In mezzo ai riconciliati: il cambiamento di rotta e di sorte nel Regno
(Mt 18,15-20)
«Il verbo che l'evangelista usa per "si accorderanno" è synphōnēsōsin: c'è il riferimento ad una "sinfonia" dei cuori» [Papa Benedetto].
Questa nuova energia plasmabile ha una misteriosa presa sul cuore della realtà - che sempre è più forte di noi; svolge la trama e propone, ma qui viceversa ci accoglie.
Ovvero ci disturba con un disagio… che però è già la terapia. Perché ogni lacrima guida verso gli strati profondi del nostro essere primordiale, del nostro seme e del suo mondo di relazioni proprie.
E allora l’anima si scioglie, diventa meno tortuosa, segue un’indicazione che non pensava; ritrova la strada inebriante delle sintonie profonde, abbandona il sentiero scadente.
Predilige la Via che le corrisponde, più delle identificazioni: tutti gli idoli che prima avevano il sopravvento, i quali - malgrado le apparenze - battagliavano con la nostra destinazione essenziale.
E senza fuggire da se stessi, ma solo dalle convenzioni esterne, ‘insieme’ si può passare dall’unilateralità alla completezza, dalla banalità alla pienezza; al motivo per cui siamo al mondo; al destino dell’essere che siamo.
Forse non riuscivamo prima a percepirlo, perché l’occhio rimbalzava tra le pareti della solita domesticazione.
E il pensiero effimero, assuefatto, non distruggeva l’idea [senza percezione] di noi stessi; idea senz’ascolto, che non svaniva.
La correzione fraterna ci stringe alla gola, ma è quell’amarezza che riporta l’essenziale; è quell’ansia (se accolta) che ci cura davvero.
Mt suggerisce il dialogo, che tenta di capire i motivi dell’altro.
In effetti, nelle prime realtà giudeo cristiane il clima era forse eccessivamente scrupoloso.
Quindi era previsto pure il distacco dalla comunità, ma permaneva la consapevolezza che il peccatore non era comunque un separato da Dio, anche ‘fuori’ della chiesa particolare: «Dove sono due o tre riuniti nel mio Nome» (v.20).
È il centro della nuova concezione pedagogica - non più “religiosa” e di massa, ma di Fede viva e personale.
L’espressione «nel mio Nome» sta a indicare che Gesù stesso ha avuto il suo bel daffare coi giudicanti del suo tempo.
Tutto reale. Anche una esclusione può unire a Lui e farlo rivivere concretamente, altroché.
Se il Cristo vero - non vago - resta il perno della fraternità, il Padre concederà il ritorno del fratello che si è escluso.
Ovviamente, ciò può avvenire solo se l’allontanato sperimenta che per primi i responsabili di comunità cercano il confronto umano - ricalcando la stessa posizione del Maestro: «in mezzo».
Equidistanti da tutti, e ogni tanto con un bel ricambio di mansioni.
Chi ancora oggi ci fa vedere Gesù vivo non sta al di “sopra” degli altri; non si fa capofila, né si colloca “davanti” [in modo che qualcuno sia vicino e altri sempre lontani].
Gente fra la gente. Siamo chiamati a ritrovare la saldatura tra onore a Dio e amore per le sorelle e i fratelli.
L’amore chiama amore, il perdono attira spontaneamente perdono - non per sforzo, non per buone maniere o dovere, bensì come canale per far entrare nel mondo nuove energie preparatorie e colpi di scena.
Fragrante segno della Chiesa è il rovesciamento dei ruoli e delle sorti.
[Mercoledì 19.a sett. T.O. 14 agosto 2024]