Set 21, 2025 Scritto da 

Scetticismo, Fede, carattere

Dall’antico sogno alla relazione incarnata

(Gv 1,47-51)

 

La liturgia odierna propone il primo incontro col Signore di Natanaele, che alcune tradizioni identificano nell’apostolo Bartolomeo.

Lo scopo della Chiamata è seguire Gesù; vediamone la concatenazione di eventi. Anzitutto: le persone si convincono con l’incontro, il vedere e sperimentare, non imponendo.

Però il progetto dell’Eterno ci spiazza. Testimonianza e condivisione conducono a Cristo, ma non bastano - perché il suo disegno non è come la gente immagina o si propone, come attende e desidera che sia.

All’Annuncio entusiasta di Filippo [nome di origine greca], Natanaele [dall’ebraico Netan’El: «Dio ha dato»] risponde con uno scetticismo preconcetto che ci rappresenta: cosa può uscire di buono dalle periferie più insignificanti (v.46)?

Come mai la soluzione alle nostre aspettative non viene dai palazzi del potere, dall’eccezionale magnificenza della Città Santa, o dal prestigio dottrinale appurato e selettivo del territorio osservante (Giudea)?

Nazaret era un villaggio trascurabile di teste calde e Galilei trogloditi; Gesù un falegname-carpentiere, quindi non aveva neppure una terra.

L’attesa del Messia era ancorata a ben altre manifestazioni di prestigio, ricchezza, fasto e potenza (sostitutive dell’esperienza autentica di relazione e pienezza di essere).

L’incontro personale con Gesù e l’ascolto della sua Parola vincono ogni ostacolo, sino a una esplicita e convinta professione di Fede.

E come Natanaele, chi consacra la vita allo studio delle Scritture trova in esse Cristo (vv.45.48-49).

 

In un primo tempo forse ci siamo accostati anche noi al Figlio di Dio immaginando che avesse gli attributi di Re d’un popolo eletto (v.49).

Poi la consuetudine con la Persona e l’esperienza vitale [«Vieni a vedere»: senso dell’espressione semitica base del v.46] ci ha mostrato una Relazione col Cielo assai più ampia (vv.50-51).

Nel percorrere la Via che il Messia inatteso propone, si coglie la convergenza del movimento di Dio verso gli uomini e il nostro anelito a Lui. È la realizzazione (e il superamento) dell’antico sogno di Giacobbe.

Chi insegue preconcetti resta a prendere il fresco sotto l’albero di fichi (cf.v.48), ossia rimane legato all’antica religione [i rabbini insegnavano le Scritture antiche sedendo sotto gli alberi; il fico era simbolo d’Israele].

Permanendo in aspettative di magnificenza e lasciandoci trascinare da propositi standard di gloria attesa, non si entra nel movimento che lega la nostra terra all’Amore: ci ritroveremo sempre più vecchi, impantanati e sterili - incapaci di generare creature nuove e rinascere.

 

«Israelita senza inganno» (v.47): ciascuno lo è quando - avendo vagliato - sa disfarsi delle opinioni e degli insegnamenti comuni; quando si accorge che non concordano con il progetto del Padre su di noi.

La storia della salvezza mira a «cose più grandi» (v.50) rispetto a quelle già volute; normali, previste, invocate, calcolate e sospirate (trasmesse dalle dottrine e dai “maestri” tali e quali).

Anche il Disegno della Provvidenza non è come la gente immagina o desidera che sia. Ci attendono situazioni che nessuno ha mai visto.

«Dio ha dato» [significato del nome proprio Natanaele], ma ciascuno deve rinascere.

Da Natanaele ciascun credente fa Esodo per trasmigrare al senso del nome Bartolomeo: «Figlio del campo ben arato e della terra dai solchi abbondanti».

Dalla religiosità passeremo alla Fede: il meglio del Sogno di Dio in noi deve venire. «Cose più grandi» dei luoghi comuni.

 

Gesù è l’autentico Sogno di Giacobbe, che preludeva a una vasta discendenza; ulteriormente dispiegata (Gen 28,10-22) e divenuto realtà.

Ma nessuno si sarebbe atteso che il Messia potesse identificarsi col «Figlio dell’uomo» (v.51), Colui che crea abbondanza dov’essa non c’è - e prima non sembrava lecito potesse espandersi.

Il nuovo legame fra Dio e gli esseri umani è nel Fratello che si fa ‘parente prossimo’, che crea un’atmosfera di umanizzazione dai contorni ampi - affatto discriminanti.

«Figlio dell’uomo» è colui che avendo raggiunto il massimo della pienezza umana, giunge a riflettere la condizione divina e la irradia in modo diffuso - non selettivo come ci si aspettava.

‘Figlio riuscito’: la Persona dal passo definitivo, che in noi aspira alla pienezza più dilatata nelle vicende e relazioni, a una caratura indistruttibile dentro ciascuno che accosta [e incontra contrassegni divini].

È crescita e umanizzazione del popolo: lo sviluppo tranquillo, vero e pieno del progetto divino sull’umanità.

«Figlio dell’uomo» non è dunque un titolo religioso, riposto, cauto, controllato e riservato, ma un’occasione per tutti coloro che danno adesione alla proposta del Signore, e reinterpretano la vita in modo creativo personale.

Essi superano i fermi e propri confini sommari, facendo spazio al Dono; accogliendo dalla Grazia pienezza di essere e di carattere, nei suoi nuovi irripetibili binari.

 

Sentendoci totalmente e immeritatamente amati, scopriamo altre sfaccettature... cambiamo il modo di stare con noi stessi, e di leggere la storia.

Insomma, possiamo crescere, realizzarci, fiorire, irradiare la completezza ricevuta - senza più chiusure.

Su questa Via, ogni giorno percepiamo il medesimo impulso che ha portato Natanaele da Gesù: un istinto di Presenza impareggiabile [Michele: Chi come Dio?], una liberazione della coscienza rattrappita [Raffaele: Dio ha guarito - Soccorritore], uno svelamento da stupore [Gabriele: Forza di Dio].

Insomma, sulle nuove avventure da intraprendere, il mondo invisibile ha uno speciale rapporto con l'umanità e il creato.

Nell’anima e nelle cose, siamo come guidati sulla strada giusta (in modo incessante, crescente, inatteso) anche attraverso le nostre ansie, ribellioni, crisi e dubbi.

 

 

Da Figlio di Davide a Figlio dell’uomo

 

La Chiesa è cattolica perché Cristo abbraccia nella sua missione di salvezza tutta l’umanità. Mentre la missione di Gesù nella sua vita terrena era limitata al popolo giudaico, «alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24), era tuttavia orientata dall’inizio a portare a tutti i popoli la luce del Vangelo e a far entrare tutte le nazioni nel Regno di Dio. Davanti alla fede del Centurione a Cafarnao, Gesù esclama: «Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,11). Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di Davide», ma come «figlio dell’uomo» (Mc 10,33), come abbiamo sentito anche nel brano evangelico poc’anzi proclamato. Il titolo di «Figlio dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr 7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v. 13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio. Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.

[Papa Benedetto, allocuzione al Concistoro 24 novembre 2012]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Those living beside us, who may be scorned and sidelined because they are foreigners, can instead teach us how to walk on the path that the Lord wishes (Pope Francis)
Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole (Papa Francesco)
Many saints experienced the night of faith and God’s silence — when we knock and God does not respond — and these saints were persevering (Pope Francis)
Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti (Papa Francesco)
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
We are faced with the «drama of the resistance to become saved persons» (Pope Francis)
Siamo davanti al «dramma della resistenza a essere salvati» (Papa Francesco)
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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