Gv 15,1-8(.9-11)
L’allegoria della vite e dei tralci descrive la Presenza del Signore in mezzo ai suoi. Egli è fonte della vita intima e delle opere.
L’imperativo di credere in Lui (c.14) diventa esigenza di ‘rimanere’ in Lui [cf. Gv 6,56: tema eucaristico del ‘corpo unico’].
Gesù si serve dell’immagine della vite e dei tralci per trasmettere un insegnamento sulla famigliarità con Lui e la fraternità tra discepoli, che ne illustri il legame profondo.
Unione intima, alimento comune, solidarietà, continuità del legame, richiedono un’opera attenta e costante, tra cui «taglio e mondatura» perché non tutti i pampini e i germogli recano fecondità.
Ma attenzione: l'Amore divino è impulso che chiede un “lasciarsi portare”. Esso trascina; ci prende e si fa linfa nutriente. C’investe purificando.
Non è dimensione da intendersi quale “sforzo” (sostanzialmente nostro) bensì come un... essere afferrati e farsi coinvolgere nel moto della vita di Grazia.
Gesù invita ad avere cura dei codici dell’interiorità: da essi assumere l’impulso risoluto cui affidare le scelte, e che già ci ha guidati a crescere.
Nel brano di Vangelo il Creatore-contadino «taglia e purifica», per riallacciare tale ‘intesa’ personale.
Gesù parla di «Vite quella vera» (v.1): è solo Lui il germe autentico del Popolo piantato dal Padre.
Vuol dire che in giro venivano inculcati insegnamenti devianti, e interrate o esposte false “viti” [come quella favolosa ricolma di pampini d’oro sulla porta del Santuario interno del Tempio di Gerusalemme].
La linfa vitale non scorre dalle ricchezze, né da dottrine e discipline - neppure dalle grandi, impressionanti magnificenze del vecchio culto.
E l’interesse dell’agricoltore è che la Vigna porti sempre più «Frutto» ossia Amore; null’altro.
Il «permanere» di Cristo nei discepoli, la sua ‘unione’ con ciascuno, è essenziale per vivere sulla terra la stessa vita divina.
La Fede-amore ‘incorpora’ ed è contagiosa.
Laddove incontrasse resistenza, sarà proprio tale ostacolo a incitarla a maggiore purezza, dunque a più vigore (v.2).
Per questo motivo prima «Taglia» ciò ch’è stato rigoglioso nel passato ma non darebbe più nulla.
Ce ne accorgiamo nel tempo della crisi, che smaschera e rovescia posizioni assillanti e importune, mortificanti lo sviluppo.
Poi «Purifica» (v.2: testo greco) ossia procede come fa il bravo villico, a una seconda sfrondatura leggera dei germogli della vite; staccando quelli che assorbono linfa ma si addensano troppo e non hanno giusta vitalità [onde non togliere nutrimento ai punti propulsivi].
Questo brano è stato spesso interpretato come invito per eccellenza ad abbracciare una spiritualità delle “potature” [il termine nei Vangeli non esiste] che non ha senso in ottica di Fede, ossia d’Amore.
Nelle religioni tradizionali è il soggetto - «tralcio» - a doversi centrare su se stesso, individuare le mancanze, i difetti e vizi, e “potarli”.
Invece solo il Padre-agricoltore sa riconoscere gli elementi nocivi, quelli parassiti e senza futuro, che non vale la pena continuare a sorreggere.
La vita in Cristo non c’insedia su un’immagine di sterile perfezione esterna, che a Dio non interessa.
Una Potenza spontanea, il mistero delle radici vocazionali, l’opera a più livelli di un’essenza radicale, innata, che ci accompagna, sono in grado di alimentare e correggere ogni geometria a tavolino.
Agli impedimenti pensa il Padre, non il singolo tralcio, né altri tralci.
In tal guisa - cedendo il dirigismo esterno - non produrremo danni irreparabili.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quale Linfa ti sazia, quella esterna? Quale geometria mondana e normale segui? Qual è la tua idea di miglioramento nella Fede?
Mistica della Gioia: essere se stessi, Rivelazione repentina
Resilienza non a denti stretti, e Somiglianza non possessiva
(Gv 15,9-11)
Gesù si è appena servito dell’immagine della «vigna» per configurare il “carattere” del suo nuovo popolo e la ‘circolazione di vita’ che lo accomuna.
«Vita» di particolare intensità e temperamento.
L’allegoria della vite e dei tralci è ora tradotta in termini esistenziali.
La propagazione del dinamismo divino in noi dà il via a una ‘corrente di amore’ particolare e accentuata.
La sorte del tralcio «inaridito» [privo della Linfa dello Spirito] e reciso è il senso d’inutilità e angoscia (v.6).
Ma - alla Vigna - perfino tagli, mondature e purificazioni (v.2) non impediscono di produrre grappoli abbondanti e succosi.
Un canto nuovo, finalmente privo di dissociazioni.
Il disagio infatti reca alla pergola un flusso addirittura più marcato, un cammino di carattere, e una dilatazione.
L’agricoltore è il Padre (v.1) che taglia e sfronda in ordine alla maggiore vitalità del campo.
Qui si permane, cedendo le nostre “previsioni” alla Grazia - nella paradossale tutela della concentrazione personale.
Lasciamo a Lui la decisione di far cadere i travestimenti infecondi.
Sarà il sapiente Agricoltore a spegnere i modelli dispersivi e accendere la nostra ‘voce’ - quella che ci appartiene.
L’energia della metamorfosi che si espanderà da situazioni critiche ci farà «essere» invece di “somigliare” [fuori].
Da dentro, lo ‘sguardo in stato di ricerca’ verrà spostato e reso essenziale, lasciando spazio alla virtù delle ‘radici’ proprie.
Man mano la recita che richiedeva forzature sterili verrà sapientemente smontata - affinché non ci chiudiamo in preconcetti.
La forza apparente dovrà dare spazio alla forza reale.
Per Via, ciascuno accetterà un’altra immagine di sé; senza per questo distaccarsi dalla convivenza.
Il tener duro lascerà spazio alla flessibilità, alla melodia vocazionale.
In tal guisa, facendo largo al modo di essere autentico.
Imparando a guardare bene e affidarsi a tutto ciò che provvidenzialmente si affaccia, sgorgheranno risposte elastiche.
Nell’anima si riverserà la Gioia personale - non quella fatua d’euforia o esaltazione, passeggera delle molte foglie.
Perché non dovendo nascondere altre preferenze, un diverso carattere individuante, o le nostre stesse fragilità, diventeremo più forti.
Senza per questo imporsi di dover sempre controllare la situazione.
L’intima Letizia che ci attiverà sarà frutto d’una consapevolezza nuova, che infine contribuisce alla ‘cattolica’ convivialità delle differenze.
Coscienza che coniuga la divina proposta di Somiglianza non possessiva con la nostra capacità di accoglierci - non di lottare in modo innaturale.
Anche nelle vulnerabilità. Malgrado i diversi gusti attorno.
Un’onda vitale ad personam che diventa resilienza non comune, e diversa Felicità.
Permanendo nella circolazione d’amore Padre-Figlio saremo avvolti da una ebbrezza che intuisce il senso e l'unicità del nostro Seme.
Tutto ciò cambia il modo di vedere la vita, le relazioni, le sofferenze, e la Gioia.
Deponendo gli sforzi e il rimuginare, incontrando gli enigmi e i lati sconosciuti, ecco affiorare La Sapienza che ci abita.
[23 luglio 2024, s. Brigida di Svezia]