L’Aldilà non è impreciso
(Lc 12,1-7)
Il Vangelo di Mc identifica il «lievito dei farisei» con l’ideologia del potere.
Lc invece ne parla per denunciare l’enfasi e doppiezza interiore delle autorità.
Il richiamo di Gesù contro l’ipocrisia ovvero «teatralità» della religione ufficiale che abbandona la gente a se stessa, è «dapprima ai suoi discepoli» (v.1).
In ogni tempo Cristo si contrappone a chi recita un ruolo, perde la sua natura e diventa artificiale, usando Dio per essere temuto e rispettato.
Donne e uomini di Fede sono in Cristo già abilitati e al centro della propria essenza; non devono piegarsi a inseguire voci artefatte del mondo fuori: non recano Eternità.
Piuttosto, i figli anelino a farsi trasparenti, limpidi, sinceri.
Principio non negoziabile è non nascondere la verità. Ciò a partire dalla propria inclinazione innata - carattere che vien prima del ruolo.
E i leaders devono incoraggiare affinché ciascuno riesca a trovare la strada, facendo pregustare il valore, il destino dell’irripetibilità di persona - non fare i grandi addetti ai lavori, con tutt’altro scopo.
Per questo motivo, nelle chiese risorte in Cristo tutte le maschere che attanagliano le persone dotate di poca energia, fuori dal giro, giunte per ultime, emarginate, incomprese, “inadeguate”, solitarie, devono cadere.
Nessuno ha facoltà di uccidere l’anima altrui.
Neanche può soggiogare la propria - senza perdere il seme vocazionale davvero puro, pregno d’un nome senza prezzo; sebbene in sembianza pitocca, minuscola.
Fraternità aperta e schietta.
Anche la scena degli esempi spontanei che Gesù trae dalla natura - eco della vita conciliante sognata per noi dal Padre - introduce alla Felicità che fa consapevoli di esistere in tutta la personale realtà.
Il passo di Vangelo mostra infatti il valore delle cose genuine, silenti, poco eclatanti, le quali però ci abitano - non sono “ombre”. E le percepiamo senza sforzo né impegno cerebrale.
Nel tempo delle scelte epocali, delle emergenze che sembrano metterci in scacco ma intendono farci meno artificiali - tale consapevolezza può rovesciare il nostro giudizio di sostanza, sul ‘piccolo’ e il ‘grande’.
Infatti, per l’avventura d’amore non c’è contabilità né clamore.
È in Dio e nella realtà il ‘posto’ per ciascuno di noi senza lacerazioni.
L’aldilà non è impreciso.
Non bisogna snaturarsi per avere consenso… tantomeno per il ‘Cielo’ che vince la morte.
Il destino dell’unicità non va in rovina: è prezioso e caro, come lo è in natura.
Bisogna scorgerne la Bellezza, futura e già attuale.
Emarginato il tornaconto immediato [qualsiasi garanzia sociale non attinente il valore della piccolezza], non ci sarà più bisogno di identificarsi con gli scheletri del pensiero e delle maniere assodati o alla moda.
Neppure conterà collocarsi sopra e davanti: piuttosto sullo sfondo, già ricchi e perfetti, nel senso intimo della pienezza di essere.
Così non dovremo calpestarci a vicenda (v.1)... anche per incontrare Gesù.
[Venerdì 28.a sett. T.O. 17 ottobre 2025]