(Mc 4,35-41)
Tutto il Vangelo di Mc è una risposta articolata alla domanda: ‘chi è Gesù?’ (v.41). Il suo senso di marcia sembra contromano, e infrange sfacciatamente le regole accettate da tutti.
Mentre i discepoli accarezzavano desideri nazionalisti, il Maestro inizia a far capire che Egli non è il Messia volgarmente atteso, restauratore del defunto impero di Davide [o dei Cesari, in lotta di successione sotto gli occhi della comunità romana di Mc: Galba, Otone, Vitellio, Vespasiano].
Il Regno di Dio è aperto a tutta l'umanità, che in quei tempi di sballottamento - straziata dalla guerra civile successiva alle follie di Nerone - cercava sicurezze, accoglienza, punti di riferimento.
Ciascuno poteva trovarvi casa e riparo (v.32b).
Ma alcuni rimanevano insensibili a un’idea troppo larga di Fraternità. La proposta del giovane Rabbi li spiazzava.
L’insegnamento e richiamo imposto agli intimi di Gesù è quello di passare all’altra riva (v.35) ossia di non trattenere per sé.
Le ricchezze del Padre dovevano essere comunicate ai pagani.
Eppure alcuni “reduci” non ne volevano sapere di ‘sproporzioni rischiose’. Erano tarati su consuetudini di religiosità comune, e un’ideologia di potere circoscritta.
Quindi per esorcizzare il pericolo della missione, già tentavano di prendere in ostaggio il Maestro (v.36).
Sin dagli esordi, la resistenza all’incarico divino e il dibattito interno lacerante che ne era derivato, scatenò una grande tempesta nelle assemblee dei credenti.
«E viene una grande burrasca di vento e le onde si rovesciavano nella barca, così che la barca già si riempiva» (v.37).
La bufera riguarda i soli discepoli, unici sgomenti; non Gesù - a poppa, ossia al timone, alla guida [v.38 - e sul «cuscino»: si tratta del Risorto].
Quel che accade ‘dentro’ non è il semplice riflesso di ciò che capita “fuori”! Questo l’errore da correggere.
Dalla pace della condizione divina che domina il caos (v.39) il Signore richiama l’attenzione e rimprovera gli apostoli, accusandoli di non avere «Fede» (v.40).
Insomma, siamo confusi, nell’imbarazzo, e infuria il caos degli schemi? Andiamo paradossalmente sulla strada giusta dell’Esodo - ma non bisogna farsi prendere dal timore.
Le situazioni emotivamente rilevanti hanno il loro senso, recano un appello significativo, introducono una diversa introspezione, il cambiamento decisivo; una nuova ‘Genesi’.
La prova infatti attiva le anime nel modo più efficace, perché ci sgancia dall’idea di stabilità, e pone in contatto con energie sottaciute, avviando il nuovo dialogo con gli eventi.
In Lui, eccoci dunque intrisi d’una ‘diversa visione del pericolo’.
Sembra infatti che Gesù voglia espressamente i “momenti scuri” del confronto e del dubbio (v.35).
Le attese da manuale e l’abitudine ad allestire armonie conformiste bloccano la fioritura di ciò che siamo e speriamo.
Quel che è seccante o addirittura ‘contro’ ha qualcosa di decisivo da dirci.
Così anche nella barchetta delle chiese (v.36) il disagio deve esprimersi.
La nostra è una stabilità invertita, capovolta, non pareggiabile - incerta, sconveniente - eppure energica, capace di reinventarsi.
Sarà perfino eccessiva, ma dai dissesti. E osservando negli altri i propri lati oscuri.
Per una proposta di Tenerezza senza un piano, non corrispondente; che non è zona relax.
Amore che fa rima con ansia terribile, la quale però ci pone a contatto immediato con i nostri strati profondi - e le ‘periferie’!
[Sabato 3.a sett. T.O. 1 febbraio 2025]