Sep 5, 2023 Written by 

XXIV Domenica T.O. (anno A)

Mt 18,21-35

Matteo 18:21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?».

Matteo 18:22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

 

Matteo 18:23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.

Matteo 18:24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.

Matteo 18:25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.

Matteo 18:26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.

Matteo 18:27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.

Matteo 18:28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!

Matteo 18:29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.

Matteo 18:30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.

 

Ancora una volta emerge la figura di Pietro, che chiama in causa Gesù su di una questione dibattuta all'interno del mondo giudaico, il quale era arrivato alla conclusione che il perdono, per uno stesso errore, doveva essere dato per non più di tre volte. Pietro si spinge ben più in là della normale prassi e propone a Gesù un perdono dato per ben sette volte, più del doppio. Un numero questo, il sette, che nella simbologia ebraica parla di compiutezza, di perfezione. La proposta di Pietro, quindi, prospettava un comportamento di eccellenza spirituale, ma è pur sempre la ricerca di un limite, oltre il quale non si può concedere il perdono. Pietro vuole una regola precisa, vuole il limite massimo, una volta superato si è esonerati dall’obbligo del perdono.

E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». Sembra che Gesù giochi con i numeri, ma il richiamo a questa espressione è il cantico vendicativo di Lamec, discendente di Caino, in Gen 4,24. Lamec dice: ‘se Caino verrà vendicato sette volte (è la dichiarazione che ha fatto Dio perché nessuno tocchi Caino), io verrò vendicato settantasette volte!’. Gesù prende il grido vendicativo di Lamec e dice che bisogna opporre alla vendetta il perdono, settantasette volte la vendetta, settanta volte sette il perdono.

Gesù con l'accenno a Caino (si parla di un fratricidio) dice: nella comunità dove non c'è il perdono o si vuole mettere un limite al perdono, succede come a Caino, si porta a morte l'altro.

Non sette volte, bensì settanta volte sette. Un ebraismo questo per dire sempre. Vi è quindi un passaggio dall'eccellenza spirituale (sette volte) alla perfezione (settanta volte sette), che spinge il credente al di là di ogni logica umana, introducendolo nelle logiche stesse di Dio. È in questa prospettiva che va colto il perdono, che deve essere totale e incondizionato, cioè divino. Non ci deve mai essere un limite al perdono. Il vivere cristiano è così un vivere che assimila l'uomo a Dio, portando la sua umanità alla perfezione divina. È come se fosse stato iniettato nel credente il DNA stesso di Dio.

Per i discepoli è difficile capire l’insegnamento di Gesù, ma anche per noi oggi è ancora difficile.  Quante persone, per situazioni personali, non sono mai sicure di essere state veramente perdonate, coltivando dannosi sensi di colpa.

La parabola che segue ha la finalità di illustrare la qualità del perdono, che non è legato a parametri legali e quantitativi, ma fondato sull'amore misericordioso e compassionevole, e che affonda le sue radici nelle stesse logiche del Regno di Dio: “A proposito, il regno dei cieli è simile a un re...”. Il re fu mosso a compassione verso un servo disgraziato. Il verbo usato per esprimere la compassione è splagchnistheìs, che indica una compassione viscerale; una commozione che lo prende totalmente e che lo porta a liberare quel servo da ogni suo debito.

Se nessuno avesse dei torti nei miei confronti, io non saprei cosa voglia dire l'amore gratuito. Sono proprio i debiti che abbiamo gli uni verso gli altri che permettono a chi è perdonato di sperimentare che Dio perdona, e a chi perdona di diventare come Dio che perdona.

Capiamo, allora, come hanno una loro funzione nella vita comunitaria, nelle famiglie, anche i litigi, i disaccordi. Cioè il male esce proprio dove si sta insieme ed è lì che il male deve essere vinto dall'amore e dal perdono. Allora, cerchiamo di vedere come quelle cose negative che ci capitano quotidianamente, quei cento danari che ci dobbiamo l'un l'altro, come il luogo dove possiamo dire: dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia. 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

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  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
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488 Last modified on Monday, 11 September 2023 21:37
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The Kingdom of God grows here on earth, in the history of humanity, by virtue of an initial sowing, that is, of a foundation, which comes from God, and of a mysterious work of God himself, which continues to cultivate the Church down the centuries. The scythe of sacrifice is also present in God's action with regard to the Kingdom: the development of the Kingdom cannot be achieved without suffering (John Paul II)
Il Regno di Dio cresce qui sulla terra, nella storia dell’umanità, in virtù di una semina iniziale, cioè di una fondazione, che viene da Dio, e di un misterioso operare di Dio stesso, che continua a coltivare la Chiesa lungo i secoli. Nell’azione di Dio in ordine al Regno è presente anche la falce del sacrificio: lo sviluppo del Regno non si realizza senza sofferenza (Giovanni Paolo II)
For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]
In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux “recreates”, as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say “yes”. Turning to her he begs: “[…] Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!” [Pope Benedict]
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «[…] Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» [Papa Benedetto]
«The "blasphemy" [in question] does not really consist in offending the Holy Spirit with words; it consists, instead, in the refusal to accept the salvation that God offers to man through the Holy Spirit, and which works by virtue of the sacrifice of the cross [It] does not allow man to get out of his self-imprisonment and to open himself to the divine sources of purification» (John Paul II, General Audience July 25, 1990))

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