Apr 1, 2025 Scritto da 

Davvero Liberi

(Gv 8,31-42)

 

Secondo l’opinione di molti giudei, l'Eredità ricevuta era assai più preziosa e rassicurante di qualsiasi altro insegnamento pur dignitoso, che chiunque potesse impartire.

Ma i fedeli in Cristo si rendono conto che nell’orizzonte di una vita da salvati la discendenza non è premessa di superiorità, né garantisce posti di rilievo nell’ordine delle cose di Dio.

Qual è dunque la relazione fra Gesù e Abramo, padre della fede? In che rapporto sta il discepolo con la storia del popolo eletto, quindi con la religione dei patriarchi?

I primi cristiani sperimentavano che dalla fedeltà alla Parola del Signore nasceva una Libertà insolita e preziosa; un aprirsi a Dio che nessun credo conosceva.

 

La relazione di Fede introduce in un ‘di più’ qualificato e reale della vita - conforme anche a inesperti e principianti - estraneo a qualsiasi cerchia di scelti e provetti.

Allora, cosa significa essere figli di Abramo? C’è chi immagina di avere il “documento” a posto, ma non capisce che una identità fissa è trappola della vitalità.

Gli intimi di Cristo introducono nella storia della salvezza un criterio di prostituzione teologica capovolto [cf. v.41: «fornicazione»], fondato sulla ricchezza divina. Un altro genere di Alleanza.

Il seguace di Gesù comprende che la realtà ha molti volti, ed egli stesso ne ha: è chiamato a integrarli, per una completezza sciolta.

 

Pur stando entrambi ‘in casa’, il «figlio» è un consanguineo - non rimane servo al pari dello schiavo (della discendenza).

Il Dio del popolo eletto dice ad Abramo: «Va’!». È un ordine.

Il Figlio ci propone: «Vieni!». È una virtù di Famiglia che garantisce il superamento delle difficoltà e la crescita armoniosa.

Non basta essere ferrati nei modi di fare. Bisogna aprirsi a una nuova esperienza.

È l’adesione di vita che convince a permanere nella dimora del Padre - non l’infiammarsi in circostanze particolari.

Tale consuetudine attenua gli spaventi e ci fa divenire Uno con la Verità-Fedeltà di Dio: partiamo da tale Nucleo fondante.

 

Essere nel Figlio scioglie dalle opinioni esterne, da una coltre di maniere  (vv.33.37ss) non rielaborate, né assimilate e fatte proprie; tipiche di sottoposti, cui manca un’esperienza profonda.

Lo schiavo del cliché vive sotto condanna, perché troppo chiuso nei perimetri - accasato, ma fuori Casa: quindi in una realtà che ristagna, o avanza accentuando e sottolineando limiti.

Il figlio invece conquista spazi d’inedito, si emancipa dall’egoismo che annienta la comunione, dall’amor proprio che rifiuta l’ascolto, dall’omologazione che cancella l’unicità, dal conformismo che fa impallidire l’eccezionalità, dall’invidia che separa e blocca lo scambio dei doni, dalla competizione anche spirituale che ci droga, dall’accidia che sconforta e paralizza.

 

Il Dio delle religioni antiche è un mandante, figura cardine di sottomissione e domesticazione che snerva.

Il Padre è principio della Libertà che procede controcorrente, senza timore di mescolanze ed eterogeneità (vv.41.43).

Egli consente ai figli - persino ibridi - di riscoprire le radici della linfa sacra che li animano, e incontrare i caratteri irripetibili che si celano nel loro grande Desiderio.

 

 

[Mercoledì 5.a sett. Quaresima, 9 aprile 2025]

416 Ultima modifica il Mercoledì, 09 Aprile 2025 12:29
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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