(Gv 15,1-8)
L’allegoria della vite e dei tralci descrive la Presenza del Signore in mezzo ai suoi. Egli è fonte della vita intima e delle opere.
L’imperativo di credere in Lui (c.14) diventa esigenza di ‘rimanere’ in Lui [cf. Gv 6,56: tema eucaristico del ‘corpo unico’].
Gesù si serve dell’immagine della vite e dei tralci per trasmettere un insegnamento sulla famigliarità con Lui e la fraternità tra discepoli, che ne illustri il legame profondo.
Unione intima, alimento comune, solidarietà, continuità del legame, richiedono un’opera attenta e costante, tra cui «taglio e mondatura» perché non tutti i pampini e i germogli recano fecondità.
Ma attenzione: l'Amore divino è impulso che chiede un “lasciarsi portare”. Esso trascina; ci prende e si fa linfa nutriente. C’investe purificando.
Non è dimensione da intendersi quale “sforzo” (sostanzialmente nostro) bensì come un... essere afferrati e farsi coinvolgere nel moto della vita di Grazia.
Gesù invita ad avere cura dei codici dell’interiorità: da essi assumere l’impulso risoluto cui affidare le scelte, e che già ci ha guidati a crescere.
Nel brano di Vangelo il Creatore-contadino «taglia e purifica», per riallacciare tale ‘intesa’ personale.
Gesù parla di «Vite quella vera» (v.1): è solo Lui il germe autentico del Popolo piantato dal Padre.
Vuol dire che in giro venivano inculcati insegnamenti devianti, e interrate o esposte false “viti” [come quella favolosa ricolma di pampini d’oro sulla porta del Santuario interno del Tempio di Gerusalemme].
La linfa vitale non scorre dalle ricchezze, né da dottrine e discipline - neppure dalle grandi, impressionanti magnificenze del vecchio culto.
E l’interesse dell’agricoltore è che la Vigna porti sempre più «Frutto» ossia Amore; null’altro.
Il «permanere» di Cristo nei discepoli, la sua ‘unione’ con ciascuno, è essenziale per vivere sulla terra la stessa vita divina.
La Fede-amore ‘incorpora’ ed è contagiosa.
Laddove incontrasse resistenza, sarà proprio tale ostacolo a incitarla a maggiore purezza, dunque a più vigore (v.2).
Per questo motivo prima «Taglia» ciò ch’è stato rigoglioso nel passato ma non darebbe più nulla.
Ce ne accorgiamo nel tempo della crisi, che smaschera e rovescia posizioni assillanti e importune, mortificanti lo sviluppo.
Poi «Purifica» (v.2: testo greco) ossia procede come fa il bravo villico, a una seconda sfrondatura leggera dei germogli della vite; staccando quelli che assorbono linfa ma si addensano troppo e non hanno giusta vitalità [onde non togliere nutrimento ai punti propulsivi].
Questo brano è stato spesso interpretato come invito per eccellenza ad abbracciare una spiritualità delle “potature” [il termine nei Vangeli non esiste] che non ha senso in ottica di Fede, ossia d’Amore.
Nelle religioni tradizionali è il soggetto - «tralcio» - a doversi centrare su se stesso, individuare le mancanze, i difetti e vizi, e “potarli”.
Invece solo il Padre-agricoltore sa riconoscere gli elementi nocivi, quelli parassiti e senza futuro, che non vale la pena continuare a sorreggere.
La vita in Cristo non c’insedia su un’immagine di sterile perfezione esterna, che a Dio non interessa.
Una Potenza spontanea, il mistero delle radici vocazionali, l’opera a più livelli di un’essenza radicale, innata, che ci accompagna, sono in grado di alimentare e correggere ogni geometria a tavolino.
Agli impedimenti pensa il Padre, non il singolo tralcio, né altri tralci.
In tal guisa - cedendo il dirigismo esterno - non produrremo danni irreparabili.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quale Linfa ti sazia, quella esterna? Quale geometria mondana e normale segui? Qual è la tua idea di miglioramento nella Fede?
[Mercoledì 5.a sett. di Pasqua, 21 maggio 2025]