(Is 11,1-10; Mt 3,1-12)
Il Figlio di Dio che Viene «non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire» (Is. 11,3).
Così la Chiesa che lo testimonia.
Ma come si fa nella società dell’esterno, a non lasciarsi condizionare da opinioni dominanti?
Come può una realtà avvizzita rifiorire e mostrarsi splendida, manifestando la condizione divina?
Non certo facendo lo sforzo di restare giovane e imbellettata.
Non cercando di riprodurre il mondo che si trova attorno.
Bensì tentando il principio di un rinnovamento che può essere introdotto solo a partire dalla Scaturigine del Senso di sé e del cosmo - poi sfocerà anche fuori, e avverrà costantemente.
Non... subito col fard, labbra a canotto, zigomi gonfiati, livellamento di solchi; né con una velleitaria “conversione a U”.
Non uno sfibrante regresso alla religione esterna del Tempio; piuttosto, stabilendosi dentro, in quella Forza del Logos nel cuore.
In tal guisa, nei Vangeli il termine greco «metanoia» non indica un ritorno al Dio del culto normalizzato; piuttosto, cambiamento di mentalità.
La vita di Fede è appunto segnata dal rovesciamento della gerarchia dei valori, che si riflette nelle scelte reali.
Conversione neotestamentaria è un riappropriarsi di sé, ma non come nelle devozioni, bensì con un colpo di mano.
Un balzo in avanti il quale rende fecondo, verde e felice il recupero di tutta la Chiesa che attinge alla propria Fonte.
Una riconquista del medesimo Nucleo che trascina l’intera realtà.
Dio nell’anima non solo migliora, ma rimonta in Pienezza vitale.
Il Signore non riconfeziona i contenuti, truccandoli con aggiornamenti d’apparenza; interviene creando.
Agisce rifondando, e cesella il nostro vero Cammino.
Anzitutto sorvola le cricche consolidate dei grandi del mondo e del sacro.
Sarebbe inutile insistere su ambienti e personaggi costituzionalmente refrattari alla novità dello Spirito.
Era già allora dannoso continuare a farsi utilizzare come paravento da una casta che dopo l’Esodo aveva sequestrato e preso in ostaggio Dio e le sue cose, accontentandosi di campare di rendite.
Così, la Parola-evento va a posarsi su un visionario del presente e del futuro.
A meno di vent’anni, Giovanni avrebbe dovuto presentarsi ai professionisti del rito e della Legge per essere esaminato secondo le norme puriste della Torah, onde poi officiare i culti al Tempio di Gerusalemme.
Ma pur essendo di stirpe sacerdotale, rifiuta quell’ambiente formale, insensibile e corrotto - che ben conosceva.
Insomma, la scelta e la figura del Battista è un Richiamo per noi: alla Chiesa autentica non basta stirare le rughe.
Botulino e creme non graffiano la realtà, ma disturbano l’Essenza.
La nostra Sorgente primordiale ripropone occasioni e persino incertezze, per farci concretizzare al meglio le nostre capacità.
Fa crudi richiami, palesando situazioni variegate; eventi anche imbarazzanti, insieme a pulsioni ideali.
Strada facendo, troveremo il modo di attivare l’energia primigenia del nostro lato eterno, imparando a riconoscere le novità d’Altrove che vogliono farsi spazio nelle pieghe della storia e in noi.
Così ogni giorno il comportamento può cambiare: posso ad es. immaginare una iniziativa da svolgere ed è come se tornassi a quel Fuoco che non si estingue dentro - per accogliere un vigore rinnovato, uno sguardo più ampio e un altro magico respiro.
Il Battista si sentiva giovane e vivo proprio perché non aveva voluto assomigliare, abbinarsi a tutti i costi, essere individuabile, ripetere opinioni - né si è limitato a un risanamento della situazione.
Comprende che il perdono dei peccati si ottiene semplicemente cambiando vita [vv.6ss]; non adempiendo una liturgia al Tempio!
Non ha voluto spegnersi, purificando l’istituzione - perché ha desiderato vedere la portata della realtà oltre il recinto sacro.
Ha voluto fissare lo sguardo non sui grandi segni, ma sulle proprie (e altrui) attitudini.
Anche per noi il “destino” che ci appartiene si annida in quell’impeto quotidiano a voler fare qualcosa di creativo e personale, inedito e attinto solo dal Nucleo delle nostre onde, dei flutti, dei molti volti.
L’Avvento [Venuta] ci ripropone quel Richiamo delle Radici che aprono la strada, spalancano il casello dei pedaggi - affinché realizziamo qualcosa di non abituale, ma che ci appartiene.
Modificare l’assetto delle cose ordinate guarisce ciascuno di noi con quella differente giovinezza che viene dallo squilibrio delle apparenze e dei giudizi conformisti.
Un brio che non procede dallo standard di commemorazioni.
Trasparenza derivante dall’operare una breccia sugli schemi tranquilli. Essi che non spalancano l’avventura d’un nuovo sentiero - quello in grado di farci «nascere» non già stagionati, e innamorare.
Altro che aggiustamenti estemporanei e sporadici, secondo moda e condizioni esterne locali!
Dobbiamo imparare a riconoscere e attivare quel nostro aspetto sorgivo che vive nel Patto di Dio.
Un Arcobaleno che niente e nessuno riuscirà più ad asfaltare.
Esso svetta sui nostri disturbi e sui disturbatori. E corre, porgendo nuovi percorsi che c’irrobustiscono - fanno divenire capaci di pensiero, d’immaginare e vivere in tale Eros fondante.
Nel rifrangersi delle esplorazioni, la nostra terra melmosa si lega al Cielo; all’inizio anche episodicamente o confusamente, ma in modo spontaneo e subito colorato.
Il Cammino di affidamento ai variegati zampilli dell’Essere - al Se stesso ancora celato - sarà la paradossale piattaforma che trasmigra la nostra «carne» [cf. parallelo Lc 3,6; testo greco] ossia la nostra vulnerabilità di creature come foglie al vento o incrinate e squarciate, in vicenda di vita salvata.
Saremo «virgulti che germogliano» non accasciati, anzi che «si levano a vessillo per le moltitudini» perché rapiti e collocati su tale Raggio d’inconsueta «conoscenza del Signore che riempirà la terra».
Quasi senza saperlo, non più sottratti o assorbiti dall’influsso esterno. Per un Veniente che fa vivere ancora l’Io nascosto senza camicie di forza, bensì nel mutamento di alterne vicende.
Un Sacro non arroccato come quello che ancora blocca la pastorale dirigista - ma che ci desta, non per un aggiustamento all’indietro e prosecuzione a tutti i costi.
L’Eterno prorompe inopinatamente.
E ci riattiva come in Giovanni, fuori dei recinti stabiliti, anche grazie al caos degli schemi.







