Mag 31, 2024 Scritto da 

Corpus Domini. Magistero dei Papi

PAOLO VI

OMELIA DI PAPA PAOLO VI  

Solennità del Corpus Domini, 17 giugno 1965 

  

Venerati Fratelli e Fedeli,  

che avete partecipato a questo Rito solenne; e voi, cittadini e figli Nostri, che abitate in questo nuovissimo quartiere di Roma! 

Voi avete certamente notato che per la prima volta la festa romana del Corpus Domini  svolge in questa parte marginale della Città la sua tradizionale pubblica processione; e avrete forse indovinato che la scelta del quartiere voleva indicare una qualche particolare intenzione. Quale intenzione? Un'intenzione molteplice! 

Quella dapprima di mettere in evidenza, di mettere in onore, fra queste belle case e fra questi monumentali edifici la presenza silenziosa, misteriosa e amorosa del Signore: Habitavit in nobis, abitò fra noi, dice il Vangelo (Io. 1, 14). Questa permanenza, questa coesistenza dura tuttora, moltiplicata nel prodigio sacramentale su quanti altari si celebra il santo sacrificio della Messa, in quanti tabernacoli è conservata l'Eucaristia. Anche qui Egli ha la sua dimora, inquilino, cittadino, come quanti qui hanno la loro abitazione; vostro compagno, vostro collega, vostro ospite, vostro amico, che condivide la vostra vita, tacitamente, nascostamente; ma di null'altro interessato, che della vostra vita spirituale; di null'altro desideroso, che della vostra conversazione, della vostra comunione con Lui. Perché non si dica, ancora come nel Vangelo: "In mezzo a voi sta Uno che non conoscete" (Io. 1, 26), questo culto solenne è qui celebrato. Abitanti di questo quartiere! Riconoscete Cristo vivo e presente in mezzo a voi; e pensate come la vita quotidiana, profana, possa essere come magnetizzata, illuminata, confortata, santificata per coloro che con semplicità di fede sanno captare le mistiche irradiazioni del divino Fratello. 

Così questa intenzione di disvelare e di onorare la presenza del Pellegrino celeste, che anche qui fa una sua umana e temporale stazione, si integra con un'altra, che voi vorrete gradire; quella di meglio associare spiritualmente questa nuova e magnifica porzione periferica della nuova Roma all'Urbe antica e gloriosa, non solo con i vincoli anagrafici, tecnici e amministrativi dell'urbanistica moderna, ma con quelli altresì della vita religiosa, normale e pontificale, propria del centro della cattolicità. Romani siete, cittadini dell'EUR; ma quali Romani sareste, se non fosse pienamente estesa a questo splendido quartiere la splendida spiritualità della fede cattolica romana? 

Ed ecco che l'intenzione promotrice di questa manifestazione religiosa vi dimostra un altro Nostro scopo; il compimento d'un Nostro urgente dovere: quello di offrire a voi una prova tangibile che il Papa di Roma è non meno per voi il vostro Vescovo, di quanto lo sia per ogni altro rione parrocchiale della Città e della Diocesi romana, che vede in Lui - come voi, a vostro conforto e a vostro vanto, vorrete vedere - il successore di San Pietro e il Vicario di Cristo. Il vostro Vescovo anche qua desidera recare il suo messaggio di fede e di carità. Unita all'intenzione cultuale e liturgica, perciò, di tributare a Cristo un atto di omaggio sovrano, la Nostra intenzione si fa pastorale; a voi si rivolge, per concedere a Noi stessi, la consolazione di salutarvi come figli, di convocarvi come fratelli, di benedirvi come fedeli; e per dare a voi l'occasione di conoscerci personalmente, e di considerarci vostro, e al vostro bene direttamente interessato e dedicato. 

E nessun'altra migliore circostanza di questa può servire a questo scopo comunitario, perché nessun altro momento della vita religiosa è più propizio a svegliare in una popolazione il senso della sua profonda solidarietà, anzi a infondere il carisma d'una sua reale, se pur mistica, unità, che quello ,della celebrazione del Sacrificio Eucaristico. 

Ricordate sempre: l'Eucaristia è il sacramento della comunione cristiana. Vorremmo che tale fosse il ricordo speciale di questa memorabile cerimonia. È il sacramento dell'unione vitale a Cristo, che ha dato la sua vita per noi, e che appunto si è rivestito dei segni del pane e del vino per rappresentare a noi il suo sacrificio, quello del suo corpo e del suo sangue, e per rendere a noi possibile la partecipazione alla virtù redentrice del suo sacrificio medesimo, facendosi nostro spirituale e reale alimento. Unione vitale, personale perciò, intesa a nutrire la religiosità individuale più intima e più profonda; ma sociale altresì, perché intesa al tempo stesso a immettere in ogni umana esistenza, partecipe di tanto Sacramento, un principio di vita identico per tutti; a offrire a ciascuno quello stesso pane, che fa dei commensali una cosa sola, un corpo solo con Cristo (cfr. 1 Cor. 10, 17). 

Noi siamo facilmente indotti a considerare questo Sacramento, per il mistero che contiene e che lo circonda, per la riverenza che gli è dovuta e che lo mette al riparo d'ogni profano rumore e d'ogni comune contatto, quasi isolato ed estraneo all'esperienza della vita vissuta e alla circolazione dei rapporti sociali. Che al Sacramento della presenza del Signore fra noi sia dovuto ogni riguardo, ogni riverenza, e non solo esteriore (cfr. 1 Cor. 2, 30-31), sta bene; ma sarebbe incompleta la nostra informazione religiosa e sarebbe priva della sua migliore risorsa la nostra coscienza sociale, se dimenticassimo che l'Eucaristia è destinata alla nostra umana conversazione, oltre che alla nostra cristiana santificazione; è istituita perché diventiamo fratelli; è celebrata dal Sacerdote, ministro della comunità cristiana, perché da estranei, dispersi, e indifferenti gli uni agli altri, noi diventiamo uniti, eguali ed amici; è a noi data, perché da massa apatica, egoista, gente fra sé divisa e avversaria, noi diventiamo un popolo, un vero popolo, credente ed amoroso, di un cuore solo e d'un'anima sola (cfr. Act. 4, 32). Ripetiamo le sante e celebri esclamazioni: "O sacramentum pietatis! O signum unitatis! O vinculum caritatis!" (S. Aug., In Io. Tract. 26, 13; P.L. 35, 1613). Ora, fratelli e figli carissimi, tutto ciò ha una duplice grandissima importanza: quella di mostrarci come l'Eucaristia sia causa meravigliosa dell'unificazione dei credenti, con Gesù Cristo e fra di loro; lo afferma con la sua consueta incisiva chiarezza l'antico e grande Nostro predecessore, San Leone Magno: "Non . . . aliud agit participatio corporis et sanguinis Christi, quam ut in id quod sumimus transeamus": a non altro tende la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, che a trasformarci in ciò che assumiamo" (Sermo 63, 7; P.L. 54, 357). La vera e completa unità dei fedeli componenti la Chiesa è il risultato della loro partecipazione all'Eucaristia. E in secondo luogo questa comunione di fede, di carità, di vita soprannaturale, derivante dal Sacramento che la significa e la produce, può avere un enorme e incomparabilmente benefico riflesso sulla socialità temporale degli uomini. Voi sapete come questo fondamentale problema della socialità umana primeggi fra tutti nel nostro tempo, e domini tutti gli altri con le ideologie, le politiche, le culture, le organizzazioni, con cui gli uomini del nostro tempo lavorano, faticano, sognano e soffrono, per creare la città terrestre, la società nuova e ideale; e sappiamo tutti come in questo molteplice sforzo gli uomini, impegnati nella immane costruzione, spesso riescano, sì, a fare progressi notevoli e degni d'ammirazione e di sostegno, ma trovino in se stessi ad ogni passo ostacoli e contrarietà che diventano divisioni, lotte e guerre, proprio perché mancano di un unico e trascendente principio unificatore dell'umana compagine, e mancano di sufficiente energia morale per dare ad essa la coesione altrettanto libera e cosciente, quanto solida e felice, quale a veri uomini si conviene. 

La città terrestre manca di quel supplemento di fede e di amore, che in sé e da sé non può trovare; e che la Città religiosa in essa esistente, la Chiesa, può, senza in nulla offendere la autonomia della Città terrestre, anzi la sua giusta laicità, può, per tacita osmosi di esempio e di virtù spirituale, in non scarsa misura, conferirle. 

E sia questo il Nostro voto al termine di questo solenne rito in onore del Sacramento capace di rendere fratelli gli uomini. Voi, cittadini di questo moderno quartiere, avete qui un illustre tipo di città nuova e ideale: non lasciatele mancare l'animazione interiore, che la può rendere veramente unanime, buona e felice; quella che le deriva dalla sorgente della fede cattolica, vissuta nella celebrazione comunitaria della liturgia eucaristica. Non mancate mai a tale festivo convegno, che spiritualmente unifica e sublima la popolazione cittadina, ancor oggi priva di sufficiente interiore cemento coesivo e di perfetto concerto comunitario, tonificante e consolatore; diventate famiglia d'intorno all'altare di Cristo, diventate Popolo di Dio! 

E lasceremo questo voto a chi presiede e provvede alla vita religiosa del quartiere, affinché sappia, con spirito di pastorale bontà e di sacerdotale sacrificio, compiere degnamente il ministero che gli è affidato. 

Lo lasceremo alle Autorità civili della Città, che sappiamo tanto valenti e tanto dedite allo sviluppo e allo splendore di questo quartiere. 

Lo lasceremo ai Cavalieri del Lavoro, grandi operatori del moderno progresso, e pensosi studiosi degli sviluppi sociali, reclamati dalle non ancora perfette condizioni delle classi lavoratrici nel nostro Paese. A questi benemeriti e tipici artefici del benessere civile ed economico, i quali Ci hanno accolto per l'ottimo coronamento di questa cerimonia, vada, con il ringraziamento per tanta loro cortesia, il Nostro augurio di sempre nuove, civili e spirituali ascensioni. Ma a voi specialmente, fedeli della Nostra Roma, e a voi cittadini dell'EUR, lasceremo il Nostro voto, che ora con la Benedizione Eucaristica di tutto cuore intendiamo convalidare. 

OMELIA DI PAPA PAOLO VI  

Solennità del Corpus Domini, 17 giugno 1965 

 

 

GIOVANNI PAOLO II

Ecclesia de Eucharistia vivit

1. “Ecclesia de Eucharistia vivit - La Chiesa vive dell'Eucaristia”. Con queste parole inizia la Lettera enciclica sull'Eucaristia, che ho firmato lo scorso Giovedì Santo, durante la Messa in Cena Domini.  L'odierna solennità del “Corpus Domini richiama quella suggestiva celebrazione, facendoci rivivere, al tempo stesso, l'intensa atmosfera dell'Ultima Cena.

Prendete, questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue” (Mc 14,22-24). Riascoltiamo le parole di Gesù, mentre offre ai discepoli il pane divenuto suo Corpo, e il vino divenuto suo Sangue. Egli inaugura così il nuovo rito pasquale: l'Eucaristia è il sacramento della nuova ed eterna Alleanza.

Con quei gesti e quelle parole, Cristo porta a compimento la lunga pedagogia dei riti antichi, rievocata poc'anzi dalla prima Lettura (cfr Es 24,3-8).

2. La Chiesa ritorna costantemente al Cenacolo come al luogo della sua nascita. Vi torna perché il dono eucaristico stabilisce una misteriosa “contemporaneità” tra la Pasqua del Signore e il divenire del mondo e delle generazioni (cfr Ecclesia de Eucharistia, 5).

Anche questa sera, con profonda gratitudine a Dio, sostiamo in silenzio dinanzi al mistero della fede - mysterium fidei. Lo contempliamo con quell'intimo sentimento che nell'Enciclica ho chiamato lo “stupore eucaristico” (ibid., 6). Stupore grande e grato di fronte al Sacramento in cui Cristo ha voluto “concentrare” per sempre tutto il suo mistero d’amore (cfr ibid., 5).

Contempliamo il volto eucaristico di Cristo, come hanno fatto gli Apostoli e, in seguito, i santi di tutti i secoli. Lo contempliamo soprattutto ponendoci alla scuola di Maria, “donna ‘eucaristica’ con l'intera sua vita” (ibid., 53), Ella che fu “il primo ‘tabernacolo’ della storia” (ibid., 55).

3. E' questo il significato della bella tradizione del Corpus Domini che si rinnova questa sera. Con essa anche la Chiesa che è in Roma manifesta il suo legame costitutivo con l'Eucaristia, professa con gioia di “vivere dell'Eucaristia”.

Dell'Eucaristia vivono il suo Vescovo, Successore di Pietro, e i Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio; dell'Eucaristia vivono i Religiosi e le Religiose, i laici consacrati e tutti i battezzati.

Dell'Eucaristia vivono, in particolare, le famiglie cristiane, alle quali è stato dedicato pochi giorni fa il Convegno ecclesiale diocesano. Carissime famiglie di Roma! La viva presenza eucaristica di Cristo alimenti in voi la grazia del matrimonio e vi permetta di progredire sulla via della santità coniugale e familiare. Attingete da questa sorgente il segreto della vostra unità e del vostro amore, imitando l'esempio dei beati sposi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, che iniziavano le loro giornate accostandosi al banchetto eucaristico.

4. Dopo la santa Messa ci dirigeremo pregando e cantando verso la Basilica di Santa Maria Maggiore. Con questa processione intendiamo esprimere simbolicamente il nostro essere pellegrini, “viatores”, verso la patria celeste.

Non siamo soli nel nostro pellegrinaggio: con noi cammina Cristo, pane della vita, “panis angelorum, / factus cibus viatorum - pane degli angeli, / pane dei pellegrini” (Sequenza).

Gesù, cibo spirituale che alimenta la speranza dei credenti, ci sostiene in questo itinerario verso il Cielo e rinsalda la nostra comunione con la Chiesa celeste.

La Santissima Eucaristia, squarcio di Paradiso che si apre sulla terra, penetra le nubi della nostra storia. Quale raggio di gloria della Gerusalemme celeste, essa getta luce sul nostro cammino (cfr Ecclesia de Eucharistia, 19).

5. “Ave, verum corpus natum de Maria Virgine”: Ave, vero corpo di Cristo, nato da Maria Vergine!

L'anima si effonde in stupita adorazione dinanzi a così sublime Mistero.

Vere passum, immolatum in cruce pro homine”. Dalla tua morte in Croce, o Signore, scaturisce per noi la vita che non muore.

Esto nobis praegustatum mortis in examine”. Fa’, o Signore, che ciascuno di noi, nutrito di Te, possa affrontare con fiduciosa speranza ogni prova della vita, fino al giorno in cui ci sarai viatico per l’ultimo viaggio, verso la casa del Padre.

O Iesu dulcis! O Iesu pie! O Iesu, fili Mariae! – O Gesù dolce! O Gesù pio! O Gesù, Figlio di Maria!”.

Amen.

[Papa Giovanni Paolo II, 19 giugno 2003]

 

 

 

BENEDETTO

Cosa desidera l'anima più ardentemente della verità?

1. Sacramento della carità, la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore « più grande », quello che spinge a « dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Gv 13,1). Con questa espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!

Il cibo della verità

2. Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero (cfr Gv 8,36), Cristo si fa per noi cibo di Verità. Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo esclama: « Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? ». Ogni uomo, infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita » (Gv 14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore mendicante della Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. « Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova ». Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la verità dell'amore, che è la stessa essenza di Dio. È questa verità evangelica che interessa ogni uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che trova nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna costantemente ad annunciare a tutti, opportune importune (cfr 2 Tm 4,2), che Dio è amore. Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si rivolge all'uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio.

[Sacramentum Caritatis]

 

 

FRANCESCO 

Gesù manda i suoi discepoli perché vadano a preparare il luogo dove celebrare la cena pasquale. Erano stati loro a chiedere: «Maestro, dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mc 14,12). Mentre contempliamo e adoriamo la presenza del Signore nel Pane eucaristico, siamo chiamati anche noi a domandarci: in quale “luogo” vogliamo preparare la Pasqua del Signore? Quali sono i “luoghi” della nostra vita in cui Dio ci chiede di essere ospitato? Vorrei rispondere a queste domande soffermandomi su tre immagini del Vangelo che abbiamo ascoltato (Mc 14,12-16.22-26).

La prima è quella dell’uomo che porta una brocca d’acqua (cfr v. 13). È un dettaglio che sembrerebbe superfluo. Ma quell’uomo del tutto anonimo diventa la guida per i discepoli che cercano il luogo che poi sarà chiamato il Cenacolo. E la brocca d’acqua è il segno di riconoscimento: un segno che fa pensare all’umanità assetata, sempre alla ricerca di una sorgente d’acqua che la disseti e la rigeneri. Tutti noi camminiamo nella vita con una brocca in mano: tutti noi, ognuno di noi ha sete di amore, di gioia, di una vita riuscita in un mondo più umano. E per questa sete, l’acqua delle cose mondane non serve, perché si tratta di una sete più profonda, che solo Dio può soddisfare.

Seguiamo ancora questo “segnale” simbolico. Gesù dice ai suoi che dove li condurrà un uomo con la brocca d’acqua, là si potrà celebrare la Cena della Pasqua. Per celebrare l’Eucaristia, dunque, bisogna anzitutto riconoscere la propria sete di Dio: sentirci bisognosi di Lui, desiderare la sua presenza e il suo amore, essere consapevoli che non possiamo farcela da soli ma abbiamo bisogno di un Cibo e di una Bevanda di vita eterna che ci sostengono nel cammino. Il dramma di oggi – possiamo dire – è che spesso la sete si è estinta. Si sono spente le domande su Dio, si è affievolito il desiderio di Lui, si fanno sempre più rari i cercatori di Dio. Dio non attira più perché non avvertiamo più la nostra sete profonda. Ma solo dove c’è un uomo o una donna con la brocca per l’acqua – pensiamo alla Samaritana, per esempio (cfr Gv 4,5-30) – il Signore può svelarsi come Colui che dona la vita nuova, che nutre di speranza affidabile i nostri sogni e le nostre aspirazioni, presenza d’amore che dona senso e direzione al nostro pellegrinaggio terreno. Come già notavamo, è quell’uomo con la brocca che conduce i discepoli alla stanza dove Gesù istituirà l’Eucaristia. È la sete di Dio che ci porta all’altare. Se manca la sete, le nostre celebrazioni diventano aride. Anche come Chiesa, allora, non può bastare il gruppetto dei soliti che si radunano per celebrare l’Eucaristia; dobbiamo andare in città, incontrare la gente, imparare a riconoscere e a risvegliare la sete di Dio e il desiderio del Vangelo.

La seconda immagine è quella della grande sala al piano superiore (cfr v. 15). È lì che Gesù e i suoi faranno la cena pasquale e questa sala si trova nella casa di una persona che li ospita. Diceva don Primo Mazzolari: «Ecco che un uomo senza nome, un padrone di casa, gli presta la sua camera più bella. […] Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande sacramento ci vuole tutto grande, camera e cuore, parole e gesti» (La Pasqua, La Locusta 1964, 46-48).

Una sala grande per un piccolo pezzo di Pane. Dio si fa piccolo come un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare, accogliere. La presenza di Dio è così umile, nascosta, talvolta invisibile, che ha bisogno di un cuore preparato, sveglio e accogliente per essere riconosciuta. Invece se il nostro cuore, più che a una grande sala, somiglia a un ripostiglio dove conserviamo con rimpianto le cose vecchie; se somiglia a una soffitta dove abbiamo riposto da tempo il nostro entusiasmo e i nostri sogni; se somiglia a una stanza angusta, una stanza buia perché viviamo solo di noi stessi, dei nostri problemi e delle nostre amarezze, allora sarà impossibile riconoscere questa silenziosa e umile presenza di Dio. Ci vuole una sala grande. Bisogna allargare il cuore. Occorre uscire dalla piccola stanza del nostro io ed entrare nel grande spazio dello stupore e dell’adorazione. E questo ci manca tanto! Questo ci manca in tanti movimenti che noi facciamo per incontrarci, riunirci, pensare insieme la pastorale… Ma se manca questo, se manca lo stupore e l’adorazione, non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il sinodo, niente. Questo è l’atteggiamento davanti all’Eucaristia, di questo abbiamo bisogno: adorazione. Anche la Chiesa dev’essere una sala grande. Non un circolo piccolo e chiuso, ma una Comunità con le braccia spalancate, accogliente verso tutti. Chiediamoci questo: quando si avvicina qualcuno che è ferito, che ha sbagliato, che ha un percorso di vita diverso, la Chiesa, questa Chiesa, è una sala grande per accoglierlo e condurlo alla gioia dell’incontro con Cristo? L’Eucaristia vuole nutrire chi è stanco e affamato lungo il cammino, non dimentichiamolo! La Chiesa dei perfetti e dei puri è una stanza in cui non c’è posto per nessuno; la Chiesa dalle porte aperte, che festeggia attorno a Cristo, è invece una sala grande dove tutti – tutti, giusti e peccatori – possono entrare.

Infine, la terza immagine, l’immagine di Gesù che spezza il Pane. È il gesto eucaristico per eccellenza, il gesto identitario della nostra fede, il luogo del nostro incontro con il Signore che si offre per farci rinascere a una vita nuova. Anche questo gesto è sconvolgente: fino ad allora si immolavano agnelli e si offrivano in sacrificio a Dio, ora è Gesù che si fa agnello e si immola per donarci la vita. Nell’Eucaristia contempliamo e adoriamo il Dio dell’amore. È il Signore che non spezza nessuno ma spezza Sé stesso. È il Signore che non esige sacrifici ma sacrifica Sé stesso. È il Signore che non chiede nulla ma dona tutto. Per celebrare e vivere l’Eucaristia, anche noi siamo chiamati a vivere questo amore. Perché non puoi spezzare il Pane della domenica se il tuo cuore è chiuso ai fratelli. Non puoi mangiare questo Pane se non dai il pane all’affamato. Non puoi condividere questo Pane se non condividi le sofferenze di chi è nel bisogno. Alla fine di tutto, anche delle nostre solenni liturgie eucaristiche, solo l’amore resterà. E fin da adesso le nostre Eucaristie trasformano il mondo nella misura in cui noi ci lasciamo trasformare e diventiamo pane spezzato per gli altri.

Fratelli e sorelle, dove “preparare la cena del Signore” anche oggi? La processione con il Santissimo Sacramento – caratteristica della festa del Corpus Domini, ma che per il momento non possiamo ancora fare – ci ricorda che siamo chiamati a uscire portando Gesù. Uscire con entusiasmo portando Cristo a coloro che incontriamo nella vita di ogni giorno. Diventiamo una Chiesa con la brocca in mano, che risveglia la sete e porta l’acqua. Spalanchiamo il cuore nell’amore, per essere noi la sala spaziosa e ospitale dove tutti possano entrare a incontrare il Signore. Spezziamo la nostra vita nella compassione e nella solidarietà, perché il mondo veda attraverso di noi la grandezza dell’amore di Dio. E allora il Signore verrà, ci sorprenderà ancora, si farà ancora cibo per la vita del mondo. E ci sazierà per sempre, fino al giorno in cui, nel banchetto del Cielo, contempleremo il suo volto e gioiremo senza fine.

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica di San Pietro
Domenica, 6 giugno 2021

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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