Piena dedizione, ma per una traversata tutta nostra
(Mt 8,18-22)
Gesù vuole che lasciamo nuovo spazio alla sua Parola; che ascoltandolo, gli permettiamo di parlare. E attraverso le nostre scelte, che Egli ridiventi significativo.
La sua Parola è esigente, ma ci libera dalle zavorre, da cappe mentali che si solidificano nel tempo e nella testa. Il nostro vero sopruso.
La Sequela è semplice ma non facilona. Facile, in fondo; nella gratuità della sintonia profonda e immediata, senza filtri esterni.
Continuando a venerare sicurezze, punti di riferimento e abitudini non si fa altro che gestire un mondo di morti (v.22).
Chi accoglie Cristo si apre a una Novità - splendida ma rischiosa - che non sa.
Il credente deve mettere in conto che siamo tutti chiamati a fare traversate faticose verso altre sponde (v.18), rispetto alle solite.
Per superare quest’insicurezza e il naturale timore, non basta l’entusiasmo iniziale.
In vista dei momenti duri dell’evangelizzazione, è bene che il figlio di Dio comprenda le sue forze o inclinazioni - e se esse sono in grado di condurlo fino al punto di trasgredire legami irrinunciabili, interessi di famiglia, doveri “sacri” (v.21).
Ciò per consentire la nascita e fioritura di nuove modalità espressive e forme pastorali. Non per sforzo e “resilienza”.
È inutile continuare a spendere la vita a puntellare rami secchi, tenere in piedi idee sofisticate o tradizioni pur conclamate, dilapidando attenzioni ed energie per sorreggere cose che non hanno futuro (v.22).
Come fare per scovare energia in noi stessi quando ad es. veniamo ostacolati e disprezzati?
Fin dai primi tempi il Risorto non veniva identificato come un semplice modello di privazioni e umiliazioni, da “imitare”.
Il Signore era un Motivo non esteriore e un Motore (tutto intimo) di vita nuova. Questo il punto.
Nelle religioni si insegna una sola “materia”: la vicenda e lo stile del Fondatore, che ti fa apprendere splendide “nozioni” e gesta eroiche.
Nella spiritualità del Passaggio in Cristo verso altri lidi [v.18] si può solo essere in sinergia con la Sorgente che zampilla dentro.
La crescita sarà fedele al proprio Seme. La fioritura si commisurerà sulle proprie Radici e il fluire della Linfa, non sulla sporgenza delle foglie.
Nell’avventura di Fede il nostro Nucleo ci genera e ci porta per introdurre nel rapporto con noi stessi, con gli altri e le cose, nel modo più diverso.
L’amore è spontaneo e rischioso; non ha mai il contorno dei meccanismi standard.
Nella sequela del Signore c’è sobrietà, eppure mancano schemi prestabiliti. Come nell’Amicizia: anch’essa è “malsicura”, ma vi è una Fonte.
Così non si spreca la vita a imbalsamare chimere da camposanto, o inseguire idee altrui, fantasie disincarnate, (o violenze disumanizzanti) alla moda, che ci sgretolano dentro.
È l’inedito personale che nelle fatiche continua a trasmettere Gioia creativa - e ci fa scendere in campo, per rimanere qualitativi e profondi.
La mancanza di binari imposti - tipici delle religioni - insegna la Strada della spontaneità che apre brecce sbalorditive.
La natura stessa recupera gli opposti e i lati in penombra, o malfermi, considerati superflui.
Qui si attinge alla genuinità della nostra essenza particolare, in modo trasparente e incontaminato da tabù cerebrali o di costume.
Scoprendola più sfaccettata di quanto pensavamo.
Allontanandosi da giudizi ovvi (e dall’andare d’accordo coi manierismi attorno) veniamo introdotti sulla Via libera dell’indipendenza e ricchezza vocazionale.
Sotto l’azione dello Spirito, sarà proprio nel pericolo reale che ciascuno accederà finalmente alla dimensione mistica della Sequela.
Lo faremo con smalto e sino a edificare l’impensata completezza e Felicità per sé e per tutti.
A volte anche noi proseguiamo a chiederci se quella Via che stiamo percorrendo sia effettivamente “la” nostra.
E forse continuiamo a provare la vertigine o lo spavento delle continue traversate - di un compito troppo grande, per un «io» così inferiore, incapace di performance costante, riconosciuta.
Ma proprio qui, senza impalcature, incontrando personalmente il Signore, abbiamo percepito e sentito con tutto il nostro essere il suo sottile Appello:
«Non ti abbandono; tu non lasciare te stesso: Me in te».
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Cosa ti ha spinto a deciderti per la traversata? Come hai lasciato tutto o le opinioni?
Dove condividi la durezza e la gioia dell’apostolato intenso e personale (es. nel chiostro) o della nuova evangelizzazione (es. fra i baraccati)?
Ti prodighi per l’educazione dei giovani con formazione variegata, e l’azione di dialogo e ascolto dei lontani?
Come approcci le fatiche e zone d’ombra che non t’aspetti? Torni alla tana e al nido rassicuranti?