Mag 10, 2025 Scritto da 

Dimora e reciprocità, interpretazione e radice

Generatrici dal basso

(Gv 14,21-26)

 

L’amore del Padre ci unisce a Cristo attraverso una chiamata che si manifesta onda su onda. E su tale sentiero il Figlio stesso si rivela, anche grazie alla vita di comunità genuina.

Il passo di Vangelo riflette la catechesi a domande e risposte tipica delle comunità giovannee dell’Asia Minore, impegnate a interrogarsi: stavolta il tema dell’incomprensione è introdotta da Giuda, non l’Iscariota.

Anche i giudei avevano atteso un’uscita pubblica eloquente, per credere alla condizione divina di Gesù di Nazaret. Forse una manifestazione così dimessa non poteva che generare scetticismo.

Come mai in Lui si resta nella sfera del nascondimento, e i suoi stessi intimi non si scatenano nelle reazioni? Non sarebbe opportuno un colpo di scena aperto e sensazionale?

E perché vivere dal di dentro le difficoltà? Poi, come mai le relazioni considerate “importanti” erano valutate con avversione crescente, estranee, irritanti?

Ebbene, il messianismo vulnerabile del Cristo - in apparenza difensivo, evitante - non è del genere che dissipa i dubbi.

Egli permaneva spoglio. Così non ha smarrito la propria naturalità; quasi avesse percepito il pericolo delle aberrazioni altisonanti, tutte esterne.

Il Messia autentico proteggeva la sua identità, il suo carattere umano, spirituale, missionario. In tal guisa ha evitato tutti i titoli gloriosi eccessivi previsti nella cultura teologica nell’antico Israele.

 

La vita di Fede in noi continua anch’essa invisibile: non circondata di miracoli esteriori e sensazioni forti; piuttosto, innervata di convincimenti (riconosciuti in se stessi).

Nel tempo della nuova relazione con Dio e i fratelli, l’antico concetto di Unto del Signore che osserva e impone a tutte le nazioni la Legge del popolo eletto (con forza) non ha alcun rilievo.

In qualsiasi condizione e latitudine, Dio è sempre presente e operante, a partire dal nucleo, per farci ritrovare il respiro dell’essere.

Il Padre, il Figlio, e i credenti, formano nella mutua conoscenza un circolo di amore, reciprocità e ubbidienza a maglie larghe, mediante risposte libere non stereotipe né paralizzanti.

Non parcellizzate su dettagli e casistiche, bensì centrate su opzioni fondamentali.

 

«I miei comandamenti» [v.21: genitivo soggettivo] è un’espressione teologica che designa la stessa Persona del Risorto in atto.

‘Persona’ dispiegata nella storia degli uomini grazie al suo Corpo mistico: il variegato Popolo di Dio, la cui poliedricità è valore aggiunto - non limite o contaminazione della purezza.

Beninteso, l’Amore è l’unica realtà che non si può “comandare”.

Ma Gesù lo designa e propugna tale per sottolineare il distacco dal Patto del Sinai, che riassume eppur sostituisce.

La forma plurale «comandamenti» riconosce il ventaglio delle svariate forme di scambievolezza e personalizzazione dell’amore.

Nessun orientamento, dottrina, codice, potrà mai superarlo, o viceversa renderlo paludoso.

 

Nei Vangeli si parla di amore non in termini di sentimento [di emozione soggetta a flessioni, o che si regola sulla base delle perfezioni dell’amato] ma come azione reale, gesto che fa sentire l’altro libero e adeguato.

Il Popolo di Dio riflette Cristo nella misura in cui sviluppa il proprio destino vivendo totalmente di dono, risposta, scambio, e sovrabbondare nella Gratuità.

Tutto ciò in modo vieppiù inedito per ciascuna persona, per ogni situazione micro e macro-relazionale, età della vita, caratteristiche, tipologia di difetti, o paradigma culturale vigente.

Insomma, il Signore non gradisce che c’innalziamo staccandoci dalla terra e dai fratelli: l’onore dovuto al Padre è quello che porgiamo ai suoi figli.

Quindi non c’è bisogno di sollevarsi per vie di osservanza ascetica [“salire” come al piano superiore: l’ascensore è solo discendente].

 

È Lui che si rivela, proponendosi a noi: questa la sua letizia.

Viene giù dal “cielo”.

Si manifesta in noi stessi e dentro le pieghe della storia, palesando il desiderio di fondersi con la nostra vita (v.21) per accrescerla, completarla, e potenziarne le capacità [in termini qualitativi].

Gli Apostoli, condizionati dalla mentalità religiosa convenzionale - tutta passerelle - s’interrogano circa l’atteggiamento di Gesù, modesto e poco incline allo spettacolo (v.22).

Non accettano un Messia che non s’imponga all’attenzione di tutti, non stupisca il mondo, non urli proclami da forsennato.

Il Maestro preferisce che nella sua Parola riconosciamo una corrispondenza attiva con il desiderio di vita integrale che portiamo dentro (vv.23-24).

Tale Logos-evento va assunto nell’essere, quale Richiamo distinto dai luoghi comuni del pensiero diffuso, conformista, altrui.

In detto Appello si annida infatti una simpatia, un’intesa, una freccia, una vigoria efficiente e creatrice, che si rende Fuoco e solidità di Presenza personale, a partire dall’interno - al contempo fievole e squillante.

 

Nella cultura forense antica, «Paraclito» (v.26) era detto il personaggio eminente dell’assemblea - oggi diremmo una sorta di avvocato - che senza nulla dire si poneva accanto per giustificare l’imputato.

[Quest’ultimo poteva essere colpevole, ma meritevole di perdono; però aveva bisogno di una sorta di pubblico garante che ne garantisse la sorte. Ovvero poteva essere innocente, ma impossibilitato o incapace di trovare testimoni a suo favore che lo scagionassero…]

Tale attributo dello Spirito allude a un’intensità, intimo fondamento e reciprocità di Relazione silenziosa che si fa Persona, e sa dove andare.

Compagno che approva; che conduce il cuore, il carattere, la vita stessa, non alla gogna, bensì alla piena fioritura di noi stessi.

Grazie al Suo sostegno non c’incantiamo di ruoli altisonanti, parole forti; formule, impressioni, sentimenti tumultuosi: entriamo nella profondità esigente, compiuta, dell’Amore.

Allarghiamo il campo. Accogliamo una immagine guida diversa, che incalza e coglie di sorpresa, ma sottilmente. Essa non rinfaccia, né ci sgrida.

Esperienza che avviene senza terremoti, tuoni e folgori - parziali - ma attraverso l’azione dello Spirito che interiorizza, accompagna, nutre, rende aggiornata e viva l’interpretazione della Parola (v.26).

Il Messaggio dei Vangeli ha una radice generatrice che non può ridursi a un’esperienza unilaterale e ingombrante; tutta codificata e moralista ma vuota come nelle situazioni settarie, sempre in lotta con se stesse e il mondo. 

Avventurandosi nel proprio Esodo, ciascuno scopre risorse celate e un amplificarsi di prospettive che dilatano e completano l’essere, allargando l’esperienza del carattere vocazionale che gli corrisponde.

Tra vita in cammino e Parola di Dio - regola d’oro che infonde autostima - si accende una comprensione impredicibile, versatile, eclettica, non a senso unico, la quale travalica le concatenazioni identitarie.

Nella sua portata, il Richiamo rimane identico, ma nel tempo espande la consapevolezza delle sue sfaccettature - appunto, integrandole.

Espressività ricche e non già ratificate, Creatore e creatura non si esternano autenticamente in modo fisso, sancito, e in riferimento a un codice dottrina-disciplina, ma nella libertà eccedente della vita.

Anche oggi, al soverchiare dei nuovi bisogni e quesiti, si affaccia un sovrabbondare appropriato di nuove risposte - finalmente anche da parte del Magistero.

Plausibili nell’avventura di Fede, ma che farebbero impazzire ogni religione esterna.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Riconosci l’Opera dello Spirito o la rifiuti come una seccatura? Cosa ti colpisce del nuovo Magistero?

Ritrovi questa impostazione nell’Annuncio, nella Catechesi, nell’Animazione, nella Pastorale e nel tuo stesso Cammino?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Spirit, defined as "another Paraclete" (Jn 14: 16), a Greek word that is equivalent to the Latin "ad-vocatus", an advocate-defender. The first Paraclete is in fact the Incarnate Son who came to defend man (Pope Benedict)
Spirito, definito "un altro Paraclito" (Gv 14,16), termine greco che equivale al latino "ad-vocatus", avvocato difensore. Il primo Paraclito infatti è il Figlio incarnato, venuto per difendere l’uomo (Papa Benedetto)
The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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