Lug 2, 2024 Scritto da 

Paralisi e castigo: diversa Tenerezza

(Mt 9,1-8)

 

L’episodio testimonia del duro scontro fra sinagoga e prime fraternità di Fede, dove senza previe condizioni di purità rituale o legale tutti erano invitati a condividere la mensa e lo spezzare del pane.

Su delega ideale del Signore, nelle chiese di Galilea e Siria vigeva già una prassi fraterna (sconosciuta ad altri) di perdono reciproco e persino cancellazione di debiti contratti, sino alla comunione dei beni.

Realtà in grado di rimettere in piedi e far procedere qualsiasi persona, anche i miserabili - a partire dalla loro coscienza (v.2), soffocata da una religione che accentuava il senso d’indegnità.

Secondo credenza popolare, le condizioni di penuria o disgrazia erano un castigo.

Gesù è viceversa Colui che restituisce un orizzonte di autenticità al credere, nuova consapevolezza e speranza alla persona affetta da paralisi - ossia incapace di andare verso Dio e verso gli uomini.

«Essendoti alzato, prendi il tuo letto e va’ nella tua casa» (v.6; cf. Mc 2,11; Lc 5,24).

A partire da ciò che siamo - già colmi di risorse, oltre ogni apparenza - viviamo per Fede lo stato del «Figlio dell’uomo»: quello dei risorti, coloro che manifestano l’uomo in pienezza (nella condizione divina).

In Cristo possiamo liberarci dalle costrizioni che facevano vivere orizzontali e anchilosati.

Recuperando dignità, ora possiamo stare ritti e promuovere la vita; quindi fare ritorno alla Casa ch’è davvero nostra (vv.6-7; cf. Mc 2,10-12; Lc 9,24-25).

Per gli esperti il perdono annunciato dal Signore non è solo un’offesa nei confronti del loro supposto prestigio e rango spirituale, ma un sacrilegio e una bestemmia.

Del resto, come fare presa sulla massa - da parte di questi leaders distruttivi - se non intimidendola e facendola sentire inadeguata, sterile, incapace, non abilitata, senza vie d’uscita?

 

Tutta la vita del popolo era condizionata da ossessioni d’impurità e peccato.

Invece, il Maestro rivela che la propensione divina è solo perdonare per valorizzare - e l’attitudine dell’uomo di Fede, rinascere e aiutare a farlo.

Infatti la gratuità del Padre si vede dall’azione di attesa e comprensione esercitata dagli uomini di Dio: coloro in grado di cesellare ambienti sani.

Non solo per virtù propria, ma perché la tolleranza introduce nuove forze, sconosciute; differenti potenze, che rovesciano le situazioni.

Esse lasciano trascorrere altre energie creative e rigeneranti i malfermi - viceversa mortifere, purtroppo, dove non ci si promuove.

Solo Gesù è Colui che rende visibile e palese la guarigione che sembrava missione impossibile. E prima che fisica, facendoci rifiorire dalle paure della falsa devozione, che impone argini assurdi all’autonomia.

La sua proposta non ci affossa sotto un cumulo di arroganze impersonali. Sana i bloccati, li rimette in gara.

 

«Gesù ha il potere non solo di risanare il corpo malato, ma anche di rimettere i peccati; ed anzi, la guarigione fisica è segno del risanamento spirituale che produce il suo perdono. In effetti, il peccato è una sorta di paralisi dello spirito da cui soltanto la potenza dell’amore misericordioso di Dio può liberarci, permettendoci di rialzarci e di riprendere il cammino sulla via del bene» [Papa Benedetto, Angelus 22 febbraio 2009].

 

I “fratelli” del Signore (cf. passi paralleli Mt 9,1-8 e Lc 5,17-26) fanno di tutto per condurre i bisognosi dal Maestro.

Spesso però si ritrovano davanti una folla di sequestratori del Sacro che non consente un rapporto faccia a faccia, personale, immediato.

L’impeto critico e l'amore per le esigenze di vita piena di tutti noi bisognosi deve allora vincere il senso di appartenenza “culturale”, morale, dottrinale e rituale - che solo ricalca e ribadisce.

Nessun segno di gioia da parte delle autorità (Mt 9,3; Mc 2,6-8; Lc 5,21) - ma la gente è entusiasta (Mt 9,8; Mc 2,12; Lc 5,26). Perché?

 

Gesù insegna e guarisce. Non annuncia il Dio delle religioni, ma un Padre - figura attraente, che non minaccia, né mette in castigo, bensì accoglie, dialoga, perdona, fa crescere.

Il contrario di ciò che trasmettevano le guide ufficiali, legate all’idea di una divinità arcaica, sospettosa e prevenuta, che discriminava tra amici e nemici.

Il Padre si esprime in forme non oppressive, nel modo dell’Alleanza famigliare e interumana: non gode dei perfetti, sterilizzati e puri - offre a tutti il suo Amore senza requisiti.

L’imperfezione infatti non è espressione di colpa, ma una condizione - e in ogni caso il peccato non è una forza assoluta (v.3).

È tale consapevolezza che suscita persone liberate e un ordine nuovo: «per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise» [Fratelli Tutti, n.287].

 

I collaboratori del Signore portano a Lui tutti i paralitici, ossia coloro che si sono bloccati e continuano a stare nelle loro barelle (dove forse li hanno sdraiati quelli dell’opinione comune).

Sono persone le quali nella vita sembra non procedano né in direzione del Dio vero, né vanno agli altri. Neanche riescono a incontrare se stesse.

Solo il contatto personale col Cristo può slegare questi cadaveri che vegetano, dal loro stagno deprimente.

Gli amici di Dio «gli presentavano un paralitico, coricato su di un letto» (Mt 9,2): provengono da ogni dove, dai quattro punti cardinali (cf. Mc 2,3); da origini diversissime, anche opposte - che non t’aspetti.

Essi si espongono per guidare i bisognosi dal Maestro, ma talora si ritrovano davanti una folla impermeabile (appunto, di sequestratori del Sacro) che non consente un rapporto personale diretto, faccia a faccia.

Non fanno entrare - invece vogliamo metterci davanti a Lui (v.4): a volte siamo come dei ricattati da balzelli e sottoposti a procedure, altrimenti non si passa; sei fuori.

Parafrasando ancora la terza enciclica di Papa Francesco, potremmo dire che anche nei percorsi di Fede ad accesso selettivo o gerarchico «la mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura, o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare» [n.202].

 

La Fede pensa e crede «un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture» [FT n.155].

Alcune “sinagoghe” insopportabili propugnano viceversa «una divisione binaria» [FT n.156] che tenta di classificare.

Ci sono cricche e club esclusivi, refrattari, i quali pretendono di appropriarsi del povero Gesù… a rovescio.

Perciò le loro “sinagoghe” o  “case di preghiera” vanno scoperchiate e spalancate (v.4) - con estrema decisione.

Tali “sedi” capovolgono la presenza di Dio sulla terra e perturbano la vita dei derelitti, i quali hanno urgenze reali - non interesse a coltivare formule poco comprensibili, purità cultuali o altre sofisticazioni.

Basta complimenti corretti, e iter consuetudinari “perbene”!

Solo così l’uomo rigenera e scopre i suoi stessi poteri divini - che poi sono quelli umanizzanti: rimettere in piedi se stesso e i fratelli.

Con Cristo si avanza senza più autorizzazioni regolate e da implorare (talora a manichini scandalosi) che fanno impallidire la vita.

 

Allora, notiamo che non tappe azzeccate, ma solo l’iniziativa inusitata supera lo stagno delle strutture devote prese in ostaggio dagli habitué o da pensatori disincarnati. Dove ci si dovrebbe solo mettere in fila, aspettare il turno, accontentarsi... e assopire o disperdersi.

L’impeto critico e l'amore per le esigenze di vita piena, perspicace, di tutti noi bisognosi, deve vincere il senso di finta compattezza collettiva. 

Deve surclassare ogni appartenenza “culturale”, morale, dottrinale e rituale - che truccandosi, solo ricalca e ribadisce.

Appunto, nessun segno di gioia da parte delle autorità (Mt 9,3; Mc 2,6-8; Lc 5,21) - ma la gente è entusiasta (Mt 9,8; Mc 2,12; Lc 5,26).

Ovvio che i consuetudinari giudichino Gesù un blasfemo: sono stati diseducati «in questa paura e in questa diffidenza» [FT n.152].

Non amano l'umanità, bensì le loro dottrine, i codici, le tappe azzeccate; poche belle rubriche - da santità esclusivamente rituale. Tutta carta pesta.

Non tutelano le persone, ma solo i loro legami interessati, i protocolli corretti e le posizioni acquisite; eventualmente le mode di pensiero a tornaconto - che intralciano il nostro sviluppo.

Insomma, siamo chiamati a scegliere in modo davvero insolito, rispetto al cliché della predicazione moralista popolare - che non ha mai saputo conciliare la stima… con l’imperfezione, l’errore, la diversità.

Secondo i Vangeli c’è un altro crocevia, decisivo: la strada della difesa dei privilegi di una casta che imbavaglia Dio in nome di Dio, o la Via del desiderio impellente e universale di vivere a tutto spiano.

 

A questo siamo chiamati, rispetto alle maniere conformiste: scegliere in modo insolito, profondo e deciso, per conciliare l’unicità, il vero, l’imperfezione, la nostra eccezionalità.

Altrimenti l’anima si ribella. Vuole stare con Gesù in posizione frontale, non dietro la ressa, pur dei credenti (démodé o à la page che siano).

 

Il passo dei Sinottici fa comprendere che il problema del “paralitico” non è il suo disagio, il senso di oppressione, l’apparente sventura.

Non sono queste le rotture del rapporto con la vita e con Dio.

Anzi, l’impedimento diventa paradossale motivo di ricerca della “terapia”, e del vis-à-vis. Impensabile, forse offensivo, per il contorno.

Le configurazioni eccentriche - ritenute miserabili - contengono infatti porte segrete, virtù immense, e la cura stessa.

Addirittura, guidano verso una esistenza nuova. Sollecitano, e ci “obbligano” al rapporto immediato con nostro Signore. Quasi a cercarne la somiglianza.

Respirando il pensiero comune e ricalcando le trafile altrui, anche dei considerati “intimi a Dio”, l’irrigidimento sarebbe rimasto.

Nessuna Salvezza imprevedibile avrebbe fatto irruzione.

Insomma, secondo i Vangeli c’è un unico valore non negoziabile e crocevia, decisivo: il desiderio di vivere appieno, in modo davvero integrato; in prima persona.

 

Bivio insolito della Tenerezza e della Fede.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Cosa suscita il tuo senso di ammirazione per la Potenza di Dio? Sei entusiasta per i miracoli fisici o interiori?

Dove ascolti in modo più frequente: «Figliolo, sono rimessi i tuoi peccati (...) Alzati e cammina»? Gli altri, ti sembrano ambienti sani civili spirituali?

Di che genere sono le tue opere di Fede? A settori?

Segnate da tappe azzeccate e trattative coi diffidenti installati (affinché vengano accettate e scambiate per Tenerezza)?

 

 

 

Duplice Guarigione

 

Il brano del Vangelo di San Matteo, che si legge nella XVIII domenica dopo la Pentecoste, offre al Santo Padre alto argomento per la sua Omelia.

Si tratta di uno dei moltissimi episodi della vita del Signore, che ci preparano ad essere fervidamente uniti a Lui ed a ben celebrare i Divini Misteri.

Ogni pagina del Vangelo ha un suo punto focale, drammatico, intorno al quale circolano e la scena dell’episodio ricordato e il racconto fedele.

Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata.

Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui.

LA DUPLICE GUARIGIONE DEL PARALITICO

Qui subito ci troviamo ad un vertice di meraviglia e di grazia. Il Signore, con una parola molto dolce, bella, rigeneratrice, si rivolge al paralitico dicendo: «Confide, fili . . .»: Abbi fiducia, figliuolo. E poi? Ecco: «Remittuntur tibi peccata tua»: ti sono perdonati i tuoi peccati. Stupore di tutti i presenti. Non per questo essi avevano portato l’infermo, bensì perché fosse liberato dalla sua immobilità. Non si aspettavano che Gesù parlasse dei peccati di quel poveretto: i peccati erano, dunque, un impedimento alla guarigione?

Gesù legge nel cuore di quanti lo circondano: la sua prima sollecitudine è di togliere la malattia morale e lo dichiara. Da ciò, dopo la prima sorpresa, altri commenti e critiche, anzi la rampogna amara e veemente. Chi è costui che annulla i peccati? Solo Dio può rimetterli; Dio soltanto può regolare i conti tra Lui e le creature. Come mai, dunque, l’arbitrio, anzi, l’atto temerario, addirittura una bestemmia? Allora Gesù, visti i loro pensieri, aggiunge: «Perché pensate male nei vostri cuori? cos’è più facile dire: ti sono perdonati i tuoi peccati, o dire: lèvati su, e cammina?». Nel medesimo istante compie anche il miracolo fisico, dicendo al paralitico: «Sorgi, prendi il tuo letto e torna alla tua casa».

Il punto di maggiore interesse, in questo episodio, è che Gesù, davanti a un povero immobilizzato ed infelice, scopre una infelicità anche maggiore, una miseria anche più acuta. Vuole, anzitutto, occuparsi della salute morale di lui; e, buono ed onnipotente in sommo grado, compie il miracolo della guarigione spirituale prima di quella fisica.

Ha fatto Egli stesso testé il confronto: Quale delle due guarigioni è la più facile? dell’anima o del corpo?: e conclude dimostrando essere molto più importante il benessere dello spirito che non quello fisico.

Da qui scaturiscono alcune domande su uno degli aspetti più interessanti del Vangelo.

Che cosa Gesù vede negli uomini? Gesù è entrato nel mondo e conversa con noi, genere umano. Ebbene, come ci giudica? Il suo occhio che cosa scorge in noi? Esaminandoci, rileveremo come davanti a Gesù non vi sia alcun segreto. Per Lui tutto è trasparente. Anzi, se vorremo capire qualche cosa di bello nel Vangelo, dovremo sempre pensare che le scene svolgentisi intorno a Gesù hanno per Lui una limpidezza cristallina, singolare, inimitabile, Gesù vede tutto. San Giovanni, in uno dei primi capitoli del suo Vangelo, afferma precisamente che il Salvatore sciebat quid esset in homine. Gesù sa ciò che v’è nell’uomo. Durante la sua vita terrena gli uomini sono davanti a Lui in trasparenza. Gesù li trapassa col suo sguardo e conosce appieno che cosa sono, che cosa fanno, che cosa pensano: «Deus intuetur cor»: Iddio discerne il cuore.

LO SGUARDO DI DIO NEL CUORE UMANO

La permanente ricerca, così accentuata nell’uomo moderno, per intuire il segreto dell’uomo, per sapere tutto di lui, in Gesù è dote infallibile, divina. Egli conosce la realtà umana in tutto il suo complesso e nelle singole note più profonde ed arcane. Egli spalanca tutte le porte segrete dei nostri nascondigli interiori; i nostri pensieri gli sono manifesti: nulla, nulla può essere a Lui occultato. Apparire, quindi, dinanzi a Lui ed essere considerati in ogni particolare è un fatto istantaneo, giacché Egli tutto osserva e giudica in noi.

Ed allora possiamo chiederci: Ma, dunque, che cosa Egli vede? I valori positivi e i difetti dell’uomo. Nei bambini Gesù vede una innocenza angelica e se ne compiace, perché essi sono i cittadini autentici del Regno celeste. Nei piccoli il Figlio di Dio rileva la natura armoniosa che la sua mano creatrice ha impresso in queste creature innocenti. Gode perciò immensamente della loro compagnia, vivacità ed incanto; in una parola, della bellezza di Dio riflessa sul volto umano.

E ancora: che cosa nota, per esempio, nella Samaritana? Anche quella povera creatura resta sgomenta. Oh sì! - esclama - questo Profeta ha letto nel mio spirito: sa chi sono io! Ed eccola andare gridando ai suoi conterranei: è venuto un grande Profeta; ha detto ogni cosa della mia vita senza conoscermi! Che cosa, inoltre, il Divino Maestro vedrà nella implorante Maddalena che tutti vorrebbero schiacciare, col disprezzo e con l’accusa pubblica spietata? La povera umanità da redimere e salvare. Deus dilexit mundum! Iddio osserva le profondità del cuore umano, che, anche sotto la superficie del peccato e del disordine, possiede ancora una ricchezza meravigliosa di amore; Gesù col suo sguardo la trae fuori, la fa straripare dall’anima oppressa. A Gesù, dunque, nulla sfugge di quanto è negli uomini, della loro totale realtà, in cui sono il bene e il male.

INCOERENZE E DISTORSIONI NEL PENSIERO UMANO

La seconda domanda è la seguente: E gli uomini, con la loro educazione moderna, che cosa scorgono? Sono anche qui degli incoerenti. Innanzitutto, voi non troverete più nel linguaggio della gente perbene di oggi, nei libri, nelle cose che parlano degli uomini, la tremenda parola che, invece, è tanto frequente nel mondo religioso, nel nostro, segnatamente in quello vicino a Dio: la parola peccato. Gli uomini, nei giudizi odierni, non sono più ritenuti peccatori. Vengono catalogati come sani, malati, bravi, buoni, forti, deboli, ricchi, poveri, sapienti, ignoranti; ma la parola peccato non si incontra mai. E non torna perché, distaccato l’intelletto umano dalla sapienza divina, si è perduto il concetto del peccato. Una delle parole più penetranti e gravi del Sommo Pontefice Pio XII di v. m., risulta questa: «il mondo moderno ha perduto il senso del peccato»; che cosa sia, cioè, la rottura dei rapporti con Dio, causata appunto dal peccato. Il mondo non intende più soffermarsi su tali rapporti. E allora la filosofia contemporanea dell’uomo parte da un ottimismo aprioristico. Che dice ad es. la pedagogia? L’uomo è buono; sarà la società a renderlo cattivo; ma, di per sé, lasciate che si sviluppi con spontaneità e in ambiente favorevole, sarà, di sua natura, probo e virtuoso. Viene adottata così quale norma, una indulgenza molto liberale, molto facile, che spiana le vie a ogni sorta di esperienze e di capricci, giacché, ammettendo nell’uomo tutti i diritti, bisogna lasciare che egli li esplichi nelle singole sue facoltà. Il male, dunque, non esiste. Questo famoso peccato originale - che è la prima verità sull’uomo - non è più ammesso e descritto nella diagnosi che il mondo oggi vuole tracciare di sé.

Ed ecco l’incoerenza. Mentre il punto di partenza è tanto sicuro, il punto d’arrivo, il giudizio terminale, che il nostro mondo dà sull’uomo, qual è? Qui non facciamo della psicanalisi, ci atteniamo soltanto a una documentazione letteraria: e non erriamo asserendo che il giudizio dato, oggi, dall’uomo di se medesimo, con la propria testimonianza più ricca e persistente, si direbbe anzi, la più monotona, è quello della disperazione: così, guardato di dentro, l’uomo è una cosa orribile. Quante volte coloro che ci si presentano davanti con aspetto simpatico, bonario, ingenuo, nascondono, al contrario, il sepolcro imbiancato più putrido e più deforme!

Guardate se c’è un film ottimista, nella produzione moderna; guardate se nei premi letterari, proprio in questi tempi oltremodo copiosi, c’è un solo libro presentabile, che dichiari essere l’uomo ancora buono, che esistono ancora delle virtù. Dilaga, al contrario, l’analisi del fango, della perversione umana; e, con ciò, la tacita, ma inesorabile sentenza, data come definitiva: l’uomo è inguaribile. È qui la tenebrosa conseguenza. Si arriva a ritenere l’uomo come un essere infelicissimo. Seguendo la direzione di questi occhi che diventano implacabili e anche perspicaci, non si trova se non il male, sempre e disperatamente il male!

SPLENDA L’IMMAGINE DIVINA IN OGNI ANIMA

Anche Gesù vede: e guarda noi, che siamo della povera gente con tanti malanni. Al paralitico che gli si presenta davanti, spiega che vi sono delle paralisi anche più gravi e più stringenti di quella fisica. Tu hai molti peccati: te li rimetto, te li perdono! Gesù è il liberatore assoluto. Egli, dopo aver sollecitato in noi, con questa sua luce, un esame di coscienza, per il quale si avverte la colpa ma pur la redenzione, entra nell’anima come un torrente di letizia, di bontà e di amore. Se lo vuoi, - Egli ci conforta - io ti ridono la integrità, l’innocenza, la grazia di sentirti veramente quello che devi essere, restituito alla tua statura, alla tua bellezza originaria, e come il Signore ti ha creato a immagine e somiglianza sua.

Gesù è il divino artefice dell’ineffabile riscatto: si comprende, allora, come il Vangelo, finché ci sarà un mondo di uomini travagliati dai propri peccati, miserie, infelicità, disperazioni, il Vangelo proprio tra gli uomini susciterà sempre un eco che non potrà mai attenuarsi. Perché? ma perché non solo è parola di verità - e qui gli uomini sono concordi - ma è pure luce di speranza che gli uomini non possono dare a se stessi.

Che faremo noi, per cogliere qualche cosa di utile e salutare dall'odierna pagina evangelica? Cercheremo di lasciarci guardare dal Signore; di presentarci a Lui con sincera umiltà. È l’esame di coscienza, diciamo di più: è l’accostarci a quel sacramento della penitenza, che davvero scruta nel nostro intimo e ristabilisce la verità e la giustizia nelle nostre anime. Ognuno potrà affermare: col gemito del dolore non saprei guarirmi da me; ma se Tu vuoi, o Signore, basta una tua parola.

«CONFIDE, FILI»

Quella parola non ci mancherà mai. La misericordia di Dio è fonte inesauribile che Cristo ha portata nel mondo proprio con il desiderio, l’ansia di cercarci, di inseguirci e ripeterci: amavo te; sono venuto per te, affinché tu capisca chi sei e quanto tu sia paralitico e miserabile. Ma confide, fili: abbi fiducia, o figliuolo, ti sono rimesse queste tue miserie. Anzi: con le miserie morali in gran parte potranno essere sanate anche quelle fisiche. Si pensi che cosa sarebbe la faccia del mondo, se i peccati degli uomini fossero eliminati, se le colpe morali fossero tolte! Non è che siano due cose conseguenti: in altre pagine del Vangelo il Signore dirà che la sventura fisica non è, di per sé, fatalmente collegata a quella morale. Basta ricordare il cieco nato, basta riflettere alle tante sofferenze dei giusti. Sta però il fatto che se fossero guarite le tante miserie morali, la nostra vita sarebbe molto migliore, molto più sana, e più igienica anche; sarebbe assai più felice. L’unità dell’uomo è una realtà: essa comporta delle interferenze fra l’un mondo e l’altro: quello morale e quello materiale; quello interiore e quello esterno.

Perciò oggi andremo da Gesù, offrendo il Divin Sacrificio: anche noi presentandoci dinanzi a Lui come il paralitico. Con tutta umiltà Gli chiederemo che la fiducia nella sua onnipotenza e bontà si rinnovi nell’anima nostra. Ognuno supplicherà: Signore, salvami: Tu solo hai parole di vita eterna.

(Papa Paolo VI, omelia 20 settembre 1964)

15 Ultima modifica il Martedì, 02 Luglio 2024 06:06
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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