato dopo, né all'avere lavorato uno per breve e l'altro per lungo tempo. Dio è padrone della grazia che elargisce, e la elargisce  come vuole: e al convertito dell'ultima ora può darne tanta da equipararlo nel merito a colui che fin dal mattino della vita si era messo al suo servizio. Nessuno pertanto ha motivo di gloriarsi e di preferirsi agli altri per avere per più lungo tempo servito al Signore, oppure per avere fatto o sofferto più cose per lui.

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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St Teresa of Avila wrote: «the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ» (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7). Therefore, only by believing in Christ, by remaining united to him, may the disciples, among whom we too are, continue their permanent action in history [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6). Quindi solo credendo in Cristo, rimanendo uniti a Lui, i discepoli, tra i quali siamo anche noi, possono continuare la sua azione permanente nella storia [Papa Benedetto]
Just as he did during his earthly existence, so today the risen Jesus walks along the streets of our life and sees us immersed in our activities, with all our desires and our needs. In the midst of our everyday circumstances he continues to speak to us; he calls us to live our life with him, for only he is capable of satisfying our thirst for hope (Pope Benedict)
Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza (Papa Benedetto)
Truth involves our whole life. In the Bible, it carries with it the sense of support, solidity, and trust, as implied by the root 'aman, the source of our liturgical expression Amen. Truth is something you can lean on, so as not to fall. In this relational sense, the only truly reliable and trustworthy One – the One on whom we can count – is the living God. Hence, Jesus can say: "I am the truth" (Jn 14:6). We discover and rediscover the truth when we experience it within ourselves in the loyalty and trustworthiness of the One who loves us. This alone can liberate us: "The truth will set you free" (Jn 8:32) [Pope Francis]
La verità ha a che fare con la vita intera. Nella Bibbia, porta con sé i significati di sostegno, solidità, fiducia, come dà a intendere la radice ‘aman, dalla quale proviene anche l’Amen liturgico. La verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: «Io sono la verità» (Gv 14,6). L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32) [Papa Francesco]
God approached man in love, even to the total gift, crossing the threshold of our ultimate solitude, throwing himself into the abyss of our extreme abandonment, going beyond the door of death (Pope Benedict)
Dio si è avvicinato all’uomo nell’amore, fino al dono totale, a varcare la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi nell’abisso del nostro estremo abbandono, oltrepassando la porta della morte (Papa Benedetto)
And our passage too, which we received sacramentally in Baptism: for this reason Baptism was called, in the first centuries, the Illumination (cf. Saint Justin, Apology I, 61, 12), because it gave you the light, it “let it enter” you. For this reason, in the ceremony of Baptism we give a lit blessed candle, a lit candle to the mother and father, because the little boy or the little girl is enlightened (Pope Francis)

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