«Partiti, predicate dicendo [che] il regno dei cieli si è fatto vicino» (v.7)
(Mt 10,7-13)
Agli amici che lo annunciano Gesù raccomanda di non portarsi dietro bisaccia e denaro per distinguersi da costumi e contesti (e inoculare il veleno dei timori).
Il gesto eloquente di «Pace» dei fedeli in Cristo non è quello di riempire bicchieri vuoti, ma far scoprire Dio già Presente in coloro cui si rivolgono, senza preclusioni.
Una comprensione della donna e dell’uomo in se stessi, nel ‘limite’ - seme divino in loro - che diventa spinta ad aprirsi.
Per una considerazione della condizione umana che non parte dagli “ideali”, ma dalla realtà; che non muove da “valori” disincarnati [e altrove] ma dal sommario concreto.
Rispetto ad altre correnti che cercavano un nuovo modo di vivere e convivere - Farisei, Esseni, Battista - il credente non dev’essere prevenuto.
Fidandosi sia dell’ospitalità che degli alimenti altrui [tutti ritualmente puri] l’amico del Signore allarga l’espressione della Prima Alleanza.
L’indigenza accolta viene prima degli obblighi. Lascia diventare umani. Fa cadere i pesi. Non fa della “colpa” la misura della vita.
Il Regno è «Vicino». Comunica senso di adeguatezza, non di rimprovero. Parte dalla coscienza, non dall’errore.
Le piccole fraternità della Galilea e Siria cui Mt lancia il suo messaggio sono minime realtà - alla portata della gente comune.
La “conversione” che possono proporre non ha una misura definitiva.
Dà a ciascuno (anche a coloro che annunciano) il permesso di sbagliare e cadere, senza più vergogna dello stato d’indigenza.
Così l’agire di donne e uomini di Fede suscita uno sguardo rinnovato, perché testimonia prossimità e libertà - non osservanza di adempimenti ossessivi, artificiosi, innaturali.
Nelle piccole assemblee dei primi tempi e nella loro azione gratuita si rendeva presente Dio stesso. Senza piramidi né cumulo di recriminazioni.
Per una nuova terra, animata da un nuovo Cielo: quello delle Beatitudini che recuperano rapporti lacerati, e reintegrano nella convivenza proprio gl’imperfetti, prima esclusi in nome di Dio.
Il Regno - germe di realtà appena agli esordi - grazie allo spirito di Dono avrebbe trasformato il mondo, nel recupero degli opposti.
Proponendo l’alternativa d’un inatteso volto dell’Eterno Amante, ma anche dell’uomo riuscito, e della società.
Qual è dunque il motore dell’inclusione? Sotto gli occhi dei primi protagonisti dell’evangelizzazione, la soluzione germinava da uno sviluppo spontaneo.
Anche oggi, l’amabilità senza confini nasce semplicemente riconoscendo il grande assoluto privilegio di essere approvati dal Padre creatore, perché noi stessi; irripetibili.
La passione per un altro Regno prima di ogni interesse sarà frutto solo interiore: riconoscimento di predilezioni «per Nome», portato di ricchezze uniche, non esterne.
Fedeltà a un Cielo non da conquistare, ma che già dimora.
[11 giugno 2024, s. Barnaba]