«Da Chi andremo?». La Fede, segno critico (non attenuato)
(Gv 6,60-69)
Un Dio a nostro livello? «Questo Logos è sclerotico» (v.60) - come dire: immaginare che l’Altissimo si accomuni ai ‘minimi’ in tutto è posizione incomprensibile e offensiva.
Può l’Eterno riconoscersi in un semplice figlio d’uomo?
Come nel suo ministero in Giudea, l’ultima attività di Gesù in Galilea termina con un insuccesso (v.66).
Anche i discepoli che gustano la nuova Parola restano delusi.
Molti del popolo lo cercavano come facitore di miracoli - continuando ad accontentarsi dei punti di riferimento dominanti, del medesimo pane materiale di sempre.
Cristo non è per il continuare ad adeguarsi, ma per un Nutrimento consistente. Ecco la crisi: essa non manca quando si è posti di fronte a scelte serie.
Il Maestro aveva una chiave di lettura diversa. E il dramma nuziale non si poteva risolvere in comode parentesi.
Proposte quali la comunione dei beni, la scelta dell’ultimo posto, il benvenuto concesso non solo ai vicini del clan e così via, ribaltano l’idea di grandezza e fallimento.
L’interrogativo inquieta: «Ma volete andarvene anche voi?» (v.67).
Pietro risponde al plurale, esprimendo la Fede del piccolo gruppo che si azzarda, senza troppe chiavi di circostanza - e che può essere nostra.
La crisi di Galilea non è un pallido ricordo storico, ma uno spartiacque al centro del quale siamo tutti - ogni giorno. Un evento persistente, che ci divide dai facili entusiasmi, ma conduce il viaggio autentico.
Accogliere questa sfida conclusiva, muta le frontiere del mondo ristretto che aggroviglia l’anima, quindi il corso dell’esistenza… anche quella ambiziosa dei discepoli che forse non volevano i disagi d’un altro ‘regno’.
Le fila si assottigliano, le scelte non sono più scontate, le voci sono tante [e pure le mezze misure]. Il posto sicuro d’un tempo è insidiato.
Conviene essere coerenti? Non è meglio adeguarsi a rapporti di forza o mode?
La Fede unisce al Signore, l’ascolto dona la giusta posizione, e nell’Eucaristia si produce l’intreccio delle nature, umana e divina.
Le aspirazioni profonde guidano oltre i calcoli e l’ordine naturale. In noi, l’incarnazione e l’azione dell’unica Guida di cui ci si può fidare, continua.
La purezza della verità non s’infrange, anzi si riversa.
Dinanzi agli stenti nel deserto, il popolo aveva dubitato della presenza divina [«in mezzo a noi»].
Lo stesso capitava nelle comunità giovannee di fine primo secolo, che si interrogavano sulla Presenza del Risorto nello ‘spezzare il pane’.
Alcuni avevano abbandonato la chiesa per tornare alle «cipolle d’Egitto».
D’altro canto, nella zona di Efeso non mancavano benessere e attrattive - garantite e sacralizzate dalla religiosità pagana.
La stessa vita devota polarizzata intorno all’indotto economico del Tempio di Artemide - trasformato in una delle maggiori banche dell’oriente antico - garantiva una spensieratezza e una qualità di vita ben più “solida” e appariscente dell’umile segno Eucaristico.
Cosa potevano valere quelle briciole a confronto di una delle sette Meraviglie del mondo antico?
Con Gesù rimane solo un gruppetto sparuto, che però è più intimo - e si fa la domanda giusta:
È dignitoso anche non essere primi della classe, e “vincenti”?
Chi… sa valorizzare la storia, e ogni percorso, perfino le defezioni?
Quale Persona non ci costringe a essere unilaterali?
[Sabato 3.a sett. di Pasqua, 10 maggio 2025]