(Gv 17,1-11a)
Anche nel quarto Vangelo l’ultima cena è seguita dalla preghiera di Gesù, ma a differenza dei Sinottici, Gv la colloca nello stesso luogo del Cenacolo.
Nel racconto dei primi tre Vangeli, diverse note ragguagliano sull’intima ripugnanza del Signore a proposito della Croce - da cui però non si sottrae, da cui non si lascia sovrastare.
Qui chiede al Padre solo la qualità indistruttibile di Vita dell’Eterno in favore dei suoi, che hanno già avuto conoscenza dell’intimità di Dio: essa apre ogni riverbero.
Riconoscere costituito Signore il Figlio dell’uomo significa accettare una nuova forma di esistenza nello Spirito.
Come un Vento che [rigenerando dall’interno] si rende tramite e continuatore dell’opera di creazione.
Siamo testimoni di una Relazione fondante, gloriosa, ossia di valore tale da riattivare ogni destino - oltre le concatenazioni.
Tale piattaforma sorvola il senso d’indegnità.
Su di essa, eccoci abilitati a diventare ovunque appassionati ‘inventori di strade’.
Introdotti in una Comunione che è già qui e ora «Vita dell’Eterno» (vv.2-3). Essa scaturisce dal ‘conoscere’ il Padre e il Figlio.
E si concentra in un’Ora (v.1): allusione che aveva percorso tutto il quarto Vangelo.
L’esistenza di Gesù converge nella crudezza feconda di quel punto, che dà spessore a ogni cosa.
Il testo si distingue dalle catechesi precedenti, perché più amicale che d’insegnamento.
Il Maestro ripercorre la sua vicenda come impegno a manifestare il Padre, per farci divenire segni del suo Volto.
Cristo comprende che i figli sono sottoposti a seduzioni, e rischiano di smarrire il senso del credere in Lui. Infatti fanno ancora difficoltà a capire che la Gloria non è frutto di vittoria mondana.
«Gloria» in Gv è sinonimo di manifestazione del Volto dell’Eterno Amore nell’innalzamento della Croce.
Presenza del Dio-Con - svelamento della sua confidenza, comprensione, tenerezza, recupero dei lati opposti.
In tal guisa, Gloria del Risorto non è una Relazione che rimane chiusa in Cielo, fra Padre e Figlio.
Questi ha dato ai suoi intimi il «Nome» (vv.6.11) ossia ha rivelato il Padre e dato accesso alla sua Persona reale - incluse le lotte intraprese.
Persona che ci alimenta con la Parola, e il senso delle sue vicende.
Tale Voce inconfondibile ricorda che ogni travaglio può farci entrare più a fondo con Gesù nella Gloria e nell’eternità del Padre.
La vita intima di Dio è intensità d’intesa; reciprocità che sfocia in connubio dilatato, apertissimo, ferace, tendente a trasmutare ogni tribolazione in appello a nuova kabôd-gloria.
Si tratta del peso specifico [qualitativo] che assume il credente in un Cielo anche percepibile dai sensi.
Qualsiasi difficoltà, angoscia, insicurezza, ora diventa addirittura un punto cui convergere.
Come il Signore, i discepoli non vanno alla morte, ma sulla Via della Vita completa che annienta le lontananze.
Tutto ciò grazie a un’unità che devia le abitudini e pone in contatto con le energie dell’intimo legame primordiale, fonte-e-culmine, Padre-Figlio.
[Martedì 7.a sett. di Pasqua, 3 giugno 2025]