(Mt 5,27-32)
Nel diritto matrimoniale semitico la donna era valutata proprietà del marito: non veniva considerata persona giuridica, bensì un possesso dell’uomo, che poteva fare da padrone.
Anche nel Primo Testamento il peccato di adulterio era valutato come una sorta di grave violazione del diritto di proprietà del maschio, nonché eventuale impurità di sangue [il cui mescolamento era aborrito].
Sembrerà strano per la nostra mentalità, ma ciò aveva maggiore peso della stessa trasgressione morale.
Gesù rivela invece il valore della persona come tale.
Egli porta in primo piano il senso degli approcci e delle violazioni che ledono e offendono l’esistere dei deboli.
Addirittura introduce l’annuncio della pari dignità fra uomo e donna.
Il matrimonio è comunità d’amore, non unione dissolubile dal capriccio e dal calcolo materiale.
Situazione che finirà per censurare la persona indifesa - la quale poi [abbandonata] per vivere sarà condannata a subire altre violazioni di sé (v.32).
Con parole taglienti, il Signore richiama la necessità di una dura intransigenza verso ogni deviazione pedestre dell’egoismo, che umilia l’innocente privo di tutele.
Per salvare l’amore e dargli vigore, il Maestro prospetta anche amputazioni dolorose. Porre in atto i più gravi sacrifici può liberare il “forte” dal suo delirio.
Un’attrazione senza dono di sé non esprime la persona alla persona, è frutto acerbo d’immaturità vagabonda e conduce all’alienazione.
La donna - ossia il debole e innocente, che ama di più e sul serio - non è creatura passibile di beffe, né riducibile a possesso, cosa, bene di consumo, solo utile al padrone di casa.
Scrive in tal guisa Albertine Tshibilondi Ngoyi:
«La donna africana non è né un riflesso dell’uomo né una schiava. Non prova alcun bisogno di imitare l’uomo per esprimere la propria personalità. Secerne una civiltà originale con il suo lavoro, il suo genio personale, le sue preoccupazioni, il suo linguaggio e i suoi costumi. Non si è lasciata colonizzare dall’uomo e dal prestigio della civiltà maschile».
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Hai uno sguardo che apre il varco al tradimento? Non ritieni che esso manifesti in atto una leggerezza d’impostazione e una scelta di vita scadente?
Non credi che il cuore disintegrato sia segno d’una inquietudine e insoddisfazione più profonda, che va oltre l’infedeltà morale?
Rifletti sul modo d’investire le energie che percorrono la tua chiamata e missione?
[Venerdì 10.a sett. T.O. 14 giugno 2024]