Sep 22, 2023 Written by 

XXVI Domenica T.O. (anno A)

Mt 21,28-32

Matteo 21:28 «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna.

Matteo 21:29 Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.

Matteo 21:30 Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.

Matteo 21:31 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.

Matteo 21:32 È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

 

La figura del padre dà fastidio, è dovere, è norma, è obbligo, ti fa ombra, in fondo vorresti essere tu come tuo padre, vorresti essere il padre di te stesso. C'è qualcosa nell'uomo che si chiama peccato originale che fa sì che egli non accetta questo principio. Vuole lui mettere le mani sul suo principio, essere lui padrone di sé, il che vuol dire uccidere il padre, vuol dire rimuovere il fatto di avere una origine, un principio - e accettare che è un principio. Noi vogliamo essere il principio di noi stessi, quindi ci dà fastidio il padre e lo intendiamo come uno che esige, e ci ribelliamo.

La parabola vuole demolire quel muro di perbenismo e di separazione che divideva la società giudaica in giusti e peccatori, e che faceva sì che i primi si sentissero già salvati, pertanto non bisognosi di salvezza; un atteggiamento questo che rende impossibile ogni apertura alla proposta salvifica di Gesù. Il racconto, infatti, è incentrato su due figli che hanno un unico padre, quindi entrambi sono posti sullo stesso piano. Questi due figli si distingueranno tra loro non per l'appartenenza al padre, che è comune, ma per la diversa risposta che daranno.

Il padre dice a un figlio: «Figlio», lo chiama figlio, è un vocativo, la nostra vocazione fondamentale è l’essere chiamati figli, cioè l’accettare che lui ci è padre. Se non accetto di essere figlio non accetto me, non accetto lui, non accetto di essere fratello. Quindi è importante questa parola: Figlio! È in quanto figlio che esisto! Ciò che sono è il mio essere figlio. Ho ricevuto tutto. Se non accetto di essere figlio, voglio mettere le mani su tutto e distruggo tutto.

La proposta di salvezza è la stessa per tutti i figli, ma diversa è la risposta; ed è proprio qui, che la parabola smaschera l'ipocrisia religiosa. Il primo figlio dà un netto rifiuto, ma poi pentitosi accoglie l'invito del padre, e va nella vigna. L'iniziale atteggiamento negativo (rifiuto), passando attraverso un processo di conversione («pentitosi»), che comporta un rimettere in discussione le proprie scelte, le proprie sicurezze e la propria vita, si trasforma in apertura esistenziale a Dio, che viene accolto nella propria esistenza («va nella vigna»).

Il primo figlio proclama con enfasi la sua adesione. “Sì, signore” (egō, kyrie). Significativa è la costruzione della frase di Matteo fa: “Sì, signore E non andò” (v. 30b). Ci saremmo aspettati che Matteo dicesse: “Sì, signore, MA non andò”. La differenza sembra di poco conto, ma non lo è. Il “ma”, infatti, crea una contrapposizione tra il dire e il fare: il dire è positivo, ma poi c'è stato un cambiamento nella sua decisione: ci potrebbe essere stato qualcosa che ha impedito di mettere in pratica la sua promessa, che in qualche modo lo avrebbe potuto giustificare. Però, il “ma” non c'è.  Al suo posto Matteo mette una congiunzione “kai” (“e”), che esprime continuità tra quel “Sì, signore” e il non andare. In altre parole, in quella immediata e pronta adesione alla richiesa del padre, è racchiusa una menzogna, un rifiuto; non perché poi non l'ha fatto, ma perché non ha mai avuto intenzione di farlo.

Nella figura del primo figlio si vede l’atteggiamento delle autorità religiose. Il loro tanto  ostentato zelo, la loro ostentata devozione, in realtà serve solo a mascherare il niente. Non serve riempirsi la bocca di cose buone, se poi la vita viaggia in senso opposto. È sul piano del fare, dunque, che il vero credente viene misurato e solo in questo modo il suo culto acquista un vero significato.

Il secondo figlio, spiega Gesù, sono i pubblicani e le prostitute (v. 31), cioè due categorie di persone considerate impure, tagliate fuori dalla salvezza e, per questo, messe al bando della società civile e religiosa. Ebbene, questo secondo figlio è ora messo in concorrenza con il primo, che si riteneva santo e prediletto da Dio, cui è dovuta la salvezza. Tuttavia per Gesù ciò che fa la differenza non è la condizione sociale di vita, ma l'accettazione della sua proposta di salvezza.

La parabola, quindi, denuncia un comportamento ipocrita e menzognero, poiché fa consistere la salvezza nell'apparire e non nell'essere, quasi che Dio si possa comperare con qualche preghiera o con qualche sacrificio.

«Vi passano avanti nel regno di Dio». Gesù non parla di precedenza. Il verbo non significa vi prendono il posto e voi rimanete indietro. L'espressione indica esclusione: quelli che voi credete essere gli esclusi dal regno di Dio sono entrati e voi siete rimasti fuori. Infatti, mentre i pubblicani e le prostitute avevano prestato fede alla parola del Battista e si erano convertiti, essi, al contrario, ne avevano contrastato l'attività, come del resto continuavano a fare con Gesù. È implicito che chi non ha accolto il Battista, non accoglie neppure Gesù come Messia. In questa maniera essi si opponevano al disegno di Dio, estromettendosi dalla via della salvezza, chiudendosi la via per l'accesso nel regno dei cieli.

Perché i pubblicani e le prostitute «passano avanti» nel regno di Dio? Perché sanno di sbagliare. Sapere di sbagliare è la dignità dell’uomo. L’uomo che dice di aver sbagliato mostra la più grande dignità, che è riconoscere la colpa. Uno che non riconosce l’errore o è disonesto o è stolto. L’uomo va avanti solo se riconosce gli errori precedenti, in questo modo la sua storia passata è recuperata. Allora può dire: Kyrie eleison! Chi si sente giusto, invece, non chiederà mai pietà. Di che cosa deve domandare perdono?  

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

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283 Last modified on Tuesday, 26 September 2023 13:50
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)
Il suo sonno provoca noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui. Sentite questo: bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!” (Papa Francesco)
Evangelical poverty - it’s appropriate to clarify - does not entail contempt for earthly goods, made available by God to man for his life and for his collaboration in the design of creation (Pope John Paul II)
La povertà evangelica – è opportuno chiarirlo – non comporta disprezzo per i beni terreni, messi da Dio a disposizione dell’uomo per la sua vita e per la sua collaborazione al disegno della creazione (Papa Giovanni Paolo II)
St Jerome commented on these words, underlining Jesus’ saving power: “Little girl, stand up for my sake, not for your own merit but for my grace. Therefore get up for me: being healed does not depend on your own virtues (Pope Benedict)
San Girolamo commenta queste parole, sottolineando la potenza salvifica di Gesù: «Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù» (Papa Benedetto)
May we obtain this gift [the full unity of all believers in Christ] through the Apostles Peter and Paul, who are remembered by the Church of Rome on this day that commemorates their martyrdom and therefore their birth to life in God. For the sake of the Gospel they accepted suffering and death, and became sharers in the Lord's Resurrection […] Today the Church again proclaims their faith. It is our faith (Pope John Paul II)

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don Giuseppe Nespeca

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