Parvenze: vuoto
(Mt 23,27-32)
Giovanni Crisostomo scrive nel Commento al Vangelo di Mt:
«Se si potesse aprire la coscienza di ciascuno, quanti vermi, quanta putredine e quale lezzo inimmaginabile vi troveremmo dentro. Desideri turpi e perversi, più sudici degli stessi vermi» (73,2).
Forse ci ha spiazzato il severo impegno del Papa contro forme allegre, disinvolte e ambigue di gestione dei beni, e in campo di moralità interna alla Chiesa Cattolica - una vera e propria opera di bonifica clericale, che si è spinta sino alla riapertura delle carceri.
Ma prendendo posizione contro il sistema delle grandi parvenze [l’ipocrisia e l’estrinsecismo incoerente] Gesù rincara la dose.
Lo fa nei confronti delle autorità antiche, dei capi religiosi e mestieranti del sacro - leaders che salvano le vesti, le idee e l’immagine, ma radicalmente infedeli.
Si duole del loro apparire fittizio e corretto, mentre dentro sono la negazione totale del rispetto verso Dio che allestiscono in vetrina.
Così fanno stagnare il lato oscuro del mondo, invece di aiutarci a rimuoverlo.
La pietà ostentata per i grandi antenati denuncia un complesso di colpa (vv.29-32), non una cifra intima profonda - ambito unificatore dell’essere e dell’agire.
Isterismo che esorcizza il vizio degli “eletti” di sempre: togliersi dai piedi chi smaschera il loro esistere vuoto; nonché il loro ascendente ben adornato, cerebrale o legalista, che ancora costringe la vita di tanta gente nei sepolcri.
I maestri spirituali sono in campo non per fare mostra di sé - né incarnarsi a mo’ di guide minacciose.
Essi devono agire per beneficare, dare colore, nuova linfa; promuovere situazioni autentiche e contenuti nuovi, rallegranti e creativi.
Nel puntuale Commento al Vangelo di Mt, s. Girolamo scrive:
«I sepolcri all’esterno sono candidi di calce, adorni di marmi e d’oro, splendenti nei loro colori; ma all’interno sono pieni di ossa di morti. Così anche i maestri perversi, che una cosa dicono e l’altra fanno: nell’abito mostrano la purezza e nella parola l’umiltà; ma dentro sono pieni d’ogni marciume e di ogni desiderio impuro» (4).
Il Signore propone un rinnovamento che giunga in profondità, più intimo dell’agitarsi epidermico; che tocchi il luogo e la dimensione dell’incontro col Padre.
Egli non si accontenta di ‘monumenti’ con la sorpresina dentro.
Siamo sempre tentati di rimanere sul piano d’una superficie abbellita, alla ricerca di facili e immediate soddisfazioni, stima, onore - soprattutto noi preti, che non di rado amiamo cullarci nei riconoscimenti futili.
E i nostri diversi teatri della religiosità vistosa ma sorda sono largamente disponibili a truccare con rango spirituale l’appartenenza dei grandi primattori alla civiltà delle fictions - pulita e ornata.
Ci appaghiamo di cose epidermiche, perché? Incontrare se stessi, gli altri e la realtà richiede un impegno gravoso: quello di mettersi in discussione; uscire dalle forme, e dalle mode esterne.
Ma non sono sufficienti le buone maniere, per coprire tante pessime abitudini.
Non basta più la falsa sicurezza di presentare la nostra facciata da soap opera: figura apparecchiata dal rango anche religioso e devoto che si vuol mostrare.
L’ipocrisia delle interpretazioni accomodate o delle caratterizzazioni plateali è un atteggiamento non di rado camuffato e perfino delittuoso.
Esso ci sta portando allegramente al male oscuro della più decadente vacuità, e diffusa tristezza.
Le tombe imbiancate del nostro camposanto anticipato appaiono sacre e graziose, ma si sa cosa talora contengono.
Non sempre diamanti cristallini; non sempre espressioni di filo diretto con gli altri e con Dio.
Quindi il sorprendente impegno delle attuali gerarchie per la purificazione interna resta un punto fermo, del tutto opportuno.
È la vita che conta e va promossa, non l’apparire in cartapesta di tutto ciò che di sconosciuto o coperto ci è cresciuto in casa.
Anzi, proprio i manieristi o modernisti, i moralizzatori di facciata, i più vanitosi protagonisti della bellezza rituale o à la page… si rivelano le peggiori persone - dalla doppia vita; amanti d’uno stile da satrapi [forse per riscatto sociale].
Ecco il confondere idee anche a se stessi, e la paradossale opera di disidentificazione.
Insomma, la vistosità di fastigi e parvenze, o di patinature che strizzano sempre l’occhiolino, è una sorta di proiezione.
Artificio che non consente di elaborare pensieri; solo allontana gli incubi faticosi - nel modo più puerile.
L’Amore invece vive di scintille reali - non le varca indenne accontentandosi di autorappresentarsi nei segni decorativi, o nell’ideologia che adesca gli ingenui.
Paraventi d’incredibile vuoto.
Pur riconoscendo lecite le sfaccettature di grandi espressioni artistiche e le opinioni difformi, Gesù avrebbe sottoscritto il principio dei laici puritani anglosassoni: «Maggiori sono le cerimonie, minore è la Verità».
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quali ipocrisie clericali [o adesioni-scapicollo] ti danno fastidio, malgrado il loro fastigio?