(Gv 10,31-42)
L’intento del quarto Vangelo non è quello particolare di convertire Ebrei, piuttosto di rafforzare la Fede nella Persona del Consacrato del Signore che si proclamava «Figlio».
Il Richiamo è alle chiese giovannee dell’Asia Minore. E in Gv il termine «Giudei» indica non il popolo, bensì le guide spirituali.
A loro cospetto un Gesù “blasfemo” rivendica la mutua immanenza col Padre, e osa dilatare a noi i confini del Mistero che lo avvolge e riempie.
Ma la condizione divina che si manifesta nella pienezza umana viene rifiutata dai capi religiosi. Ciò in nome dell’adesione all’Eterno, immaginato distante e antico.
Il salmo 82 recita: «Io ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo».
Il riferimento poetico dell’inno è ai dirigenti e giudici d’Israele, ma Gesù [che amava autodefinirsi «Figlio dell’uomo»] lo estende agli ‘inviati del Padre’, a coloro che accolgono la sua Parola - fuori dell’élite.
Se la divinità può essere attribuita agli “agenti” di Dio non solo leaders, tanto più essa può essere assegnata alla Parola stessa di Dio - e ai figli che la recano, tutti degni di confidenza eminente.
Secondo Gesù, l’Eterno non è rivelato da ragionamenti e argomentazioni cerebrali, né da dottrine, codici orali e scritti, o discipline, bensì dalla qualità indistruttibile delle opere «belle» (vv.32-33) che sono «dal Padre» (v.32).
Il termine greco sta a indicare il senso di pienezza e meraviglia - verità, bontà, fascino, stupore - che emana dall’unica ‘azione’ richiesta in qualsiasi «opera» di rilievo o minuta: l'amore che risuscita il bisognoso.
E la Scrittura riconosce in ciascuno di noi questa sacra scintilla, che dà a tutti gli accadimenti e alle emozioni il passo della Vertigine: capogiro che supera le cose circostanti [o il “come dovrebbero essere” fatte].
Certo, a nostro sostegno abbiamo bisogno d’un Volto, di una relazione e vicenda di stretta parentela per identificare ciò che ci muove, per scrutare dentro quel che appare o viene suscitato.
L’Unità di nature - Lui in noi e noi col Padre - ci corrisponde nel Volto del Cristo.
Nessun cumulo di sassi (v.31) potrà seppellire l’anelito divino e la testimonianza di chi viene «da» Lui.
Anche se qualcuno uccidesse i figli, parlerebbero le loro «molte e splendide opere» (v.32).
Alcuni - interessati - tentano d’immobilizzare il Verbo che agisce in noi: il Logos partecipe di Comunione, fonte della Luce e della Vita.
I detrattori fanno ancora leva sull’atmosfera ostile della cruda e vanitosa religiosità di maniera [antica o alla moda]…
Ebbene, i figli intimi troveranno accoglienza altrove, in territorio straniero «al di là del Giordano» (v.40).
Ogni cosa che accade, anche le persecuzioni e i tentativi di omicidio per incomprensione o invidia [perfino spirituale] può essere guardata in un’altra ottica: di Fede inclusiva che riavvicina alle Radici.
Sono eventi, accadimenti esterni che attivano energie complessive: si fanno cosmiche fuori e acutamente divine in noi.
Più che pericoli e fastidi, tracciano un destino di Esodo - come un fiume che trasporta, ma che in Cristo ci scampa dalle mani d’una stasi mortifera (v.39), e risintonizza mirabilmente sulle forze che guidano alle periferie - dove dobbiamo andare.
È Presenza divina e Azione fuori del comune. Guida infallibile del mondo interiore - che ricolloca in missione e alla ricerca della libertà più sacra.
[Venerdì 5.a sett. Quaresima, 11 aprile 2025]