don Giuseppe Nespeca

don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

La liturgia di questa quarta domenica di Avvento pone in primo piano la figura di Maria, la Vergine Madre, in attesa di dare alla luce Gesù, il Salvatore del mondo. Fissiamo lo sguardo su di lei, modello di fede e di carità; e possiamo chiederci: quali erano i suoi pensieri nei mesi dell’attesa? La risposta viene proprio dal brano evangelico di oggi, il racconto della visita di Maria alla sua anziana parente Elisabetta (cfr Lc 1,39-45). L’angelo Gabriele le aveva svelato che Elisabetta aspettava un figlio ed era già al sesto mese (cfr Lc 1,26.36). E allora la Vergine, che aveva appena concepito Gesù per opera di Dio, era partita in fretta da Nazareth, in Galilea, per raggiungere i monti della Giudea, e trovare sua cugina.

Dice il Vangelo: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta» (v. 40). Sicuramente si felicitò con lei per la sua maternità, come a sua volta Elisabetta salutò Maria dicendo: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (vv. 42-43). E subito ne loda la fede: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (v. 45). È evidente il contrasto tra Maria, che ha avuto fede, e Zaccaria, il marito di Elisabetta, il quale aveva dubitato, e non aveva creduto alla promessa dell’angelo e per questo rimane muto fino alla nascita di Giovanni. È un contrasto.

Questo episodio ci aiuta a leggere con una luce del tutto particolare il mistero dell’incontro dell’uomo con Dio. Un incontro che non è all’insegna di strabilianti prodigi, ma piuttosto all’insegna della fede e della carità. Maria, infatti, è beata perché ha creduto: l’incontro con Dio è frutto della fede. Zaccaria invece, che ha dubitato e non ha creduto, è rimasto sordo e muto. Per crescere nella fede durante il lungo silenzio: senza fede si resta inevitabilmente sordi alla voce consolante di Dio; e si resta incapaci di pronunciare parole di consolazione e di speranza per i nostri fratelli. E noi lo vediamo tutti i giorni: la gente che non ha fede o che ha una fede molto piccola, quando deve avvicinarsi a una persona che soffre, le dice parole di circostanza, ma non riesce ad arrivare al cuore perché non ha forza. Non ha forza perché non ha fede, e se non ha fede non vengono le parole che arrivano al cuore altrui. La fede, a sua volta, si alimenta nella carità. L’evangelista racconta che «Maria si alzò e andò in fretta» (v. 39) da Elisabetta: in fretta, non in ansia, non ansiosa, ma in fretta, in pace.  “Si alzò”: un gesto pieno di premura. Avrebbe potuto rimanere a casa per preparare la nascita di suo figlio, invece si preoccupa prima degli altri che di sé stessa, dimostrando nei fatti di essere già discepola di quel Signore che porta in grembo. L’evento della nascita di Gesù è cominciato così, con un semplice gesto di carità; del resto, la carità autentica è sempre frutto dell’amore di Dio.

Il Vangelo della visita di Maria ad Elisabetta, che abbiamo ascoltato oggi nella Messa, ci prepara a vivere bene il Natale, comunicandoci il dinamismo della fede e della carità. Questo dinamismo è opera dello Spirito Santo: lo Spirito d’Amore che fecondò il grembo verginale di Maria e che la spinse ad accorrere al servizio dell’anziana parente. Un dinamismo pieno di gioia, come si vede nell’incontro tra le due madri, che è tutto un inno di gioiosa esultanza nel Signore, che compie grandi cose con i piccoli che si fidano di Lui.

La Vergine Maria ci ottenga la grazia di vivere un Natale estroverso, ma non disperso: estroverso: al centro non ci sia il nostro “io”, ma il Tu di Gesù e il tu dei fratelli, specialmente di quelli che hanno bisogno di una mano. Allora lasceremo spazio all’Amore che, anche oggi, vuole farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi.

[Papa Francesco, Angelus 23 dicembre 2018]

Dalla religione alla Fede, da sterile ad Amata

(Lc 1,26-38)

 

La solennità del momento che restituisce l’anima al Mistero, invita a un passaggio onda su onda: dalla religione del Tempio alla Fede domestica e personale.

Dall’esterno a dentro noi stessi. Dai modelli, alla profezia d’innato. Promessa Unica, condizione più sottile.

Fede-resa - quella di Madre - che mostra la libertà e bellezza dei nuovi orientamenti, nel progredire delle immagini-guida interiori.

Alleanza non più per ciò che è già conosciuto.

Il suo Patto sta tutto nell’Apertura all’Inesplicabile che ci abita. Intimo Eterno, che può ora concretizzare la speranza e il cammino dei popoli. Una svolta di autenticità, crescente.

Se i vergini di cuore non frappongono pretese, la Chiamata per Nome (dalle nostre stesse fibre) dischiude l’animo incapace e sterile.

 

Ad coeli Reginam: Eco silente… tale nucleo-Vocazione invisibile fa trasalire. E con virtù spontanea introduce lo spirito nella sinergia feconda di Dio stesso.

Fiducia sponsale che riannoda i fili della storia di Salvezza: e si contrappone alla strada larga delle alleanze con gente “che conta”.

 

Nell’intreccio fra Iniziativa che feconda e nostro accogliere in seno, l’Ancella è icona dell’attesa e del cammino di ciascuno - dove ciò che resta determinante non è il desiderio consueto, prevedibile.

Appello vibrante che si prolunga nella storia, in una sorta d’Incarnazione dispiegata e continua, grazie alla collaborazione di lontani, malfermi e insignificanti servitori, come Maria.

 

Anche nostra, malgrado ancora colmi di aspettative normali.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quali Parole ci aprono alla vita nello Spirito e mettono in discussione la strada prevista?

Qual è la nostra zona ancora intermedia, senza Incontro?

 

 

 

Come realizzare il Seme invisibile

 

Dice il Tao Tê Ching (LXI): «Il gran regno che si tiene in basso, è la confluenza del mondo; è la femmina del mondo. La femmina sempre vince il maschio con la quiete, poiché chetamente se ne sta sottomessa. Per questo, il gran regno che si pone al disotto del piccol regno, attrae il piccol regno; il piccol regno che sta al disotto del gran regno, attrae il gran regno: l’un s’abbassa per attrarre, l’altro attrae perché sta in basso. Il gran regno non ecceda, per la brama di pascere e unire gli altri; il piccol regno non ecceda, per la brama d’esser accetto e servire gli altri. Affinché ciascuno ottenga ciò che brama, al grande conviene tenersi in basso».

 

 

[Feria propria del 20 dicembre]

Fu concepito per opera dello Spirito Santo

Cari fratelli e sorelle,

il Natale del Signore illumina ancora una volta con la sua luce le tenebre che spesso avvolgono il nostro mondo e il nostro cuore, e porta speranza e gioia. Da dove viene questa luce? Dalla grotta di Betlemme, dove i pastori trovarono «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Di fronte a questa Santa Famiglia sorge un’altra e più profonda domanda: come può quel piccolo e debole Bambino avere portato una novità così radicale nel mondo da cambiare il corso della storia? Non c’è forse qualcosa di misterioso nella sua origine che va al di là di quella grotta?

Sempre di nuovo riemerge così la domanda sull’origine di Gesù, la stessa che pone il Procuratore Ponzio Pilato durante il processo: «Di dove sei tu?» (Gv 19,29). Eppure si tratta di un’origine ben chiara. Nel Vangelo di Giovanni, quando il Signore afferma: «Io sono il pane disceso dal cielo», i Giudei reagiscono mormorando: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo?”» (Gv 6,42). E, poco più tardi, i cittadini di Gerusalemme si oppongono con forza di fronte alla pretesa messianicità di Gesù, affermando che si sa bene «di dov’è; il Cristo, invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia» (Gv 7,27). Gesù stesso fa notare quanto sia inadeguata la loro pretesa di conoscere la sua origine, e con questo offre già un orientamento per sapere da dove venga: «Non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete» (Gv 7,28). Certo, Gesù è originario di Nazaret, è nato a Betlemme, ma che cosa si sa della sua vera origine?

Nei quattro Vangeli emerge con chiarezza la risposta alla domanda «da dove» viene Gesù: la sua vera origine è il Padre, Dio; Egli proviene totalmente da Lui, ma in un modo diverso da qualsiasi profeta o inviato da Dio che l’hanno preceduto. Questa origine dal mistero di Dio, “che nessuno conosce”, è contenuta già nei racconti dell’infanzia dei Vangeli di Matteo e di Luca, che stiamo leggendo in questo tempo natalizio. L’angelo Gabriele annuncia: «Lo Spirito scenderà su di te, e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Ripetiamo queste parole ogni volta che recitiamo il Credo, la Professione di fede: «et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria Virgine», «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi”. Quando ascoltiamo le Messe composte dai grandi maestri di musica sacra, penso per esempio alla Messa dell’Incoronazione di Mozart, notiamo subito come si soffermino in modo particolare su questa frase, quasi a voler cercare di esprimere con il linguaggio universale della musica ciò che le parole non possono manifestare: il mistero grande di Dio che si incarna, si fa uomo.

Se consideriamo attentamente l’espressione «per opera dello Spirito Santo nato nel seno della Vergine Maria», troviamo che essa include quattro soggetti che agiscono. In modo esplicito vengono menzionati lo Spirito Santo e Maria, ma è sottointeso «Egli», cioè il Figlio, che si è fatto carne nel seno della Vergine. Nella Professione di fede, il Credo, Gesù viene definito con diversi appellativi: «Signore, … Cristo, unigenito Figlio di Dio… Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero… della stessa sostanza del Padre» (Credo niceno-costantinopolitano). Vediamo allora che “Egli” rinvia ad un’altra persona, quella del Padre. Il primo soggetto di questa frase è dunque il Padre che, con il Figlio e lo Spirito Santo, è l’unico Dio.

Questa affermazione del Credo non riguarda l’essere eterno di Dio, ma piuttosto ci parla di un’azione a cui prendono parte le tre Persone divine e che si realizza «ex Maria Virgine». Senza di lei l’ingresso di Dio nella storia dell’umanità non sarebbe giunto al suo fine e non avrebbe avuto luogo quello che è centrale nella nostra Professione di fede: Dio è un Dio con noi. Così Maria appartiene in modo irrinunciabile alla nostra fede nel Dio che agisce, che entra nella storia. Ella mette a disposizione tutta la sua persona, «accetta» di diventare luogo dell’abitazione di Dio.

A volte, anche nel cammino e nella vita di fede possiamo avvertire la nostra povertà, la nostra inadeguatezza di fronte alla testimonianza da offrire al mondo. Ma Dio ha scelto proprio un’umile donna, in uno sconosciuto villaggio, in una delle provincie più lontane del grande impero romano. Sempre, anche in mezzo alle difficoltà più ardue da affrontare, dobbiamo avere fiducia in Dio, rinnovando la fede nella sua presenza e azione nella nostra storia, come in quella di Maria. Nulla è impossibile a Dio! Con Lui la nostra esistenza cammina sempre su un terreno sicuro ed è aperta ad un futuro di ferma speranza.

Professando nel Credo: «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria», affermiamo che lo Spirito Santo, come forza del Dio Altissimo, ha operato in modo misterioso nella Vergine Maria il concepimento del Figlio di Dio. L’evangelista Luca riporta le parole dell’arcangelo Gabriele: «Lo Spirito scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (1,35). Due richiami sono evidenti: il primo è al momento della creazione. All’inizio del Libro della Genesi leggiamo che «lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (1,2); è lo Spirito creatore che ha dato vita a tutte le cose e all’essere umano. Ciò che accade in Maria, attraverso l’azione dello stesso Spirito divino, è una nuova creazione: Dio, che ha chiamato l’essere dal nulla, con l’Incarnazione dà vita ad un nuovo inizio dell’umanità. I Padri della Chiesa più volte parlano di Cristo come del nuovo Adamo, per sottolineare l’inizio della nuova creazione dalla nascita del Figlio di Dio nel seno della Vergine Maria. Questo ci fa riflettere su come la fede porti anche in noi una novità così forte da produrre una seconda nascita. Infatti, all’inizio dell’essere cristiani c’è il Battesimo che ci fa rinascere come figli di Dio, ci fa partecipare alla relazione filiale che Gesù ha con il Padre. E vorrei far notare come il Battesimo si riceve, noi «siamo battezzati» - è un passivo - perché nessuno è capace di rendersi figlio di Dio da sé: è un dono che viene conferito gratuitamente. San Paolo richiama questa figliolanza adottiva dei cristiani in un passo centrale della sua Lettera ai Romani, dove scrive: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio”» (8,14-16), non servi. Solo se ci apriamo all’azione di Dio, come Maria, solo se affidiamo la nostra vita al Signore come ad un amico di cui ci fidiamo totalmente, tutto cambia, la nostra vita acquista un nuovo senso e un nuovo volto: quello di figli di un Padre che ci ama e mai ci abbandona.

Abbiamo parlato di due elementi: l'elemento primo lo Spirito sulle acque, lo Spirito Creatore; c'è un altro elemento nelle parole dell'Annunciazione.

L’angelo dice a Maria: «La potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra». E’ un richiamo alla nube santa che, durante il cammino dell’esodo, si fermava sulla tenda del convegno, sull’arca dell’alleanza, che il popolo di Israele portava con sé, e che indicava la presenza di Dio (cfr Es 40,34-38). Maria, quindi, è la nuova tenda santa, la nuova arca dell’alleanza: con il suo «sì» alle parole dell’arcangelo, Dio riceve una dimora in questo mondo, Colui che l’universo non può contenere prende dimora nel grembo di una vergine.

Ritorniamo allora alla questione da cui siamo partiti, quella sull’origine di Gesù, sintetizzata dalla domanda di Pilato: «Di dove sei tu?». Dalle nostre riflessioni appare chiara, fin dall’inizio dei Vangeli, qual è la vera origine di Gesù: Egli è il Figlio Unigenito del Padre, viene da Dio. Siamo di fronte al grande e sconvolgente mistero che celebriamo in questo tempo di Natale: il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria. E’ questo un annuncio che risuona sempre nuovo e che porta in sé speranza e gioia al nostro cuore, perché ci dona ogni volta la certezza che, anche se spesso ci sentiamo deboli, poveri, incapaci davanti alle difficoltà e al male del mondo, la potenza di Dio agisce sempre e opera meraviglie proprio nella debolezza. La sua grazia è la nostra forza (cfr 2 Cor 12,9-10). Grazie.

[Papa Benedetto, Udienza Generale 2 gennaio 2013]

1. Ho desiderato tornare nella città di Gesù, per sentire ancora una volta, a contatto con questo luogo, la presenza della donna della quale sant'Agostino ha scritto: «Egli scelse la madre che aveva creato; creò la madre che aveva scelto» (cfr Sermo 69, 3, 4). Qui è particolarmente facile comprendere perché tutte le generazioni chiamino Maria beata (cfr Lc 2, 48) […]

2. Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel tempo e nello spazio: «Nel sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1, 26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei. Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo ... per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà de Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.

Il disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato: «Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7, 14). Emmanuele: Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei tempi, ed è questo evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense.

3. Il nostro pellegrinaggio giubilare è stato un viaggio nello spirito, iniziato sulle orme di Abramo, «nostro padre nella fede» (Canone Romano; cfr Rm 4, 11-12). Questo viaggio ci ha condotti oggi a Nazareth, dove incontriamo Maria, la più autentica figlia di Abramo. È Maria, più di chiunque altro, che può insegnarci cosa significa vivere la fede di «nostro padre». Maria è in molti modi chiaramente diversa da Abramo; ma in maniera più profonda «l'amico di Dio» (cfr Is 41, 8) e la giovane donna di Nazareth sono molto simili.

Entrambi ricevono una meravigliosa promessa da Dio. Abramo sarebbe diventato padre di un figlio, dal quale sarebbe nata una grande nazione. Maria sarebbe divenuta Madre di un Figlio che sarebbe stato il Messia, l'Unto del Signore. Dice Gabriele «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce ... il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre ... e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 31-33).

Sia per Abramo sia per Maria la promessa giunge del tutto inaspettata. Dio cambia il corso quotidiano della loro vita, sconvolgendone i ritmi consolidati e le normali aspettative. Sia ad Abramo sia a Maria la promessa appare impossibile. La moglie di Abramo, Sara, era sterile e Maria non è ancora sposata: «Come è possibile?», chiede all'angelo. «Non conosco uomo» (Lc 1, 34).

4. Come ad Abramo, anche a Maria viene chiesto di rispondere «sì» a qualcosa che non è mai accaduto prima. Sara è la prima delle donne sterili della Bibbia che a concepire per potenza di Dio, proprio come Elisabetta sarà l'ultima. Gabriele parla di Elisabetta per rassicurare Maria: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio» (Lc 1, 36).

Come Abramo, anche Maria deve camminare al buio, affidandosi a Colui che l'ha chiamata. Tuttavia, anche la sua domanda «come è possibile?» suggerisce che Maria è pronta a rispondere «sì», nonostante le paure e le incertezze. Maria non chiede se la promessa sia realizzabile, ma solo come si realizzerà. Non sorprende, pertanto, che  infine pronunci il suo fiat: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Con queste parole Maria si dimostra vera figlia di Abramo e diviene la Madre di Cristo e Madre di tutti i credenti.

5. Per penetrare ancora più profondamente questo mistero, ritorniamo al momento del viaggio di Abramo quando ricevette la promessa. Fu quando accolse nella propria casa tre ospiti misteriosi (cfr Gn 18, 1-15) offrendo loro l'adorazione dovuta a Dio: tres vidit et unum adoravit. Quell’incontro misterioso prefigura l'Annunciazione, quando Maria viene potentemente trascinata nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Attraverso il fiat pronunciato da Maria a Nazareth, l'Incarnazione è diventata il meraviglioso compimento dell'incontro di Abramo con Dio. Seguendo le orme di Abramo, quindi, siamo giunti a Nazareth per cantare le lodi della donna «che reca nel mondo la luce» (inno Ave Regina Caelorum).

6. Siamo però venuti qui anche per supplicarla. Cosa chiediamo noi pellegrini, in viaggio nel Terzo Millennio Cristiano, alla Madre di Dio? Qui, nella città che Papa Paolo VI, quando visitò Nazareth, definì «La scuola del Vangelo. Qui s'impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare nel senso, tanto profondo e misterioso, di quella semplicissima, umilissima, bellissima apparizione» (Allocuzione a Nazareth, 5 gennaio 1964) prego innanzitutto per un grande rinnovamento della fede di tutti i figli della Chiesa. Un profondo rinnovamento di fede: non solo un atteggiamento generale di vita, ma una professione consapevole e coraggiosa del Credo: «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est».

A Nazareth, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52), chiedo alla Santa Famiglia di ispirare tutti i cristiani a difendere la famiglia contro le numerose minacce che attualmente incombono sulla sua natura, la sua stabilità e la sua missione. Alla Santa Famiglia affido gli sforzi dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà a difendere la vita e a promuovere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.

A Maria, la Theotókos, la grande Madre di Dio, consacro le famiglie della Terra Santa, le famiglie del mondo.

A Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4, 18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell’umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi.

«O Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen»

[Papa Giovanni Paolo II, omelia a Nazareth, 25 marzo 2000]

Il legame tra l’Annunciazione e il “Vangelo della vita” è stretto e profondo, come ha sottolineato San Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Evangelium vitae. Oggi, ci troviamo a rilanciare questo insegnamento nel contesto di una pandemia che minaccia la vita umana e l’economia mondiale. Una situazione che fa sentire ancora più impegnative le parole con cui inizia l’Enciclica. Eccole: «Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura» (n. 1).

Come ogni annuncio evangelico, anche questo va prima di tutto testimoniato. E penso con gratitudine alla testimonianza silenziosa di tante persone che, in diversi modi, si stanno prodigando al servizio dei malati, degli anziani, di chi è solo e più indigente. Mettono in pratica il Vangelo della vita, come Maria che, accolto l’annuncio dell’angelo, è andata ad aiutare la cugina Elisabetta che ne aveva bisogno.

In effetti, la vita che siamo chiamati a promuovere e a difendere non è un concetto astratto, ma si manifesta sempre in una persona in carne e ossa: un bambino appena concepito, un povero emarginato, un malato solo e scoraggiato o in stato terminale, uno che ha perso il lavoro o non riesce a trovarlo, un migrante rifiutato o ghettizzato… La vita si manifesta in concreto nelle persone.

Ogni essere umano è chiamato da Dio a godere della pienezza della vita; ed essendo affidato alla premura materna della Chiesa, ogni minaccia alla dignità e alla vita umana non può non ripercuotersi nel cuore di essa, nelle sue “viscere” materne. La difesa della vita per la Chiesa non è un’ideologia, è una realtà, una realtà umana che coinvolge tutti i cristiani, proprio perché cristiani e perché umani.

Gli attentati alla dignità e alla vita delle persone continuano purtroppo anche in questa nostra epoca, che è l’epoca dei diritti umani universali; anzi, ci troviamo di fronte a nuove minacce e a nuove schiavitù, e non sempre le legislazioni sono a tutela della vita umana più debole e vulnerabile.

Il messaggio dell’Enciclica Evangelium vitae è dunque più che mai attuale. Al di là delle emergenze, come quella che stiamo vivendo, si tratta di agire sul piano culturale ed educativo per trasmettere alle generazioni future l’attitudine alla solidarietà, alla cura, all’accoglienza, ben sapendo che la cultura della vita non è patrimonio esclusivo dei cristiani, ma appartiene a tutti coloro che, adoperandosi per la costruzione di relazioni fraterne, riconoscono il valore proprio di ogni persona, anche quando è fragile e sofferente.

Cari fratelli e sorelle, ogni vita umana, unica e irripetibile, vale per sé stessa, costituisce un valore inestimabile. Questo va annunciato sempre nuovamente, con il coraggio della parola e il coraggio delle azioni. Questo chiama alla solidarietà e all’amore fraterno per la grande famiglia umana e per ciascuno dei suoi membri.

Perciò, con San Giovanni Paolo II, che ha fatto questa enciclica, con lui ribadisco con rinnovata convinzione l’appello che egli ha rivolto a tutti venticinque anni fa: «Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà, pace e felicità!» (Enc. Evangelium vitae, 5).

[Papa Francesco, Udienza Generale 25 marzo 2020]

Genitore dei genitori, per una diversa lettura degli eventi

(Lc 1,5-25)

 

Lc colloca la visita dell’angelo Gabriele a Zaccaria accanto all’Annunciazione a Maria (vv.26ss), in modo da aiutare le sue comunità a percepire le differenze tra assetto religioso e vita di Fede.

Anche oggi la comparazione consente di leggere in filigrana il balzo fra Primo e Secondo Patto.

Nella religione antica si dà per scontato che il luogo dell’incontro e dialogo con Dio sia come previsto: un recinto inviolabile e venerando, profumato d’incenso - nell’eco d’invocazioni e canti a formula fissa.

Qui senza spunti eccezionali, il credere di Zaccaria [«zachàr-Ja»: il Signore d’Israele ‘ricorda’] non diventa personale, bensì ripetitivo, immobile.

A furia di commemorare e aspettare, il sacerdote di Dio e del popolo non attende più nulla di decisivo.

Impegnato nella meccanica del rito, egli non è «beato» (v.45) ma infelice; ‘muto’ perché non ha più nulla da dire a chi è in attesa fuori del tempio.

Nessuna benedizione reale da trasmettere alla gente (vv.21-22).

Così in parte Elisabetta, che si nasconde (v.24), mentre la Vergine - senza chiedere permesso - fa Esodo dal suo ambiente e si precipita a servirla (vv.39ss).

E per innescare una vita più giusta e comunitaria, del «popolo ben disposto» (v.17c) - ecco un primo scatto: la missione di Giovanni, figura dell’atteso ritorno del profeta Elia (v.17a). Testimone chiamato a recuperare le speranze del popolo e il suo tessuto sociale dilaniato.

Infine, tale “ricostruzione” avrà un esito imprevisto, lungi da pregiudizi: non più la normale continuità di un ovvio patto generazionale (Mal 3,23-24) bensì il definitivo ritorno del cuore dei padri verso i figli (v.17b)!

 

Il significato del nome ‘Giovanni’ [Yhwh è Misericordioso, ha manifestato la sua Benevolenza, ha fatto Grazia] non allude a un qualche atto di paternalismo compassionevole da parte divina - bensì a un preciso discrimine dalla stirpe e dalle aspettative o costumanze antiche, ormai fini a se stesse.

Nella Bibbia il termine Misericordia descrive l’attenzione diversa e l’azione fecondante dell’Eterno in favore di chiunque abbia bisogno - in situazioni disperate. Intervento necessario per una differente genesi: epocale, che fa germogliare vita incredibile e missione temeraria, non secondo previsioni - neppure ricalcando propositi.

Il Nome che devia dalla tradizione è parabola della testimonianza fedele di Dio: d’ora in poi non bisogna solo “ricordare” le profezie ancora immobilizzate, senza vederne l’attuazione imprevedibile.

Pur assimilando le ricchezze spirituali del popolo, la discontinuità segna l’inizio di un’età completamente nuova.

È il passaggio alla realizzazione ‘personale’ - e a un Regno che dice Sì a tutto quanto si affaccia: che non decurta più la vita di ciascuno, delle cose, del mondo.

 

La diversa lettura degli eventi e delle ispirazioni consente di divenire ormai fecondi - persino padri e madri dei propri genitori e avi.

 

 

[Feria propria del 19 dicembre]

Genitore dei genitori, per una diversa lettura degli eventi

(Lc 1,5-25)

 

Lc colloca la visita dell’angelo Gabriele a Zaccaria accanto all’Annunciazione a Maria (vv.26ss), in modo da aiutare le sue comunità a percepire le differenze tra assetto religioso e vita di Fede.

Anche oggi la comparazione consente di leggere in filigrana il balzo fra Primo e Secondo Patto.

Nella religione antica si dà per scontato che il luogo dell’incontro e dialogo con Dio sia come previsto: un recinto inviolabile e venerando, profumato d’incenso - nell’eco d’invocazioni e canti a formula fissa.

Terreno non decisivo, invece: perché distinto dalla vita ordinaria - dall’esistenza sommaria, mescolata a situazioni di campagna poco sterilizzate (pure con galline domestiche in libertà).

L’Appello forte e ben corrisposto della Fede avrà infatti il suo culmine in un ambito comune e inopportuno, lontano sia da “strumenti” capaci che da posti intangibili, appartati, eminenti.

La Parola-evento si cala su un territorio persino disprezzato. Non nel cuore d’una persona acclamata, o inceppata di pregiudizi - che sa solo ricalcare passi altrui e non riesce a emancipare).

Il Richiamo va appunto a posarsi su una giovanissima “inadatta”, Donna non di rilievo sociale o sacrale, che però accoglie la Novità dello Spirito. E spostando lo sguardo supera difficoltà insormontabili.

Senza spunti eccezionali, il credere di Zaccaria [zachàr-Ja: il Signore d’Israele «ricorda»] non diventa personale, bensì ripetitivo, immobile.

Così, a furia di commemorare e aspettare, il sacerdote di Dio e del popolo non attende più nulla.

Nelle religioni il mediatore fra cielo e terra è l’anziano dalle grandi reminiscenze; colui che fa memoria devota - d'accordo - eppure come in un museo: quasi imbalsama il decadimento temporale.

Un ruolo il suo, ancora refrattario agli orizzonti dell’Azione creatrice.

Il consacrato rimane sottoposto a relazioni di oppressione. Ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità - solo a portata di mano.

Il titolato del culto è infatti parte d'un ceto che ama frequentare i posti che contano, riluttante a uno Spirito che insiste e chiama per nome; che butta all’aria la vita, anche di luoghi deputati e delle stesse istituzioni, facendo breccia e infiammando coscienze, per smuovere situazioni.

Ecco invece la Povera, non appariscente ma animata dalla Fede (vv.26-45).

In quella cultura ogni Donna non era “persona giuridica”, piuttosto una non-persona, che doveva chiedere permesso su tutto.

Slegata dagli ambienti riconosciuti della religiosità di massa, Ella accoglie la Chiamata, senz’autorizzazioni di gente che conta - come le prime comunità di evangelizzazione rappresentate in filigrana.

Il contrario di Zaccaria, ossia dell'autorità riconosciuta - dentro e fuori Casa (Israele), dentro e fuori il Santuario.

L’ufficialità permane qui incapace di comunicare alcunché: il ministro impegnato nella meccanica passerella del rito non è «beato» (v.45) ma infelice; muto, perché non ha più nulla da dire a chi è in attesa fuori del tempio.

Niente di vitale e nessuna benedizione reale da trasmettere alla gente (vv.21-22); zero con cui colmare l'esistenza del prossimo.

Così in parte Elisabetta, che si nasconde (v.24), mentre la Vergine - ancora una volta, senza chiedere permesso a nessun paladino costituito - fa Esodo dal suo ambiente e si precipita a servirla (vv.39ss).

E per innescare una vita meno ingessata o sacrale - più giusta, ideale e comunitaria, del «popolo ben disposto» (v.17c) - ecco un primo scatto: la missione di Giovanni, figura dell’atteso ritorno del profeta Elia (v.17a). Testimone chiamato a recuperare le speranze del popolo e il suo tessuto sociale dilaniato.

Infine, tale “ricostruzione” avrà un esito imprevisto, lungi da pregiudizi: non più la normale continuità di un ovvio patto generazionale (Mal 3,23-24) bensì il definitivo ritorno del cuore dei padri verso i figli (v.17b)!

 

Il significato del nome Giovanni [Yhwh è Misericordioso, ha manifestato la sua Benevolenza, ha fatto Grazia] non allude a un qualche atto di paternalismo compassionevole da parte divina - bensì a un preciso discrimine dalla stirpe e dalle aspettative o costumanze antiche, ormai fini a se stesse.

Nella Bibbia il termine Misericordia descrive l’attenzione diversa e l’azione fecondante dell’Eterno in favore di chiunque abbia bisogno - in situazioni disperate. Intervento necessario per una differente genesi: epocale, che fa germogliare vita incredibile e missione temeraria, non secondo previsioni - neppure ricalcando propositi.

Il Nome che devia dalla tradizione è parabola della testimonianza fedele di Dio: d’ora in poi non bisogna solo “ricordare” le profezie ancora immobilizzate, senza vederne l’attuazione imprevedibile.

Pur assimilando le ricchezze spirituali del popolo, la discontinuità segna l’inizio di un’età completamente nuova.

È il passaggio alla realizzazione personale, e a un “regno” che dice Sì a tutto quanto si affaccia: che non decurta più la vita delle persone.

 

La diversa lettura degli eventi e delle ispirazioni consente di divenire ormai fecondi - persino padri e madri dei propri genitori e avi.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In cosa la tua diversa lettura degli eventi e delle ispirazioni personali ti ha consentito di diventare fecondo e persino genitore dei tuoi genitori?

Giovanni è il dono divino lungamente invocato dai suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta (cfr Lc 1,13); un dono grande, umanamente insperabile, perché entrambi erano avanti negli anni ed Elisabetta era sterile (cfr Lc 1,7); ma nulla è impossibile a Dio (cfr Lc 1,36). L’annuncio di questa nascita avviene proprio nel luogo della preghiera, al tempio di Gerusalemme, anzi avviene quando a Zaccaria tocca il grande privilegio di entrare nel luogo più sacro del tempio per fare l’offerta dell’incenso al Signore (cfr Lc 1,8-20). Anche la nascita del Battista è segnata dalla preghiera: il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria eleva al Signore e che recitiamo ogni mattina nelle Lodi, il «Benedictus», esalta l’azione di Dio nella storia e indica profeticamente la missione del figlio Giovanni: precedere il Figlio di Dio fattosi carne per preparargli le strade (cfr Lc 1,67-79). L’esistenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso. Ma Giovanni Battista non è solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida a questo rapporto. L’Evangelista Luca riportando la preghiera che Gesù insegna ai discepoli, il «Padre nostro», annota che la richiesta viene formulata dai discepoli con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr Lc 11,1).

Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita. Grazie.

[Papa Benedetto, Udienza Generale 29 agosto 2012]

2. Anche il contesto in cui si realizzano le due annunciazioni contribuisce ad esaltare l’eccellenza della fede di Maria. Nel racconto di Luca cogliamo la situazione più favorevole di Zaccaria e la inadeguatezza della sua risposta. Egli riceve l’annuncio dell’angelo nel tempio di Gerusalemme, all’altare davanti al "Santo dei Santi" (cf. Es 30, 6-8 ); l’angelo gli si rivolge mentre offre l’incenso, durante quindi il compimento della sua funzione sacerdotale, in un momento saliente della sua vita; la decisione divina gli viene comunicata durante una visione. Queste particolari circostanze favoriscono una più facile comprensione dell’autenticità divina del messaggio e costituiscono un motivo d’incoraggiamento ad accoglierlo prontamente.

L’annuncio a Maria avviene, invece, in un contesto più semplice e feriale, senza gli elementi esterni di sacralità che accompagnano quello fatto a Zaccaria. Luca non indica il luogo preciso in cui avviene l’Annunciazione della nascita del Signore: riferisce solo che Maria si trovava a Nazaret, villaggio poco importante, che non appare predestinato all’evento. Inoltre, l’evangelista non attribuisce singolare rilevanza al momento in cui l’angelo si rende presente, non precisandone le circostanze storiche. Nel contatto con il messaggero celeste l’attenzione verte sul contenuto delle sue parole, che esigono da Maria un ascolto intenso e una fede pura.

Quest’ultima considerazione ci permette di apprezzare la grandezza della fede in Maria, soprattutto se confrontata con la tendenza a chiedere con insistenza, ieri come oggi, segni sensibili per credere. L’assenso della Vergine alla Volontà divina è motivato, invece, solo dal suo amore per Dio.

3. A Maria è proposto di aderire ad una verità molto più alta di quella annunciata a Zaccaria. Questi è invitato a credere in una nascita meravigliosa che si realizzerà all’interno di un’unione matrimoniale sterile, che Dio vuole rendere feconda: intervento divino analogo a quelli di cui avevano beneficiato alcune donne dell’Antico Testamento: Sara ( Gen 17, 15-21 ; 18,10-14 ), Rachele ( Gen 30, 22 ), la madre di Sansone ( Gdc 13, 1-7 ), Anna, madre di Samuele ( 1Sam 1, 11-20 ).In tali episodi viene sottolineata soprattutto la gratuità del dono di Dio.

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 3 luglio1996]

Questi anziani genitori avevano sognato e anche preparato quel giorno, ma ormai non l’aspettavano più: si sentivano esclusi, umiliati, delusi: non avevano figli. Di fronte all’annuncio della nascita di un figlio, Zaccaria era rimasto incredulo, perché le leggi naturali non lo consentivano: erano vecchi, erano anziani; di conseguenza il Signore lo rese muto per tutto il tempo della gestazione.

E’ un segnale. Ma Dio non dipende dalle nostre logiche e dalle nostre limitate capacità umane. Bisogna imparare a fidarsi e a tacere di fronte al mistero di Dio e a contemplare in umiltà e silenzio la sua opera, che si rivela nella storia e che tante volte supera la nostra immaginazione.

[Papa Francesco, commento del 24 giugno 2018:

https://www.lalucedimaria.it/vangelo-oggi-luca-1-5-17/]

 

 

Qui c’è una culla vuota, la possiamo guardare. Può essere simbolo di speranza perché verrà il Bambino, può essere un oggetto da museo, vuota tutta la vita. Il nostro cuore è una culla. Com’è il mio cuore? E’ vuoto, sempre vuoto, ma è aperto per ricevere continuamente vita e dare vita? Per ricevere ed essere fecondo? O sarà un cuore conservato come un oggetto da museo che mai è stato aperto alla vita e a dare la vita?

[Papa Francesco, commento del 19 dicembre 2017:

https://www.lalucedimaria.it/vangelo-oggi-luca-15-25-audio-commento/]

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Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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