Lug 15, 2025 Scritto da 

Vite e tralci: una nuova Mistica

Gv 15,1-8 (.9-11)

 

L’allegoria della vite e dei tralci descrive la Presenza del Signore in mezzo ai suoi. Egli è fonte della vita intima e delle opere.

L’imperativo di credere in Lui (c.14) diventa esigenza di rimanere in Lui [cf. Gv 6,56: tema eucaristico del “corpo unico”].

La vite è una pianta che esige molte attenzioni. Nei testi biblici è presa come simbolo delle cure di Dio verso il suo popolo, e viceversa la sua distruzione raffigurava le antiche calamità nazionali.

Gesù si serve dell’immagine della vite e dei tralci per trasmettere un insegnamento sulla famigliarità con Lui e la fraternità tra discepoli, che ne illustri il legame profondo.

Unione intima, alimento comune, solidarietà e continuità del legame richiedono un’opera attenta e costante, tra cui taglio e mondatura, perché non tutti i pampini e i germogli recano fecondità.

Ma attenzione: l'Amore divino è impulso che chiede un lasciarsi portare. Esso trascina; ci prende e si fa linfa nutriente. C’investe purificando.

Non è dimensione da intendersi quale sforzo (sostanzialmente nostro) bensì come un... essere afferrati e farsi coinvolgere nel moto della vita di Grazia.

A paragone con le allusioni del Primo Testamento, si nota una sostituzione: sebbene il vignaiolo continui a rappresentare il Padre, la vite non è più figura del popolo, ma di Gesù.

E «portare frutto» è espressione frequente che indica solo Amore: il risultato vero che Dio si attende, l’opera unica da realizzare in tutte le nostre opere.

Il permanere di Cristo nei discepoli, la sua unione con ciascuno, è essenziale per vivere sulla terra la stessa vita divina.

La Fede-amore incorpora ed è contagiosa. Laddove incontrasse resistenza, sarà proprio tale ostacolo a incitarla a maggiore purezza, dunque a più vigore (v.2).

L’uomo invece abbandonato a se stesso non prolunga l’influsso di Cristo; non supera le barriere della nomenclatura e del normale.

Chi s’immagina autosufficiente - spezzando l’unione - incrina il Mistero che lo avvolge, e sarà preda dei suoi stessi affastellamenti infecondi.

Ma è anche vero che una vigna di razza è invadente per sua natura: dimostra in modo palese una piena disponibilità a esprimere… amore (frutto, gusto, vita).

Insomma, se oggi la missione segna il passo è perché ha già perso la sua vitalità dinamica: non basteranno i piani di adattamento o le narrazioni e una riforma esterna a risuscitarla.

È l’Incontro vitale che fa emergere le onde della forza e della più amichevole franchezza.

 

Negli anni, la Vocazione ci ha guidati e portati ad avere un modo di essere personale e un ambito di relazioni caratterizzante.

Ancora il Signore continua a chiamare, affinché entrando nel suo linguaggio [irripetibile, commisurato a ciascuna vicenda e sensibilità] veniamo sottratti a condizionamenti che non ci appartengono.

Gesù invita ad avere cura dei codici dell’interiorità, e da essi assumere l’impulso risoluto cui affidare le scelte e che già ci ha guidati a crescere.

Dagli albori della nostra storia e della nostra personalità, Lui solo continua ad essere Fonte intima e zampillante dello sviluppo - anche delle impronte che avevamo trattenuto.

Se ci fossimo affidati all’esteriorità, l’anima avrebbe disperso la sua linfa, smarrendo l’essenza che le apparteneva e specificava.

Così non avremmo incontrato noi stessi e non ci saremmo mai alimentati delle risorse costitutive più efficienti, che ora donano insieme equilibrio, maggiore completezza, capacità di giudizio in situazione, amabile trasparenza.

Si diventa se stessi, si diventa persona a tutto tondo, si diventa missionari, allo stesso modo: capendo che nelle vene scorre una Linfa, uno stimolo, che viene da Chi la sa più lunga di noi e delle opinioni.

Ci sono piante di sottobosco, altre che svettano; altre ancora, intrufolandosi nelle zone vuote e misteriosamente lasciate alla luce piena stanno crescendo a ritmo assai sostenuto rispetto a quelle da molto tempo piantate e installate - habitué da sembrare omologate.

La magia del creato - vite, tralci - parla di un altro regno, di un Logos che si correla a noi e dirige sapientemente i suoi flussi e le forze vitali.

In tal guisa accade nello Spirito, che interiorizza, chiama, nutre, trasmette equilibrio o profezia, e genera lo stupore del tutto e dell’unicità.

Come hanno fatto quei semi (nell’esempio che ho davanti casa, un doppio pino e un pino singolo) a radicare proprio nei punti caratteristici, intermedi e giusti - sia dal punto di vista estetico che dell’utilità, densità e ampiezza? Neanche avrei saputo pensarli così nitidamente disposti; tanto allineati in perfetta proporzione, misura, volume e scala.

Solo l’Alleato nascosto vede bene l’insieme, la struttura, la funzionalità e i dettagli delle nostre fibre.

Egli sa dove condurre, e come nutrirci per ritrovare l’Io, l'unità qualitativa dell’essere.

Lo fa seminando, immettendo, rigenerando, calibrando l’energia del suo e nostro Sogno. A ritmo conveniente, e curando la banalità razionale utilitarista dei nostri progetti. 

Incessantemente ricentrando il portato personale, la consapevolezza di sé, l’inclinazione spontanea.

Nonché distaccando l’anima da chi in mille modi vuole lasciarci nell’ignoranza della Via creaturale, per trattenere i luoghi comuni ed i totem del suo mondo abitudinario, snervante.

Ciò mentre lo Spirito separa il nostro pensiero poliedrico da false guide unilaterali [antiquate e grette, o isteriche e sofisticate, ma disincarnate].

I primi della classe magari pedinano, incalzano, e plagiano, distraendoci dal Dialogo non conformista con l’irripetibile compito della vita personale.

 

Nel brano di Vangelo il Creatore-contadino taglia e purifica, per riallacciare l’intesa.

Gesù parla di «Vite quella vera» (v.1): è solo Lui il germe autentico del Popolo piantato dal Padre.

Vuol dire che in giro venivano inculcati insegnamenti devianti, e interrate o esposte false viti - come quella favolosa ricolma di pampini d’oro sulla porta del Santuario interno del Tempio di Gerusalemme.

La linfa vitale non scorre dalle ricchezze, né da dottrine e discipline - neppure dalle grandi, impressionanti magnificenze del vecchio culto. 

Neppure da fantasie à la page e senza spina dorsale.

L’interesse dell’Agricoltore è che la Vigna porti sempre più Frutto ossia Amore, null’altro.

In tale traiettoria, il Contadino che sa cosa fare, «taglia» (v.2) [anche affinché non ci siano cordate, marpioni organizzati. Essi che assorbono le energie del suo popolo [munto e tosato] senza minimamente porsi il problema di comunicare - a loro volta - vita autentica agli altri.

 

Prima «Taglia» ciò ch’è stato rigoglioso nel passato ma non darebbe più nulla.

Ce ne accorgiamo nel tempo della crisi, che smaschera e rovescia posizioni assillanti e importune, mortificanti lo sviluppo.

Poi «purifica» (v.2: testo greco) ossia procede come fa il bravo villico, a una seconda sfrondatura leggera dei germogli della vite; staccando quelli che assorbono linfa ma si addensano troppo e non hanno giusta vitalità [onde non togliere nutrimento ai punti propulsivi].

 

Questo brano è stato spesso interpretato come invito per eccellenza ad abbracciare una spiritualità delle “potature” [il termine nei Vangeli non esiste] che non ha senso in ottica di Fede, ossia d’Amore.

Nelle religioni antiche è il soggetto - «tralcio» - a doversi centrare su se stesso, individuare le mancanze, difetti e vizi, e “potarli”.

Invece solo il Padre-agricoltore sa individuare gli elementi nocivi, quelli parassiti e senza futuro, che non vale la pena continuare a sorreggere.

Egli agisce nella realtà del nostro cammino, come si farebbe con un’antiquata e intimamente corrotta costruzione di cartapesta [nonché, con le fantasie alla moda, che portano al vuoto].

 

La vita in Cristo non si preoccupa dei limiti esterni, anzi evita di rendere protagonisti i difetti [rinnegati!] della vita spirituale.

Tale configurazione risulterebbe ossessiva, inconcludente, perché insediata su un’immagine di sterile “perfezione” che a Dio non interessa.

Piuttosto, sarà uno stupore osservare come nel cammino di Fede proprio le anime incerte, i loro passi malfermi e lati considerati oscuri possano nascondere le vere Perle del mondo.

Una Potenza spontanea, il mistero delle immagini che sgorgano dal profondo delle radici vocazionali e riattivano energie; l’opera a più livelli di un’essenza radicale, innata, che ci accompagna [immanente l’essere e che ne sa più di noi] sono energie tutte in grado di alimentare e correggere ogni geometria a tavolino.

Come non produrre danni irreparabili? Cedendo il dirigismo esterno.

 

Agli impedimenti pensa il Padre, non il singolo tralcio, né altri tralci - reduci, esperti, veterani che siano.

Sebbene più in alto, più grossi... eletti a vita, costoro non fornirebbero giusto umore vitale, né legame organico: ci presenterebbero solo contenuti sepolti, e il conto.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quale Linfa ti sazia, quella esterna?

Quale geometria mondana e normale segui?

Qual è la tua idea di miglioramento nella Fede?

 

 

Mistica della Gioia: essere se stessi, Rivelazione repentina

 

Resilienza non a denti stretti, e Somiglianza non possessiva

(Gv 15,9-11)

 

«Rimanete nell’amore, quello mio […] Se i comandamenti miei osserverete, rimarrete nell’amore mio […] Vi ho detto queste cose affinché la gioia quella mia sia in voi e la gioia vostra sia piena».

 

Gesù si è appena servito dell’immagine della vigna per configurare il carattere del suo nuovo popolo e la circolazione di vita che lo accomuna.

Vita di particolare intensità e temperamento.

 

L’allegoria della vite e dei tralci è ora tradotta in termini esistenziali.

La propagazione del dinamismo divino in noi dà il via a una corrente di amore, particolare e accentuata.

Il Signore non chiede di essere amato, ma di accogliere (prima di trasfondere) la modalità di Dio - il Dono che discende dal Padre e da Lui.

La sorte del tralcio inaridito [privo della Linfa dello Spirito] e reciso è il senso d’inutilità e angoscia (v.6).

Ma - alla Vigna - perfino tagli, gettatezze, mondature e purificazioni (v.2) che la vita impone non impediscono di produrre grappoli abbondanti e succosi.

Un canto nuovo, finalmente privo di dissociazioni.

Il disagio infatti reca alla pergola un flusso addirittura più marcato, un cammino di carattere, e una dilatazione.

È l’occasione liberante che riattualizza l’essere, e può traboccare.

Vuole portarci alla casa che ci appartiene, non in un territorio di cronicizzazione [inchiodato al giogo dei canoni].

 

L’agricoltore è il Padre (v.1) che taglia e sfronda la vite da germogli inutili - sebbene anch’essi in apparenza verdi (v.2) - in ordine alla maggiore vitalità del campo.

Qui si permane, cedendo le nostre previsioni alla Grazia - nella paradossale tutela della concentrazione personale.

Lasciamo a Lui la decisione di far cadere i travestimenti infecondi.

In tal guisa, sarà il sapiente Agricoltore a spegnere i modelli dispersivi e accendere la nostra voce - quella che ci appartiene.

L’energia della metamorfosi che si espanderà da situazioni critiche ci farà essere, invece di somigliare [fuori].

Da dentro, lo sguardo in stato di ricerca verrà spostato e reso essenziale, lasciando spazio alla virtù delle radici proprie.

Man mano la recita che richiedeva forzature sterili verrà sapientemente smontata - affinché non ci chiudiamo in preconcetti.

La forza apparente dovrà dare spazio alla forza reale.

Per Via, ciascuno accetterà un’altra immagine di sé; senza per questo distaccarsi dalla convivenza.

Il tener duro lascerà spazio alla flessibilità, alla melodia vocazionale.

In tal guisa, facendo largo al modo di essere autentico.

 

Imparando a guardare bene e affidarsi a tutto ciò che provvidenzialmente si affaccia, sgorgheranno risposte elastiche.

Nell’anima si riverserà la Gioia personale - non quella fatua d’euforia o esaltazione, passeggera delle molte foglie [per essere ad es. come gli altri; a tutti i costi “sicuri”, accompagnati o affastellati].

Perché non dovendo nascondere altre preferenze, un diverso carattere individuante, o le nostre stesse fragilità, diventeremo più forti.

Senza per questo imporsi di dover sempre controllare la situazione.

L’intima Letizia che ci attiverà sarà frutto d’una consapevolezza nuova, che infine contribuisce alla ‘cattolica’ convivialità delle differenze.

Coscienza che coniuga la divina proposta di Somiglianza non possessiva con la nostra capacità di accoglierci - non di lottare in modo innaturale.

Anche nelle vulnerabilità. Malgrado i diversi gusti attorno.

Un’onda vitale ad personam che diventa resilienza non comune, e diversa Felicità.

 

L’esperienza di pienezza, di corrispondenza nel comprendere il senso del proprio esserci, è opera impossibile sia in termini di capacità che di progetto.

O di previsioni cerebrali, attese normalizzate, propositi di perfezione. Sarebbe un comandamento grave.

Forzando, non deponendo i modelli mentali, non facendosi un poco da parte nei pensieri indotti, prevarrebbe infine la sensazione d’una condizione dell’essere umano sulla terra come evento conflittuale, tessuto d’inquietudine - inappagato, tragico, assurdo.

La presa di possesso di Dio non è frutto d’aspettativa alcuna, né di emozioni, situazioni a comando, bensì d’un lasciarsi salvare: farsi introdurre in una vita da salvati - che talora giunge repentina, sempre imprevista.

Amare (addirittura) Dio non può essere un’iniziativa devota: è solo risposta non a denti stretti a una Manifestazione impensabile e non allestita, che precede e sbalordisce l’identificazione religiosa, personale, del mondo.

Permanendo nella circolazione d’amore Padre-Figlio saremo avvolti da una ebbrezza che intuisce il senso e l'unicità del nostro seme.

Tutto ciò cambia il modo di vedere la vita, le relazioni, le sofferenze, e la Gioia.

Deponendo gli sforzi e il rimuginare, incontrando gli enigmi e i lati sconosciuti, ecco affiorare La Sapienza che ci abita.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quale linfa ti sazia, quella esterna?

Qual è la tua idea di miglioramento e Felicità?

Qual è la tua consapevolezza esistenziale di Rivelazione?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Isn’t the family just what the world needs? Doesn’t it need the love of father and mother, the love between parents and children, between husband and wife? Don’t we need love for life, the joy of life? (Pope Benedict)
Non ha forse il mondo bisogno proprio della famiglia? Non ha forse bisogno dell’amore paterno e materno, dell’amore tra genitori e figli, tra uomo e donna? Non abbiamo noi bisogno dell’amore della vita, bisogno della gioia di vivere? (Papa Benedetto)
Thus in communion with Christ, in a faith that creates charity, the entire Law is fulfilled. We become just by entering into communion with Christ who is Love (Pope Benedict)
Così nella comunione con Cristo, nella fede che crea la carità, tutta la Legge è realizzata. Diventiamo giusti entrando in comunione con Cristo che è l'amore (Papa Benedetto)
From a human point of view, he thinks that there should be distance between the sinner and the Holy One. In truth, his very condition as a sinner requires that the Lord not distance Himself from him, in the same way that a doctor cannot distance himself from those who are sick (Pope Francis))
Da un punto di vista umano, pensa che ci debba essere distanza tra il peccatore e il Santo. In verità, proprio la sua condizione di peccatore richiede che il Signore non si allontani da lui, allo stesso modo in cui un medico non può allontanarsi da chi è malato (Papa Francesco)
The life of the Church in the Third Millennium will certainly not be lacking in new and surprising manifestations of "the feminine genius" (Pope John Paul II)
Il futuro della Chiesa nel terzo millennio non mancherà certo di registrare nuove e mirabili manifestazioni del « genio femminile » (Papa Giovanni Paolo II)
And it is not enough that you belong to the Son of God, but you must be in him, as the members are in their head. All that is in you must be incorporated into him and from him receive life and guidance (Jean Eudes)
E non basta che tu appartenga al Figlio di Dio, ma devi essere in lui, come le membra sono nel loro capo. Tutto ciò che è in te deve essere incorporato in lui e da lui ricevere vita e guida (Giovanni Eudes)
This transition from the 'old' to the 'new' characterises the entire teaching of the 'Prophet' of Nazareth [John Paul II]
Questo passaggio dal “vecchio” al “nuovo” caratterizza l’intero insegnamento del “Profeta” di Nazaret [Giovanni Paolo II]
The Lord does not intend to give a lesson on etiquette or on the hierarchy of the different authorities […] A deeper meaning of this parable also makes us think of the position of the human being in relation to God. The "lowest place" can in fact represent the condition of humanity (Pope Benedict)
Il Signore non intende dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità […] Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L’"ultimo posto" può infatti rappresentare la condizione dell’umanità (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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