(Mt 20,20-28)
L’Impero soggiogava il bacino mediterraneo con la forza delle Legioni.
Attraverso una vasta base di schiavi e tributi, esso concentrava titoli e ricchezze in mano a piccole cerchie - con abuso di potere e coercizioni.
Il nuovo Regno dev’essere germe di società alternativa.
Il perno sarà riappropriarsi di una sorta di sintesi della vita di Gesù per farla propria, come espressa nel v.28.
Sono qui enunciati tre titoli che hanno dato inizio alla Cristologia:
«Figlio dell’uomo» è Colui che ha manifestato l’uomo nella condizione divina: pienezza di umanità che riflette e rivela la stessa vita intima di Dio.
Figura di una “santità” accessibile e trasmissibile, tutta incarnata - perfino sommaria.
Figlio dell’uomo è infatti lo sviluppo autentico e pieno della persona secondo il Sogno attivo del Padre, che spazza via il «Giogo» ossessivo della Religione comune - dilatando la vita (e i confini dell’ego).
Nell’adesione al «Figlio dell’uomo» siamo introdotti come protagonisti nella storia della salvezza.
Collaboratori nell’apice della Creazione - ossia nel processo dell’amore. E veniamo distaccati dal pre-umano delle competizioni [condizione belluina per brama di supremazie].
«Servo» di Yahweh: Giusto che patisce pene d’Amore, per farci salvi - icona della forza dimessa e sapiente del Padre che attraverso i figli si esprime non come vincitore, ma al pari di agnello mansueto.
Icona sacrificale - nel senso antico di «sacrum facere», rendere Sacro - per risollevare un popolo incapace di andare a Dio attraverso i fratelli.
Nel giudaismo la ‘morte del giusto’ - persino nella dimensione giuridica della Torah - era pari a un riscatto, già inteso come riparazione-espiazione per la moltitudine (v.28) dei colpevoli (cf. Is 53,11-12).
In Cristo svanisce il meccanismo vicario: il Padre invia il Figlio non come vittima esterna o propiziatoria, necessaria e predestinata, bensì per farci riflettere, primo passo della umanizzazione.
Così recuperando la dimensione di consapevolezza e Comunione [ossia convivialità delle differenze].
Quindi: unico titolo di “preminenza” resta quello di «Go’el»: farsi (ciascuno) «Parente prossimo» che si accolla ogni debito per il riscatto altrui, per il ripristino in dignità personale - e totale possesso di sé.
Piena fraternità con la donna e l’uomo di ogni condizione: dovrebbe essere il programma crescente dell’apostolo.
Malgrado la sproporzione, solo questo rivolgimento di Volto sta al centro della storia e non abbassa Dio al livello del banale ‘dominio’.
Capovolgimento e Libertà che si fa programma permanente di solidarietà fattiva, e stimola il fervore.
Principio determinante del nuovo Regno, dove non si rincorrono ambizioni.
Piuttosto, si condivide la sorte del Maestro, ossia «bere il medesimo Calice» (vv.22-23) e il destino di realizzazione altrui; anche paradossale.
In Cristo, il popolo della Chiesa-Famiglia procede verso Gerusalemme, senza meriti né funzioni che accampino un diritto - ma con le chiavi della ‘vita’.
È così che ci si trova concretamente «a destra e sinistra» (vv.21.23) del regale Crocifisso - e nell’Unione mistica col Risorto piagato.
Salendo assieme.
[S. Giacomo Apostolo, 25 luglio 2024]