L’itinerario della creatura (e della Chiesa) che realizza in sé la vittoria della Vita sulla morte
Maria è Icona di come trovare la strada giusta, da cui le vicende della vita possono allontanarci o portar via.
Emblema di chi è sul proprio e conforme percorso di persona, Gemma di paragone per non tradire la nostra identità-carattere vocazionale e disposizione innata.
Come Lei però abbandonandosi; tuttavia mutando. E così realizzando la nostra vera natura, nel pellegrinaggio verso il Nucleo dell’essere - perché presenti alle cose, nei diversi modi di stare al mondo, nitidamente.
La sua anima possedeva una freschezza giovane, una capacità di avvicinarsi a se stessa senza tuttavia smarrire la portata dei riscontri: nell’accorgersi, vivendo d’ogni Dono.
Chi ne ricalca lo stile abbraccia e adora l’inatteso, e quando d’improvviso irrompe la Novità dello Spirito, immediatamente gli sa fare posto.
L’attitudine della sua anima non volgeva alla banale ripetitività: meravigliata da una Parola, sbalordita dall’Imprevisto, sorpresa da una Ferita.
Itinerante, insegnava ad aprire il cuore e la mente a nuovi percorsi che non solo schivavano ma addirittura sorvolavano il preponderante dei condizionamenti.
Ella spontaneamente attivava flussi di possibilità che si ponevano alle spalle tante abitudini, senza neppure combatterle.
Maria disponeva se stessa a cogliere le varianti, le sfumature dell’anima; anche i sentimenti non abituali che magari ripudiamo di attribuirgli e che invece provava. Talora anche perdendosi nei labirinti di una spaventosa lotta epocale col «drago», l’ideologia del potere.
Una vita piena, da mamma di famiglia, non da creatura incorporea che si ritrae, e solo vereconda.
Nulla d'ingenuo e asservito. Donna libera, Maria parte senza chiedere l'autorizzazione della società attardata, gerarchica e ancora patriarcale.
E non si associa a carovane rassicuranti, perché non è persona di branco ma di novità.
Non si è incamminata lungo il Giordano, che era la strada più battuta e sicura. Ma perché rischiare la vita in terra ostile? Perché l'amore non conosce ostacolo.
E l’esuberanza non ripete conformismi. Vita che scorre dalla Galilea alla Giudea, ossia dalla periferia al centro religioso ufficiale, mai viceversa.
Non di rado, per il devoto d'un territorio osservante ogni annuncio di vita e qualsiasi novità sono percepiti con estrema diffidenza [attentato alle proprie sicurezze e offesa personale, invece che servizio].
Ecco perché giunta nella casa dell'uomo del culto neanche lo “saluta”. Elisabetta (sembra anche lei una dimenticata) coltivava la promessa [«Elì-shébet» il Signore Mio-Personale ha giurato; come dire «Dio Mi è fedele»].
Lui Zaccaria [«Zachar-Ja» il Signore sì ma non mio bensì d'Israele «ricorda»; ok, Dio non soffre amnesia ma è stato, è stato... e chissà quando ‘Viene’]. Non riusciva a passare dalla religiosità alla Fede.
Cliché usuale, non capacità innata:
Nelle religioni antiche il sacerdote è l’anziano dalle grandi reminiscenze. Egli fa memoria devota - d'accordo - ma come ancora in un museo, che quasi imbalsama il decadimento temporale.
L’uomo del culto è parte d'un ceto che ama frequentare i posti che contano; refrattario a uno Spirito che insiste e fa appello, che butta all’aria la vita [anche degli istituti] facendo breccia e infiammando le coscienze, per smuovere situazioni.
Ecco invece la povera donna. Lei profetizza - come le prime comunità di evangelizzazione che vi sono rappresentate in filigrana.
Non era persona giuridica in quella cultura, piuttosto una non-persona, che doveva perfino chiedere permesso al figlio maschio, su tutto.
Il contrario dell'autorità e dell'ufficialità (dentro e fuori Casa), che permaneva incapace di comunicare alcunché: non «beato» ma infelice; «muto» perché non aveva più nulla da dire a chi era in attesa fuori del Tempio.
Niente di vitale e nessuna benedizione reale da trasmettere alla gente; zero con cui colmare l'esistenza del prossimo.
Quindi l’Anima Sposa ragazza è colei che sembra ignorare l’immobile professionista del sacro e del rito!
Neanche gli rivolge parola - perché destinata alla «gloria celeste», non a lasciarsi trascinare nelle minuzie dei ragionamenti e di una razionalità che fa impallidire l’amore.
Creatura e comunità autentica che riflette Gesù.
Insegna invece a fare la nostra parte, proprio tentando di lasciar coesistere le cose che piacciono e le difformità che si affacciano.
Tutto ciò, senza inibizioni - cercando il Senso delle contraddizioni invece di domarle a prescindere; perché l’unilateralità l’avrebbe resa fragile, arida, incompleta.
Così ha accettato di far coabitare in sé e rendere compresenti le situazioni variegate con le sfaccettature dei molti appelli, l’afflato della premura e lo spirito di decisione - da Donna emancipata.
Come recita la Liturgia di oggi, l’Assunta ha accettato il Deserto ma ha trovato un Rifugio, «dimenticando il suo popolo e la casa di suo padre».
Solidarietà, Sobrietà, Silenzio: l’esperienza dell’Esodo. Novità, Fraternità e Orizzonte di Persona che consentono la riscoperta del proprio seme - e il senso della Chiesa.
Maria è insegna dell’esistenza paradossale del credente, che conosce la sua bassezza e l’Imprevedibile di Dio: nella sua vicenda riconosciamo il tracciato ideale del nostro cammino.
Non possiamo ignorare che nel mondo talora la forza prevale sulla debolezza, il bisogno fa impallidire l’amore, il declino sembra ridicolizzare la vita…
Ma nella dialettica del perdere se stessi per ritrovarsi, introduciamo nuove energie; acquisiamo come Lei una capacità di vedere spalancate le tombe, scorgendo vita anche in luoghi di morte.
In tal guisa, Lc è l’evangelista che celebra i ribaltamenti di situazione [fariseo e pubblicano, primo e ultimo posto, figlio scapestrato e primogenito; così via].
In detti rovesci la Vita nello Spirito non si palesa come replica che rassicura o che sacralizza posizioni, ma come attitudine a un guadagno nella perdita; una fioritura nell’amarezza della croce.
Un saper scovare occasioni di crescita persino nell’apparente degrado del mondo corrotto [anche pio e perbene].
E in noi? La ridefinizione di ciò che è “affare o umiliazione” può diventare storia redenta, l’autentica forza dirompente nel corso degli eventi, e di qualsiasi vicenda.
Negli inermi e incapaci di miracolo si cela infatti la percezione di una potenza che sa recuperare tutto l’essere. Virtù che ricompone l’armonia dell’onda vitale.
Progetto che vuole innalzare il povero dalle immondizie, per trasformarci in capolavori - a partire dalla verità di pitocche radici [dove siamo noi stessi].
La sfida della Fede è aperta.