(Gv 14,15-16.23-26)
Chi s’innamora scatena una energia nuova: mai più orfani
(Gv 14,15-21)
Gesù sostituisce i Suoi comandamenti (la sua stessa Persona e i suoi valori) a quelli della religione legalista. Non si può amare Qualcuno abituato a prendere nota.
Le differenti espressioni dell’amore sono infinitamente più importanti di un codice di leggi - quello di Mosè - e della proliferazione di norme tipica della tradizione, se essa ci rendesse nervosi e insoddisfatti (sebbene impiantati).
L’uomo accomodato tende a trascinarsi secondo interpretazioni e modi di stare in campo devianti il suo stesso essere profondo.
Affezionati a rubriche logore e desuete, si continua a dare risposte vecchie a problemi nuovi, a non accettare l’emancipazione, la gioia delle scoperte. Così pure le innovazioni che avvicinano, un nuovo pensiero che consenta di cogliere Dio vivo, Presente sempre, quindi in grado con la sua Azione incessante di farci assumere un volto che umanizza.
Quando si consolidano oltre misura, le consuetudini devianti chiudono agli impulsi dello Spirito della Verità, e proprio in nome di Dio. In tal guisa corrompono e soppiantano la purezza della Sorgente, e (a cascata) l’innata fragranza delle nostre essenze particolari.
Invece il Paraclito in noi ci difende dalle inimicizie esteriori e anche dalle potenze interiori che fanno il male: ad es. timori a corrispondere alla Chiamata autentica, smanie di avere potere apparire, che trascinano lontano dalla vita.
Tentativi d’arricchire sì, cercando tuttavia la reciprocità più variegata delle qualità, e accentuando le stesse risorse del prossimo.
Dio si rivela in un volto personale, quindi lo Spirito è il Difensore che ci permette di sbagliare.
Egli spegne il panico degli inizi inattesi, fa intuire la magia che ci protegge; aiuta a sorvolare l’agguato del perfezionismo, il quale rischia sempre di colpire persino gli esordi delle nostre intraprese vocazionali.
L’Amico innato libera dal personaggio, dalle armature, dall’ansia di prestazioni, dal non voler deludere opinioni e aspettative a contorno.
Riporta coi piedi a terra e costringe il nostro occhio a guardarci dentro. Smarrendo e vagando, in Lui ritroveremo il Centro.
Il nostro Alleato fa penetrare il senso dei momenti no - quelli che sembrano un cumulo di accanimenti della sorte - le brutte figure, i fallimenti, i tempi in cui (ad es. per una catena di lutti e persecuzioni) sembra che stiamo attirando le negatività come una calamita.
Nelle situazioni critiche veniamo guidati a staccarci dall’esteriore che finisce per inaridirci e perdere di vista il nostro stesso Nucleo, lo Spirito celato.
Quando la realtà attorno diventa precaria, il nocciolo interiore è come costretto a ritrovare la giusta distanza dalle cose di fuori.
Se la realtà costringe a spazzar via tutto, siamo messi in condizione di dover cercare e spalancare nuovi varchi: si affacceranno idee, energie e iniziative impreviste.
Talora sarà il caos stesso a risolvere i veri problemi, generati proprio dallo stile di vita assuefatto (o dal punto di vista) più che dalla realtà.
La confusione si affaccia forse troppo spesso - ma affinché possiamo finalmente interrogarci sui nostri reali interessi, su ciò cui non stiamo dando spazio. Ad es.: quale aspetto, inclinazione, filoni di attività, relazioni, corrisponderebbero profondamente, e farebbero stare bene tutti.
Così invece di vivere distratti e come portati da dinamiche che non ci appartengono, apprenderemmo a vivere intensamente nell’adesso. Impareremmoi ad accogliere e leggere ciò che la marea della vita reca in termini di novità, ogni giorno e di volta in volta.
Allentando i controlli, i giudizi, le smanie di progetto, il dirigismo e volontarismo, lasceremmo che sia il Dono a farsi Deposito, il fatto reale a suggerire il percorso, e prendere la guida delle esperienze.
Cedendo, passo dopo passo impareremmo a lasciarci inondare: e sarà quel che invade a farci rifiorire, attraverso processi che elaborano l’impensabile.
Se puta caso avessimo messo in sordina le passioni per non sembrare deboli, o fatto scelte artificiose per privilegiare il consenso attorno - e l’autocontrollo... Se non avessimo ancora imparato a essere diretti, il Paraclito aiuterà a far venire allo scoperto la parte libera, quella in cui si annida la nostra missione - invece che la carriera (anche ecclesiastica) da vetrina.
Più saremo umani nell’armonia dell’Amore ricevuto che si trasforma in amicizia comunicata a se stessi e agli altri, più consentiremmo all’Oro divino di affiorare in noi e nelle sintonie che ci riportano alla casa ch’è davvero nostra.
Vivendo con meno interventismo le emozioni, lavoreremmo con passione, esprimendoci nella nostra vocazione e non come altri si attendono; forse faremmo le cose in modo del tutto contrario alle aspettative e propositi...
Ma rompendo la monotonia consentiremmo la convivenza tra opposte polarità, e il Cuore sarà sempre più amico del nostro destino.
In termini biblici, Spirito (Ruah) non designa un’entità ineffabile, bensì reale: esso è un alito potente, in grado di buttare all’aria tutto ciò che vuol permanere fisso e installato.
Dio è Spirito non in quanto invisibile e irraggiungibile, ma perché nella sua azione si esprime una forza travolgente, incontenibile, impetuosa. È il nostro sogno: partecipare di questo Vento dagli effetti imprevedibili.
Lo Spirito si muove e dà la spinta per mettere in movimento: scaturigine di vita, strumento dell’opera divina nella storia.
La Legge religiosa può anche indicare la direzione giusta, ma non dona convinzione, non fa comprendere l’assurdo dell’amore e la sua incredibile fecondità, né ci trasmette l’energia che porta a destinazione.
Per questo motivo, Gesù non è un modello, ma motivo e motore: non ha insegnato solo una strada, ma ancora ci comunica la sua spinta per centrare l’obbiettivo della vita.
Il suo Spirito donato è chiamato Paraclito (“chiamato accanto”, con termine mediato dal linguaggio forense): una sorta di avvocato che in tribunale si affiancava all’imputato in difficoltà, per scagionarlo - in perfetto silenzio.
È lo Spirito del Cristo che riduce all’impotenza il male e rende vane le accuse contro. Di fronte alle difficoltà possiamo procedere senza lasciarci cadere le braccia.
Lo Spirito del Signore è anche a servizio della Verità (teologica): la Fedeltà dell’Amore divino.
In breve: mentre la Chiesa porge risposte nuove a domande nuove, è lo Spirito della Verità a garantire che il Vangelo non venga corrotto, anzi introduca i discepoli nella pienezza della vita e nell’inattesa ricchezza e radicalità del suo stesso Richiamo.
Non diremo mai nulla di nuovo, e neppure il contrario: mantenendoci aperti ai suoi impulsi, coglieremo fino in fondo il Mistero che avvolge il senso della nostra vita in Cristo.
Dimora e reciprocità, interpretazione e radice
Generatrici dal basso
(Gv 14,21-26)
L’amore del Padre ci unisce a Cristo attraverso una chiamata che si manifesta onda su onda. E su tale sentiero il Figlio stesso si rivela, anche grazie alla vita di comunità autentica.
Il passo di Vangelo riflette la catechesi a domande e risposte tipica delle comunità giovannee dell’Asia Minore, impegnate a interrogarsi: stavolta il tema dell’incomprensione è introdotta da Giuda, non l’Iscariota.
Anche i giudei avevano atteso un’uscita pubblica eloquente, per credere alla condizione divina di Gesù di Nazaret. Forse una manifestazione così dimessa non poteva che generare scetticismo.
Come mai in Lui si resta nella sfera del nascondimento, e i suoi stessi intimi non si scatenano nelle reazioni? Non sarebbe opportuno un colpo di scena aperto e sensazionale?
E perché vivere dal di dentro le difficoltà? Poi, come mai le relazioni considerate “importanti” erano valutate con avversione crescente, estranee, irritanti?
Ebbene, il messianismo vulnerabile del Cristo - in apparenza difensivo, evitante - non è del genere che dissipa i dubbi.
Egli permaneva spoglio. Così non ha smarrito la propria naturalità; quasi avesse percepito il pericolo delle aberrazioni altisonanti, tutte esterne.
Il Messia autentico proteggeva la sua identità, il suo carattere umano, spirituale, missionario. In tal guisa ha evitato tutti i titoli gloriosi eccessivi previsti nella cultura teologica nell’antico Israele.
La vita di Fede in noi continua anch’essa invisibile: non circondata di miracoli esteriori e sensazioni forti… piuttosto, innervata di convincimenti (riconosciuti in se stessi).
Nel tempo della nuova relazione con Dio e i fratelli, l’antico concetto di Unto del Signore che osserva e impone a tutte le nazioni la Legge del popolo eletto (con forza) non ha alcun rilievo.
In qualsiasi condizione e latitudine, Dio è sempre presente e operante, a partire dal nucleo, per farci ritrovare il respiro dell’essere.
Il Padre, il Figlio e i credenti formano nella mutua conoscenza un circolo di amore, reciprocità e ubbidienza a maglie larghe, mediante risposte libere non stereotipe né paralizzanti.
Non parcellizzate su dettagli e casistiche, bensì centrate su opzioni fondamentali.
«I miei comandamenti» [v.21: genitivo soggettivo] è un’espressione teologica che designa la stessa Persona del Risorto in atto.
“Persona” dispiegata nella storia degli uomini grazie al suo Corpo mistico: il variegato Popolo di Dio, la cui poliedricità è valore aggiunto (non limite o contaminazione della purezza).
Beninteso, l’Amore è l’unica realtà che non si può “comandare”.
Ma Gesù lo designa e propugna tale per sottolineare il distacco dal Patto del Sinai, che riassume - ma sostituisce.
La forma plurale «comandamenti» riconosce il ventaglio delle svariate forme di scambievolezza e personalizzazione dell’amore.
Nessun orientamento, dottrina o codice potrà mai superarlo, o viceversa renderlo paludoso.
Nei Vangeli si parla di amore non in termini di sentimento [di emozione soggetta a flessioni, o che si regola sulla base delle perfezioni dell’amato] ma come azione reale, gesto che fa sentire l’altro libero e adeguato.
Il Popolo di Dio riflette Cristo nella misura in cui sviluppa il proprio destino vivendo totalmente di dono, risposta, scambio e sovrabbondare nella Gratuità.
Tutto ciò in modo vieppiù inedito per ciascuna persona, per ogni situazione micro o macro-relazionale; età della vita, caratteristiche, tipologia di difetti, o paradigma culturale vigente.
Insomma, il Signore non gradisce che c’innalziamo staccandoci dalla terra e dai fratelli: l’onore dovuto al Padre è quello che porgiamo ai suoi figli.
Quindi non c’è bisogno di sollevarsi per vie di osservanza ascetica [“salire” come al piano superiore: l’ascensore è solo discendente].
È Lui che si rivela, proponendosi a noi: questa la sua letizia.
Viene giù dal “cielo”.
Si manifesta in noi stessi e dentro le pieghe della storia, palesando il desiderio di fondersi con la nostra vita (v.21) per accrescerla, completarla e potenziarne le capacità (in termini qualitativi).
Gli Apostoli, condizionati dalla mentalità religiosa convenzionale - tutta passerelle - s’interrogano circa l’atteggiamento di Gesù, modesto e poco incline allo spettacolo (v.22).
Non accettano un Messia che non s’imponga all’attenzione di tutti, non stupisca il mondo, non urli proclami da forsennato.
Il Maestro preferisce che nella sua Parola riconosciamo una corrispondenza attiva con il desiderio di vita integrale che ci portiamo dentro (vv.23-24).
Tale Logos-evento va assunto nell’essere, quale Richiamo distinto dai luoghi comuni del pensiero diffuso, conformista, altrui.
In detto Appello si annida infatti una simpatia, un’intesa, una freccia, una vigoria efficiente e creatrice, che si rende Fuoco e solidità di Presenza personale, a partire dall’interno - al contempo fievole e squillante.
Nella cultura forense antica, «Paraclito» (v.26) era detto il personaggio eminente dell’assemblea - oggi diremmo una sorta di avvocato - che senza nulla dire si poneva accanto per giustificare l’imputato.
[Quest’ultimo poteva essere colpevole, ma meritevole di perdono; però aveva bisogno di una sorta di pubblico garante che ne garantisse la sorte. Ovvero poteva essere innocente, ma impossibilitato o incapace di trovare testimoni a suo favore che lo scagionassero…]
Tale attributo dello Spirito allude a un’intensità, intimo fondamento e reciprocità di Relazione silenziosa che si fa Persona, e sa dove andare; che conduce il cuore, il carattere, la vita stessa, non alla gogna, bensì alla piena fioritura di noi stessi.
Grazie al Suo sostegno non c’incantiamo di ruoli altisonanti, parole forti; formule, impressioni, sentimenti tumultuosi: entriamo nella profondità esigente, compiuta, dell’Amore.
Allarghiamo il campo. Accogliamo una immagine guida diversa, che incalza e coglie di sorpresa, ma sottilmente; non rinfaccia, né ci sgrida.
Esperienza che avviene senza terremoti, tuoni e folgori - parziali - ma attraverso l’azione dello Spirito che interiorizza, accompagna, nutre, rende aggiornata e viva l’interpretazione della Parola (v.26).
Il Messaggio dei Vangeli ha una radice generatrice che non può ridursi a un’esperienza unilaterale e ingombrante, tutta codificata e moralista ma vuota come nelle situazioni settarie, sempre in lotta con se stesse e il mondo.
Avventurandosi nel proprio Esodo, ciascuno scopre risorse celate e un amplificarsi di prospettive che dilatano e completano l’essere, allargando l’esperienza del carattere vocazionale che gli corrisponde.
Tra vita in cammino e Parola di Dio - regola d’oro che regala autostima - si accende una comprensione impredicibile, versatile, eclettica, non a senso unico, la quale travalica le concatenazioni identitarie.
Nella sua portata, il Richiamo rimane identico, ma nel tempo espande la consapevolezza delle sue sfaccettature - appunto, integrandole.
Espressività ricche e non già ratificate, Creatore e creatura non si esternano autenticamente in modo fisso, sancito, e in riferimento a un codice dottrina-disciplina, ma nella libertà eccedente della vita.
Anche oggi, al soverchiare dei nuovi bisogni e quesiti, si affaccia un sovrabbondare appropriato di nuove risposte - finalmente anche da parte del Magistero.
Plausibili nell’avventura di Fede, ma che farebbero impazzire ogni religione.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Riconosci l’Opera dello Spirito o la rifiuti come una seccatura? Cosa ti colpisce del nuovo Magistero?
Ritrovi questa impostazione nell’Annuncio, nella Catechesi, nell’Animazione, nella Pastorale e nel tuo stesso Cammino?