Confronti no, Eccezionalità sì
(Gv 21,20-25)
Ancora una volta nel quarto Vangelo si fronteggiano il passo e il carattere petrino (incerto) con quello del discepolo amato dal Signore.
In lui anche noi siamo chiamati a una personalità sciolta e liberale [più tipica delle comunità giovannee dell’Asia Minore] che rifletta un animo meno rigido e profeticamente superiore rispetto alla chiesa apostolica ufficiale - ancora giudaizzante.
I primi cristiani attendevano imminente la cosiddetta seconda Venuta del Signore.
Alcune chiese, di fronte al decesso dei seguaci, iniziarono a immaginare che almeno alcuni di loro sarebbero sopravvissuti fino alla Parusia del Cristo.
Col passare del tempo e la morte non solo degli apostoli, ma anche dei discepoli di seconda e terza generazione, sorgevano dissidi sulle precedenze e l’interpretazione delle Scritture.
Tutto ciò, malgrado Gv abbia insistito sulla Presenza sempre attuale del Risorto, e la storicità della Vita dell’Eterno [cosiddetta ‘vita eterna’].
In aggiunta a ciò, il quarto Vangelo ribadisce l’attualità delle realtà ultime e del Giudizio.
Viceversa, permaneva diffusa l’idea del loro carattere di futurità.
Ma la morte dello stesso evangelista scosse non poco le comunità, sconcertando molti fedeli che immaginavano quel discepolo dovesse - almeno lui - essere presente al cosiddetto «Ritorno» [termine che nei Vangeli - in lingua originale - non esiste].
Questo il motivo dell’aggiunta di una “seconda conclusione” a Gv 20,30-31.
È ciò che designiamo «capitolo 21» - opera di scuola giovannea, che tenta di chiarire la Vicinanza del Signore, il senso delle «Manifestazioni» del Risorto, il servizio dell’autorità, la testimonianza del “discepolo amato”.
La pienezza di Dio traspare dall’intera Chiesa, se genuina. Le Vocazioni sono diverse. Nessuna in sé sufficiente.
Ciascuno sente l’Appello a portare avanti la propria Chiamata per Nome secondo carattere diretto, confidenziale, proprio, e passo dopo passo, senza arenarsi nei confronti.
L’opinione, la vicenda o curiosità altrui, è un veleno, sia per la realizzazione che per la dimensione missionaria.
Attenzione dunque alle dicerie, alle congetture, all’immagine, anche diffuse sul territorio.
Soprattutto in situazioni di monopolio culturale, spirituale, o semplicemente denominazionale [come ancora in Italia] dette convinzioni normalizzate porterebbero all’omologazione, alla “vita media”, al collasso.
Bando ai paragoni:
«Me, segui» (v.22 testo greco) significa aderire a un Cielo che abita ciascun figlio - e in Comunione, non in branco.
A ogni energia, storia, e sensibilità esclusiva, corrisponde un modo riservato, irripetibile, di essere discepoli.
Nessuno è modello superiore, o viceversa destinato a facsimile: l’amore erompe in modo personale, sempre libero, inedito.
La via della sequela additata, il rimanere o trattenere indeterminato, sono caratteristiche o polarità correlative e plasmabili: proprio da esse sorgono risposte inattese a questioni vere, e la Novità di Dio.
Differenze e legami si ricompongono nello Spirito, che sa dove andare - chiamando ogni personalità singolare a dimensioni d’esistenza raccolta o estroversa - nella propria Radice.
Chi è spinto più all’azione [o riflessione] non deve indugiare, né volgersi indietro; piuttosto, immergersi.
Ciascuno è nel punto giusto. Non deve smarrire la strada unica.
Nel mio giardino ho dei pini grossi che danno ombra, ma uno di essi all’improvviso è seccato irreparabilmente. Sembrava chissà cosa; in un attimo è precipitato. Da non credere. Succede anche nella vita religiosa.
Fra la mia erba campagnola noto fiorire - senza mai averle curate - diverse pianticelle che prive d’artificio scacciano gli insetti, offrendo al terreno una trama variegata e uno spettacolo cromatico delicato.
Se imponessi al sottobosco di crescer su per dare ombra, si ammalerebbe. Il tutto non diventerebbe neanche un rovo; piuttosto, un intreccio innaturale di disagi (imposti di testa mia) che mai sfumerebbero.
A ogni seme corrisponde un suo sviluppo e una propria unicità, anche in rapporto con la situazione differente a contorno - alla luce o meno.
Insomma, l’amore autentico non ha fondamenta generiche, bensì impredicibili, singolari, insolite; di rilievo comunque, sebbene “scorrette”.
Si narra che s. Antonio Abate si arrovellasse sul Giudizio finale [chi si salva e chi no?]. La risposta gli venne perentoria: «Antonio, bada a te stesso!» - a dire che l’interesse per le inclinazioni e preferenze altrui è ambiguo. Non sempre buono; talora inutile. Spesso funesto e letale.
Se a qualcuno è proposta in dono una vocazione di carità speciale - persino di sangue - ad altri è riservato un diverso genere di testimonianza irripetibile; es. martirio sapienziale o critico [degli osteggiati e pionieri].
Invece di perdere il pondus e carattere della propria Chiamata per Nome, lasciandosi travolgere dalla prepotenza di forze in campo - anche nella vita ecclesiale viene spontaneo annunciare un altro regno rispetto a quello del pensiero unico, del consenso, dei furbetti del quartierino.
Non c’entrano con la Vocazione.
Non dobbiamo distrarci dal nostro scopo naturale e spirituale innato.
Il mistero che avvolge Cristo dispiegato nel suo Popolo è inesauribile. E anche noi siamo chiamati in prima persona a scrivere senza timori un caratteristico Vangelo (v.25) [cf. Gv 20,29-30].
La differenza tra religiosità antica e vita di Fede? Non siamo le fotocopie d’una condotta persistente, bensì inventori e battistrada.
Cristo vuol essere reinterpretato in prima persona e nella convivialità delle differenze.
A ciascuno il Maestro riconosce un suo agire.
Invece spesso ci sediamo in armature esterne, e forse misuriamo anche il progetto di vita, il segno dei tempi, il dono, lo stimolo, il Segreto dei fratelli, con la stessa miopia di programmi commisurati.
Dio si riserva appunto d’indicarlo Lui a ciascuno. Oltre ogni ‘mappa’ e organigramma.
Poi, anche le “stabilità” sono parziali, attendono un compimento.
Chi scommette sulla Via della Fede sa di doversi allontanare dallo spirito di unilateralità.
Lo stesso vigore del cammino chiede la sosta quieta e il convergere.
Anche il “restare” lancia infine una sua energia tranquilla proprio alle iniziative... così via.
I modi della sequela che risuonano in fondo al cuore sono tanto vari quante le persone, gli accadimenti, i ritmi commisurati all’anima, le età.
Essi abbracciano la medesima Proposta - senza che in tale poliedricità si perda il Mistero perdurante, né alcun legame.
Solo qui, Mondo reale, Persona, Natura ed Eternità si alleano.
«Quando il tessitore alza un piede, l’altro si abbassa. Quando il movimento cessa e uno dei piedi si ferma, il tessuto non si fa più. Le sue mani lanciano la spola che passa dall’una all’altra; ma nessuna mano può sperare di tenerla. Come i gesti del tessitore, è l’unione dei contrari a tessere la nostra vita» (Tradizione orale africana Peul).
«Siamo assolutamente perduti se ci viene a mancare questa particolare individualità, l’unica cosa che possiamo dire veramente nostra - e la cui perdita costituisce anche una perdita per il mondo intero. Essa è preziosissima anche perché non è universale» (Rabindranath Tagore).
«La Verità non è affatto ciò che ho. Non è affatto ciò che hai. Essa è ciò che ci unisce nella sofferenza, nella gioia. Essa è figlia della nostra Unione, nel dolore e nel piacere partoriti. Né io né Te. E io e Te. La nostra opera comune, stupore permanente. Il suo nome è Saggezza» (Irénée Guilane Dioh).
«Lo smarrimento e la perdita di ogni certezza e riparo è insieme una sorta di prova e una sorta di guarigione» (Pema Chödrön).
«Quando patiamo una grave delusione, non sappiamo mai se si tratta della conclusione della vicenda che stiamo vivendo: potrebbe essere anche l’inizio di una grande avventura» (Pema Chödrön).
«Crescere significa superare ciò che siete oggi. Non imitate. Non pretendete d’avere raggiunto lo scopo e non cercate di bruciare le tappe. Cercate solo di crescere» (Svami Prajnanapada).
«La vera moralità non consiste nel seguire la via battuta, ma nel trovare il sentiero vero per noi e nel seguirlo senza paura» (Gandhi).
«La verità risiede in ogni cuore umano, e qui bisogna cercarla; bisogna lasciarsi guidare dalla verità quale ciascuno la vede. Ma nessuno ha il diritto di costringere gli altri ad agire secondo la propria visione della verità» (Gandhi).
«Ti devi oppone al mondo intero anche a costo di rimanere solo. Devi fissare il mondo negli occhi, anche se può succedere che il mondo ti guardi con occhi iniettati di sangue. Non temere. Credi in quella piccola cosa dentro di te che risiede nel cuore e dice: abbandona amici, moglie, tutto; ma porta testimonianza a quello per cui sei vissuto e per cui devi morire» (Gandhi).
«Nel Benin, se vedi una giara d’acqua posata sotto un albero davanti a una casa, sappi che è per te, straniero di passaggio; non c’è bisogno di bussare alla porta per chiedere da bere, ti basta aprire la giara, prendere la zucca, bere l’acqua e proseguire per la tua strada se non c’è nessuno» (Raymond Johnson).
«Dobbiamo imparare ad abbandonare le nostre difese e il nostro bisogno di controllare, e fidarci totalmente della guida dello spirito» (Sobonfu Somé).
«Osservare e ascoltare sono una grande arte. Dall’osservazione e dall’ascolto impariamo infinitamente più che non dai libri. I libri sono necessari, ma l’osservazione e l’ascolto ti affinano i sensi» (Krishnamurti).
«Il Fuoco è legato al Sogno, al mantenimento del nostro legame con noi stessi e con gli antenati, e all’arte di mantenere vive le nostre visioni» (Griot dell’Africa centrale).
«Come nella vita, i contrari coesistono ovunque: nell’organizzazione sociale e nella vita affettiva, negli scambi fra individui. Vivere e realizzare la contraddizione, ecco l’essenziale» (Alassane Ndaw).
«Il processo ai crimini è istruito, ma cosa ne pensa la giuria? Chi sono i giurati? Chi è il sostituto procuratore generale dell’umanità?» (Djibril Tamsir Niane).
«L’uomo deve assumersi la responsabilità dei legami, visibili e invisibili, il cui insieme conferisce un senso alla vita» (Aminata Traoré).
«Introdurre lo spirito di altre persone nella nostra vita ci dà più occhi per vedere e ci consente di superare i nostri limiti» (Sobonfu Somé).
«Nella foresta, quando i rami litigano, le radici si abbracciano»(Proverbio Africano).
Infatti persino in un rapporto d’amore profondo e coesistenza «c’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali» (Amoris Laetitia, n.139).
«Le onde si sollevano ciascuna alla sua altezza, quasi gareggiando incessantemente tra loro, ma giungono solo fino a un dato punto; in tal modo conducono la nostra mente alla grande calma del mare, di cui anch’esse sono parte e alla quale dovranno ritornare con un ritmo di meravigliosa bellezza» (Rabindranath Tagore).
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quale Vangelo senti di dover scrivere con la tua vita?
Unicità
11. «Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza. Di fatto, quando il grande mistico san Giovanni della Croce scriveva il suo Cantico spirituale, preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo». Perché la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro.
[Papa Francesco, Gaudete et Exsultate]