Mt 2,13-15.19-23 (13-23)
I sogni narrati da Mt sono costituiti unicamente da Parole del Signore, le quali chiedono solo di essere accolte in modo attivo (Mt 1,20; 2,12-13.19-22).
L’evangelista si rivolge alle comunità di Galilea e Siria che enumeravano fedeli di estrazione ebreo cristiana, perseguitati dalla Sinagoga - incoraggiati e invitati all’apertura di Fede.
Per questo, nei racconti dell’infanzia di Gesù, egli introduce la figura di una Famiglia che crede nei sogni di Dio - ben diversi dalle astuzie terrificanti degli uomini e delle religioni.
Nei Vangeli, segreto di Gesù, Maria e Giuseppe è appunto la rinuncia alle opinioni comuni - ai programmi normali dell’ambiente circostante - e la decisione di voler fare proprio il Disegno del Padre.
Anche i nostri focolari possono scoprire il Progetto del Signore, sia nelle vicende esterne che nell’ascolto intimo - muovendosi insieme.
Così, ancora una volta Mt c’invita a riflettere sul senso profondo della Venuta del Regno di Dio.
La crudeltà di Erode - un egocentrico esasperato - divenne proverbiale persino a Roma.
Nei suoi ultimi anni, assurdamente ripiegato in una inquieta adesione a se stesso, fece perire tre dei suoi figli ed emanò un decreto [non eseguito per sopravvenuta morte] col quale dispose che fossero eliminati i più influenti tra i giudei - sia per cancellare via via i (ritenuti) pretendenti al trono che i dissensi sul territorio.
Nel passo di Vangelo il re è icona della volontà di potenza che uccide coloro i quali richiamano lo spirito d’infanzia del Cristo: il Figlio di Dio poneva nella Missione del Padre il suo essere.
[Tale umiltà decentrata non ci salva solo nell’ordine della grazia, ma anche in quello dell’equilibrio umano].
Mt scrive il suo Vangelo per rispondere alla situazione che viveva la Chiesa in un momento assai critico.
Dopo l’anno 70, gli unici gruppi che sopravvissero alla distruzione del Giudaismo furono i cristiani messianici e i farisei - entrambi convinti che la lotta armata contro l’impero romano non avesse nulla a che fare con l'adempimento delle Promesse.
A distanza di non molti anni dal disastro di Gerusalemme, proprio la setta dei farisei ormai priva del luogo di culto - centro dell’identità nazionale - iniziò ad organizzarsi in modo da accentrare il governo delle sinagoghe.
Accusati di tradire la cultura particolare e le usanze, i giudaizzanti che riconoscevano Gesù Figlio di Dio furono infine cacciati dalle stesse sinagoghe.
L’opposizione crescente e poi l’esplicita separazione dal popolo del Patto resero acuto lo smarrimento dei fedeli e il problema della stessa identità delle prime assemblee di Fede; gruppi in evidente sofferenza.
Mt incoraggia a evitare defezioni, sostenendo coloro che avevano ricevuto la tagliente scomunica da parte dei leaders della religiosità popolare - sino allora ammirati per spiccata devozione, e tenuti in gran conto.
Per aiutare a superare il trauma, la Lieta Notizia rivolta ai convertiti di matrice giudaizzante si proponeva di rivelare Gesù come vero compimento delle Profezie e autentico Messia - nella figura del nuovo Mosè che attua le promesse di liberazione.
Come lui, perseguitato che ha dovuto incessantemente muoversi e fuggire (cf. Es 4,19).
Secondo una credenza generalizzata nel giudaismo, il tempo dell’Unto del Signore avrebbe riattualizzato il tempo di Mosè.
Ma l’antico condottiero de «il Monte» aveva imposto una relazione tra Dio e il popolo fondata sul banale obbedire a una Legge.
Il Figlio genuino e trasparente, invece, propone ora ai fratelli di Fede un rapporto creativo di beatitudine e comunione basato sulla Somiglianza.
Relazione chiamata a superare l’antica giustizia dei farisei (Mt 5,20).
Nessuna paura dunque - anche per noi - delle vessazioni, che vanno semplicemente messe in conto.
Anzi, colte quali occasioni di testimonianza d’amore e coinvolgimento forte, nella vicenda stessa del Maestro - reinterpretata in prima persona.
Ecco indicato anche un nuovo Cammino di ricerca della Luce o Stella che guida i nostri passi.
Tutto come i Magi - stranieri, eppure autentici adoratori del Signore.
Essi seppero evitare la vigilanza del sovrano - così ritrovarono la propria Dimora, deviando dalla strada già prevista.
Al pari dell’Inviato di Dio per eccellenza che ha sperimentato la medesima sorte del suo popolo, le chiese di ogni tempo possono vivere in Lui un’identica vicenda di Esodo.
Un cammino inedito, fucina di esplorazioni e cambio di mentalità; di consolazione e più vive speranze - con inesorabili contrapposizioni.
Cristo è il Messia nascosto e perseguitato, fondatore di un Popolo nuovo, dimesso e fraterno. Germe di una società alternativa a quella spietata sul campo.
Coronamento delle speranze di tutti gli uomini.
Il diniego della stessa Via del Signore proietta un’atmosfera oscura: diventa conservazione del belluino.
Rifiuto dell’umanizzazione… la cui terapia sta nella fiducia dei «piccoli», nell’audacia giovane e “infantile” che non conosce l’impossibile.
I bimbi innocenti di quello sterminio sono figura dei figli di Dio di ogni secolo, quali “coetanei” di Gesù, in grado di riattualizzarne il tempo spontaneo - contrario alla violenza e alla morte.
Essi sono i perseguitati e fatti fuori a causa della paradossale forza sovversiva della loro tenera Fede di minuscoli e schietti che si lasciano salvare, e non badano a ruoli.
Il contrario dei servili e adulatori, divorati dal calcolo; sempre pronti alla deferenza nei confronti dei feroci detentori del potere. Intimiditi dalla possibilità che una forma di vita morbida e gracile possa destabilizzarne le posizioni.
Ma in caso di gravi angherie, persino l’energia della tristezza che attraversa gli eventi dolorosi (vv.17-18) farà riscoprire quel che conta davvero.
Ciò consentirà di rinascere (nel pianto, nel buio) separando anche noi da quel genere di personaggi.
Nella teologia di Mt Gesù è il “figlio primogenito” che soppianta il popolo eletto [qui, il popolo che Dio è andato a prendersi in Egitto].
Il Figlio eminente ripropone l’Esodo della sua gente: in Lui la vicenda antica - anche dei figli di Giacobbe - rivive per una rinnovata e ormai non più procrastinabile Liberazione.
Implicatosi in tutto nelle traversie, il Signore vuole compiere insieme il cammino verso la nostra emancipazione.
Egli è pienezza delle Scritture sacre: Apice completo della Legge e dei Profeti.
Infatti, nel passo di Vangelo sono come detto palesi i riferimenti al Cristo come nuovo Mosè: scampato all’eccidio e fuggito dalla propria terra.
Insomma: l'evangelista vuole sottolineare che con Gesù ha avuto inizio l’Esodo autentico verso la realizzazione - dove scorre latte e miele [cf. Es 3,5-8] ossia dove Dio in Persona si fa Presente.
Terra Promessa che non è un posto fisico - ambìto e rinomato come quello riservato al ceto sacerdotale, di recinti sacri o corti (vv.22-23).
La sua capacità attrattiva viene dilatata persino ai pagani!
Nel Vangelo di Mt lo si nota sin dall’esordio (genealogia) e dai primi che porgono omaggio al neonato; dalle persecuzioni, dalle fughe, dal ritorno “clandestino” (v.23).
Il Regno di Dio parte - non a caso - da Nazaret: luogo di malconsiderati ancora cavernicoli; da una famiglia senza terra, esposta e indifesa - ma non degenerata...
Per questo fa diventare liberi.
Gesù fin da bambino partecipa delle vicende perigliose della sua gente.
Secondo la mentalità antica, tutto ciò sta a significare che Egli è unito alle sorti del Popolo di Dio in tutto l’arco della sua vicenda.
Qui l’Egitto è icona sia di terra di scampo che di terra dalla quale uscire ancora - per costituire una diversa realtà di madri e padri innocenti.
Un piccolo gregge; un Resto d’Israele, nel quale Cristo si è immedesimato.
Come nella vicenda di Mosè, le forze avverse sono preponderanti, eppure non riescono ad annientare le energie della Vita genuina, che risulterà vincitrice sulle potenze di morte.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Nella realizzazione di te stesso in Cristo, come hai abbattuto la prigione del pensiero comune, del potere, e dei suoi timori?
L’esempio della famiglia ecclesiale, in che modo ti ha aiutato?
L’aspetto riflessivo della Casa di Nazaret
La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare.
Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo.
Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all’intelligenza del Vangelo. Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazareth.
In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto.
Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di Nazareth, casa del Figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobilitare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza, non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore.
[Papa Paolo VI, Chiesa dell’Annunciazione Nazareth 5 gennaio 1964]







